giovedì 31 ottobre 2013

Teresa Pollidori "Focus su Corviale"



venerdì 8 novembre 2013 alle ore 18.30

Inaugurazione della mostra

Teresa Pollidori Focus su Corviale

in anteprima la presentazione del Libro fotografico
Teresa Pollidori. CORVIALE spazi trasfigurati
interverranno:
Mario De Candia | Ivana D’agostino | Giovanni Fontana

… Le quaranta foto che l’artista presenta in mostra presso l’Associazione culturale TRAleVOLTE, tutte dello stesso formato quadrato 25X25 zummano invece su particolari della struttura di Corviale: scorci prospettici, lunghe fughe architettoniche, molteplici punti di vista, esaltati dal chiaroscuro netto delle ombre intagliate dalla stampa in bianco e nero. Ė un’altro Corviale, questo, artisticamente appagante, bello nelle sue inquadrature, ricco degli echi culturali di certe foto utilizzate da Herbert Bayer per il catalogo della mostra Bauhaus 1919-1928, o di altre, bellissime, di Rodčenko, professore della scuola russa di design, il Vchutemas. Si perde, in queste foto, si dissolve il senso di cattedrale dolorosa che percepiamo in certe fotografie a colori, dove le sinistre altezze in quota di certi ambienti rivelano affacci di finestre che non vedranno mai la luce. Il bianco e nero, l’attenzione focalizzata sul taglio sapiente dell’inquadratura fotografica, il formato stesso dell’immagine, un modulo che si reitera nello spazio, ci inducono piuttosto ad osservare sul cemento armato delle forme dell’architettura di Corviale, le impronte lasciate delle casse-forma in legno, così simili nel risultato estetico alla superficie delle sculture in cemento armato di quegli anni di Giuseppe Uncini.
Le foto montate nello spazio espositivo come corpus installativo che tralascia intenzionalmente la visione sequenziale delle immagini a parete, si accompagna ad un video girato dall’artista insieme a Giulio Mizzoni in un montaggio che prevede l’alternarsi delle foto di Corviale a riprese girate espressamente sul luogo. (dal testo di Ivana D’Agostino)

La mostra sarà aperta fino al 29 novembre 2013, lunedì-venerdì, ore 17-20


TRAleVOLTE Piazza di Porta San Giovanni, 10 00185 Roma - www.tralevolte.org

venerdì 25 ottobre 2013

Actor Lab-Show: contro il logorio della vita moderna


ACTOR LAB-SHOW 
CORPO CREAZIONE VOCE

corso di teatro contemporaneo |  performance 
improvvisazione |  scrittura scenica | video-teatro

per attori e non 
dove: via cairoli 29 - roma (metro manzoni)
quando: tutti i giovedì 

dal 7 novembre 2013 al 30 maggio 2014
dalle ore 19.30 alle ore 22.30

• LEZIONE DI PROVA GRATUITA

il lab è condotto da francesco polizzi e katiuscia magliarisi

contatti: 349.1866101 - 349.3277231
actorlabshow@gmail.com
https://www.facebook.com/events/1379839768920927/?fref=ts

mercoledì 23 ottobre 2013

Yerma - Teatro Sala Uno (Roma)


Martedì, 22 Ottobre 2013 Ilaria Guidantoni

Crediti fotografici: Lorenzo Pifferi

Un testo profondo e doloroso come tutto lo spettacolo, dove l’offesa e l’umiliazione si trasformano in odio e in pulsione distruttiva. E’ così che il dramma diventa tragedia, dove la prima vittima sacrificale è insieme l’assassino. Un lavoro ben recitato con una forza drammatica che non cede a sceneggiate, a gesti scomposti. Il regista usa sapientemente la simbologia dei colori, rosso e bianco, la musica, soprattutto nella prima parte, quel piano scenico unico e quasi ossessivo articolato come un condominio a vista su aperture diverse e contemporanee e quella fissità temporale che invece procede fino ad un salto nella contemporaneità. Interessante anche la dimensione del teatro danza ben integrata nella recitazione, che sostiene la concentrazione emotiva e insieme la distende, la diluisce senza limitarsi a decoro né diventare troppo didascalica. Un bel lavoro sul corpo. Attori scelti adeguatamente per il physique du rôle e bravi interpreti.

