26 febbraio 2012
Dal 14 al 26 febbraio. Un gioco al massacro tra due persone, attualizzato con un tono rock e rancoroso, dove il vortice della dialettica violenta di una coppia che formandosi ne spezza una nascente, confonde lo spettatore. Ad un certo punto il filo si annoda su se stesso e la matassa non trova il bandolo. Dietro il rigore nordico, esplode una passione devastante e l’impossibilità di comunicare tipica di Strinberg. La coloritura, decisamente attualizzata nel linguaggio e anche nella psicologia, non fa sconti all’aspetto volgare dell’amore. Controverse le sensazioni.
Fondazione del Teatro Stabile di Torino
in collaborazione con Teatro di Dioniso presenta
Valeria Solarino e Valter Malosti in
SIGNORINA GIULIA
di August Strindberg
con Federica Fracassi
scene Margherita Palli
costumi Federica Genovesi
luci Francesco Dell’Elba
suono G.u.p. Alcaro
regia Valter Malosti
«Con la presente, mi permetto di proporvi la prima tragedia naturalistica della letteratura drammatica svedese, e vi prego di non respingerla alla leggera, se non volete pentirvene più tardi, perché, come dicono i tedeschi: farà epoca». Così August Strindberg scrive nell’agosto 1888 all’editore Bonnier, che respingerà l’opera perché troppo scandalosa. Il tono scabroso e duro nel linguaggio e nelle immagini è forte anche per il pubblico di oggi e il regista, coprotagonista, sceglie l’adesione filologica, fino all’esposizione indugiata del nudo della cuoca, in un atto di erotismo dietro la porta chiusa del suo amato intento a tradirla con la padrona.
La storia si svolge nel Midsommarnatten, la notte di mezza estate, notte magica di San Giovanni, occasione rituale di scatenamenti orgiastici, che spinge Julie, la padrona, e Jean, il servo, ad un incontro di fuoco, provocato proprio dalla signorina Julie che sembra sfidare con arroganza le regole del gioco sociale – approfittando dell’assenza del padre – passando sopra alla sensibilità del proprio sottoposto e soprattutto della cuoca. In un primo tempo amica e sua confidente alla quale confessa addirittura la rabbia perbenista per la propria cagnetta in attesa di cuccioli da un cane bastardo, diventa poi rivale senza appello. Buona l’interpretazione – con un accento fortemente piemontese, non si sa se voluto per caratterizzarne la figura (non avendo a disposizione la lingua d’origine o un altro trait d’union), appare una figura limpida, con le sue intemperanze di ragazza; il suo desiderio di famiglia, una forte fede conservata e ritrovata, la capacità di passare sopra una diversione del suo fidanzato.
La recensione integrale su Saltinaria.it
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