sabato 16 giugno 2012

Post Partum - Palazzo Santa Chiara (Roma)

Ilaria Guidantoni, Sabato 28 aprile 2012

27, 28, 29 aprile. Un bel lavoro, intenso, con una forza emotiva dirompente concentrata in un corpo immobilizzato nell’ombra e nella mimica facciale illuminata impietosamente. Parole e racconti comuni, tanto da spiazzare e suonare l’allarme della nostra indifferenza, verso la cosa più naturale del mondo, la maternità: tra incubo e sogno. La concisione del testo premia la resa.



Sonia Barbadoro in
POST PARTUM
tutto quello che gli uomini avrebbero dovuto sapere e che le donne non hanno mai detto

testo/inchiesta di Elisabetta Cianchini
interviene Betta Cianchini
regia di Luciano Melchionna

“Post Partum” non è solo uno spettacolo, è un viaggio tagliente a ritroso nei meandri della “nascita”, di quell’universo femminile mai ascoltato, mai compreso, troppo spesso e forse volutamente rimosso.
Lo spettacolo si chiude con “Per Grazia Ricevuta”, il monologo vincitore della IV edizione del Festival di corti teatrali al femminile Donna Mostra Donna. Scritto da Elisabetta Cianchini, interpretato da Sonia Barbadoro, con la regia di Luciano Melchionna, prodotto dall'Associazione Culturale Aktivamente, “Post Partum” nasce dopo un lavoro approfondito di ricerca e documentazione, grazie al sostegno della Dottoressa Lisa Canitano, della Dottoressa Flavia Coffari e della sua equipe (psicologhe e sessuologhe di Roma), di Fabrizia Ferrazzoni del Gruppo “Donne Che si Fanno Sentire”, della Dottoressa Antonietta Donatelli e al sostegno del Maestro d’Immagine Pino Le Pera. Il progetto è sostenuto da Vita di Donna Onlus, Fonderia delle Arti e Radio Rock. E’ una documentazione sul campo, con interviste di donne ad altre donne, al parco, all’asilo, al supermercato, al consultorio, ovunque. Ed ovunque la stessa identica reazione, le stesse risposte: le donne italiane hanno paura di dimostrare di non sentirsi all’altezza del ruolo di madre.
La scena si apre con un’esplosione di luce focalizzata sul volto segnato e stanco di una donna vestita di nero, stretta nei suoi abiti, con il corpo come immobilizzato, quasi una metafora di quanto accade dopo il parto. Alle spalle si intuiscono e si illuminano solo verso la fine un tavolo, una sedia sulla quale sono appoggiati un grembiule e due bacinelle.
L’attrice per tutta la durata dello spettacolo sta in bilico sul limitare del palcoscenico, come in un’allusione alla sospensione di quell’essere donna che, nel culmine della propria vocazione, la maternità, viene esonerata dalla propria vita e si sostiene a fatica su quel filo pericoloso che separa la salute dalla malattia, dalla depressione. Il racconto, una confessione, a tratti un’eruzione lavica, si apre con la citazione del parto quale momento più dolce e atteso, il miracolo della vita.

La recensione integrale su Saltinaria.it


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