Teatrosenzatempo Produzione Spettacoli Teatrali presenta
nell'ambito della rassegna ‘115 anni di Federico Garcia Lorca’
YERMA
di Federico Garcia Lorca
regia di Antonio Nobili
con Martina Mastroianni, Alessio Chiodini, Andrea Guerini, Margherita Caravello, Lorenza Sacchetto, Sara Signoretti, Alessia Sala, Marco Fioravante


A partire dal nome, Yerma (in spagnolo significa ‘deserto’ ma anche ‘sterile’), il dramma lorchiano ci presenta una donna arsa dalla sterilità del proprio matrimonio, in un contesto rurale tipico dell’Andalusia. Il desiderio di maternità di Yerma, crescente, la conduce dall’essere un’umiliata e offesa, un’esclusa, a divenire una furia carica d’odio e il dramma sembra compiere un salto improvviso avvicinandosi a fatti di cronaca recenti, in particolare ad un episodio citato, come se il regista volesse richiamarsi sull’attualità del problema e del male oscuro. In effetti tutta la pièce pare avvolta nell’aura di una fiaba nera che ad un certo momento, nel finale, si fa cronaca, d’improvviso, e ci viene addosso. E’ una vicenda di ordinaria, e purtroppo possiamo aggiungere perfino quotidiana, follia, che si trasforma in uno sterminio, dall’uccisione del marito ritenuto il colpevole dei figli che non arrivano perché in fondo non li vuole, al fidanzato Victor, più immaginario che reale, idealizzato, l’unico che le ha fatto battere il cuore, sollevandola in braccio un giorno al fiume, sino alla vicina di casa, già madre “con il ventre gonfio e il corpo per sempre sterile”, come ripete Yerma in un refrain ossessivo.

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Inaugurazione della Personale "Un'esile scia di silenzio" di Roberta Conigliaro


Martedì, 22 Ottobre 2013 Redazione Cultura

Milano, Antico Oratorio delle Passione di Sant’Ambrogio
Piazza Sant’Ambrogio – a sinistra della Basilica
12 novembre 2013, ore 18.00

Letture a cura di Antonio Zanoletti, attore
Accompagnamento con la fisarmonica di Maurizio Dosi
Sarà presente l’artista

Roberta Conigliaro incontra Antonia Pozzi
Una scultrice interpreta, si ispira ad una poetessa; la tradizione del sud, la Sicilia siracusana delle tragedie greche si misura con la Milano del Novecento del Ventennio e i paesaggi manzoniani; la solidità sensibile di Roberta con la fragilità ribelle di Antonia. Un incontro al femminile è all’origine di questa personale.
Le creature di Roberta, ispirate alle poesie della Pozzi, sono discrete e velate, rivelatrici del pudore siculo, quello stile “Tutto perbene” per dirla con un’opera magnifica di Luigi Pirandello, dove basta un alito di vento, però, per far uscire il fuoco della passione da sotto il velo.
La scultrice non è nuova a lavorare in empatia con un testo letterario, come nella mostra intitolata “Pagine di diario” nel cui catalogo ad ogni scultura aveva abbinato un testo letterario, di poesia o di prosa a seconda delle opere. In quel caso però erano nate prima le sculture, e poi a queste erano stati associati dei testi che l’artista riteneva fossero vicini all’emozione delle sculture. In questo lavoro, invece, il processo è stato opposto.

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lunedì 21 ottobre 2013

Emilio Greco a Palazzo Braschi nel centenario della nascita


Sabato, 19 Ottobre 2013 Ilaria Guidantoni

Una piccola mostra quella di Palazzo Braschi a Roma, che si completa con quella di San Salvatore in Lauro, rende omaggio ai 100 anni dalla nascita ad un grande maestro del Novecento. E’ un’antologia del ventaglio delle possibilità esplorate da Emilio Greco, la scultura, in bronzo, terracotta e cemento e il disegno. Emerge la classicità di un maestro ricercato di armonia, simbolo di classicità, dove la semplicità è rigore. Un vero maestro di scuola, dove l’espressività non è mai gridata.


In occasione del centenario della nascita di Emilio Greco, a Catania l’11 ottobre del 1913, Londra, Roma e Catania rendono omaggio al Maestro con una serie di eventi organizzati dagli Archivi Emilio Greco, in collaborazione con Il Cigno GG Edizioni di Roma. Gli eventi di Londra, Roma e Catania sono momenti culminanti delle celebrazioni organizzate, per i cento anni della nascita dell’artista, dagli Archivi Emilio Greco – presieduti dalla figlia dell’artista Antonella Greco – sotto l’egida di un Comitato Scientifico.

Gli appuntamenti
I primi appuntamenti sono state le due mostre al Museo dell’Opera del Duomo di Orvieto (22 giugno 2013) e di Palazzo de’ Mayo a Chieti (29 giugno 2013).
A Catania è previsto, tra gli altri eventi, l’intitolazione di una piazza del centro storico all’artista, la riapertura del Museo Emilio Greco e la collocazione di un’opera del Maestro nel Palazzo degli Elefanti.
A Londra, il 24 settembre scorso, è stata inaugurata la mostra “Emilio Greco: Sacro e Profano”, a cura di Roberta Cremoncini e Federica Pirani, all’Estorick Collection of Modern Italian Art – che ospita per la prima volta una mostra di scultura – dove resterà fino al 22 dicembre.

Dal 16 ottobre, è il Museo di Roma Palazzo Braschi, con la medesima curatela, a dedicare al Maestro siciliano una mostra, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, con i Servizi Museali di Zètema Progetto Cultura; mentre un’altra mostra si tiene alla Chiesa di San Salvatore in Lauro.
L’Estorick Collection of Modern Italian Art di Londra, la cui collezione è stata creata negli anni Cinquanta da Eric Estorick (1913-1993), espone dal 24 settembre al 21 dicembre 2013 circa cinquanta opere, sculture in bronzo e disegni. In mostra, fra le altre, opere preparatorie per le monumentali porte in bronzo del Duomo di Orvieto, cui l’artista lavorò dal 1959 al 1964. La selezione dei lavori evidenzia il costante universo artistico del Maestro scomparso nel 1995, nella diversa declinazione delle tecniche utilizzate. I disegni sono sculture nell’evocazione dei volumi, la profondità del tratto, l’esplorazione dello spazio fra le forme; mentre le linee scultoree richiamano le dense ombreggiature dei disegni.

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Autoritratto 1981 china su carta cm70x52

Grande Bagnante n.3 1957
bronzo cm 170x73x36

Grande figura accoccolata n.2 1968
bronzo cm 140x99x72

Grande Lottatore 1947
cemento cm93x90x61


Medea - Piccolo Teatro Grassi (Milano)


Venerdì, 18 Ottobre 2013 Ilaria Guidantoni

Dal 17 ottobre al 3 novembre. La Medea è un’Antigone moderna dove lo scontro è tra le leggi del cuore e quelle dello Stato, tra il dolore dell’amore e l’arroganza del potere, tra il femminile che si mette in gioco e lotta fino alla fine e il maschile che si arrende per quieto vivere. E’ la metafora contemporanea dell’esclusione che genera odio, l’umiliazione che provoca rabbia, la violenza che alimenta violenza in una spirale senza fine. Maria Paiato è come sempre grandiosa in questi personaggi lacerati, sofferenti, di una femminilità che si autocensura. Tutto il resto non sono che satelliti, dettagli. Scenografia, luci, musiche, altri interpreti, accompagnano, ruotano intorno al cuore della scena. L’arte pura non ha bisogno di effetti speciali, gesti eclatanti, né di stupire. E’ tutta voce nella sua espressività rabbiosa ma ripiegata su se stessa.
 
Produzione Fondazione Salerno Contemporanea presenta
MEDEA
di Seneca
traduzione e adattamento Francesca Manieri
con Maria Paiato, Max Malatesta
e con Orlando Cinque, Giulia Galiani, Diego Sepe
regia Pierpaolo Sepe
scene Francesco Ghisu
costumi Annapaola Brancia D'Apricena
luci Pasquale Mari
trucco Vincenzo Cucchiara
aiuto regia Luisa concione
foto di scena Pino Le Pera

Diretta da Pierpaolo Sepe, e interpretata da Maria Paiato, Medea è in scena al Piccolo Teatro Grassi, in prima nazionale, dal 17 ottobre al 3 novembre. Dopo il grande successo di Anna Cappelli Maria Paiato si misura con un personaggio estremo e definitivo, ancora guidata dalla potenza rigorosa e visionaria di Pierpaolo Sepe e ancora una volta centra il bersaglio.

Maria Paiato ha una bravura sulla quale si può scommettere ogni volta: è austera, chiusa nella sua tonaca nera, regale e claustrale con un colletto e polsini luccicanti che stridono e ammiccano con uno sguardo sinistro. Quasi rasata, gli occhi sottolineati da un trucco blu, il volto per gran parte dello spettacolo coperto da un velo ricamato. La gestualità è forte ma non sguaiata, bando agli eccessi, il suo dolore che viene fuori con grande vigore è come raccolto, tutto concentrato nella sua voce straziata, nel suo monologo che comincia di spalle al pubblico.

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domenica 20 ottobre 2013

La Personale della scultrice Roberta Conigliaro



Milano, Antico Oratorio delle Passione di Sant’Ambrogio
Piazza Sant’Ambrogio – a sinistra della Basilica
12 novembre 2013, ore 18.00

Inaugurazione della Personale
Un’esile scia di silenzio
di Roberta Conigliaro
Letture a cura di Antonio Zanoletti, attore
Accompagnamento con la fisarmonica di Maurizio Dosi
Sarà presente l’artista


Roberta Conigliaro incontra Antonia Pozzi
Una scultrice interpreta, si ispira ad una poetessa; la tradizione del sud, la Sicilia siracusana delle tragedie greche si misura con la Milano del Novecento del Ventennio e i paesaggi manzoniani; la solidità sensibile di Roberta con la fragilità ribelle di Antonia. Un incontro al femminile è all’origine di questa personale.

Le creature di Roberta, ispirate alle poesie della Pozzi, sono discrete e velate, rivelatrici del pudore siculo, quello stile “Tutto perbene” per dirla con un’opera magnifica di Luigi Pirandello, dove basta un alito di vento, però, per far uscire il fuoco della passione da sotto il velo.

La scultrice non è nuova a lavorare in empatia con un testo letterario, come nella mostra intitolata “Pagine di diario” nel cui catalogo ad ogni scultura aveva abbinato un testo letterario, di poesia o di prosa a seconda delle opere. In quel caso però erano nate prima le sculture, e poi a queste erano stati associati dei testi che l’artista riteneva fossero vicini all’emozione delle sculture. In questo lavoro, invece, il processo è stato opposto.
Il titolo della mostra, “Un’esile scia di silenzio” è la citazione di un verso della poesia “Novembre” dove Antonia scrive.  Al di là della scelta emozionale ed estetica, Roberta trova in questi versi la condensazione del suo intento con questa mostra. Sembra strano per una mostra di opere principalmente in pietra l’idea di esile. Quest’affermazione sembra piuttosto il segno dell’umiltà e dell’impermanenza che l’artista sceglie per suggellare il proprio lavoro. La personale è un omaggio alla Pozzi e a quello che lei ci ha lasciato, la sua eredità. La scultura per Roberta, d’altra parte, è fatta di silenzio, sia per quel che riguarda il processo creativo, nella solitudine del suo studio nella campagna romana; sia per il silenzio che circonda le sculture e che l’ha sempre affascinata. Le sculture sono la scia di silenzio dell’artista, la sua eredità, come dice la Pozzi “ciò che rimarrà di me”. E un posto così suggestivo ed intimo come l’oratorio della Passione della Chiesa di Sant’Ambrogio a Milano sembra il luogo ideale per un dialogo tra i versi della Pozzi e le sculture della Conigliaro, in una conversazione appena sussurrata.

Le opere sono per lo più in pietra, qualcuna in terracotta ed una sola in rete metallica ma questa si discosta dalle altre come una sorta di installazione, una donna a dimensione naturale seduta su una sedia a leggere, una poesia appunto della Pozzi, la stessa poetessa o una lettrice, o forse la scultrice. Le altre opere sono più piccole, fino ad un massimo di 70 centimetri. In tutto si tratta di 15 opere (di cui 13 inedite) con l’intento specifico di una mostra intima, in un luogo la cui scelta è stata fondamentale. Il percorso si muove tra figure dalle linee estremamente pulite, semplificate, meno ancorate alla tradizione rispetto ai lavori precedenti, che fissandosi nella pietra si fanno paradossalmente più dinamiche e leggere in rapporto alle donne di terracotta che per tanto tempo Roberta ha plasmato. C’è una grande classicità in queste composizioni nel senso più alto del termine.  A ben riflettere se l’arte risponde al gusto, l’immersione nella natura si rinnova nel piacere eternamente uguale, sia il mare con le sue rocce e la luce calda del sud o siano i paesaggi rupestri e le montagne del nord. Per questo il percorso espositivo milanese è allo stesso tempo nel segno della tradizione e di una grande modernità. Se si visitano di seguito con lo sguardo le opere senza lasciare lo spazio alla sosta, alla riflessione meditata, l’impressione che se ne ricava è di struggente malinconia, sospesa e composta che tende a distendersi in una ricerca di quiete. C’è un profondo accordo con i versi di Antonia Pozzi con i quali Roberta non cerca sovrapposizione, né si piega alla didascalia o pretende di esserne interprete. Cambia i titoli delle opere rispetto alle composizioni, ne coglie l’essenza e ce la restituisce nel suo vissuto unico di donna di oggi, senza alcuna filologia stucchevole; per distendere la parola nell’immagine metafisica di una forza e trasparenza interiore che distilla l’inquietudine contorta e qualche volta un po’ di maniera di Antonia Pozzi.

Per informazioni: uff.stampaconigliaro@gmail.com
www.roberta-conigliaro.it
 

venerdì 18 ottobre 2013

Che ci faccio qui? - Teatro Filodrammatici (Milano)


Dal 15 al 27 ottobre. Uno spettacolo che non può lasciare indifferenti, studiato fin nei minimi particolari, di una ripetizione quasi ossessiva e incalzante di quadri espositivi che si ripetono aggiungendo una spirale in più ad ogni movimento; e allo stesso tempo lascia qualcosa all’improvvisazione, cresce su se stesso spontaneamente come se si formasse in scena. E’ la giovinezza disadattata di oggi che in modo violento grida la domanda esistenziale “Che ci faccio io qui?”. Gli interpreti, giovanissimi, sono davvero bravi e c’è un lavoro di regia che si intuisce forte e che va oltre la lezione di un maestro all’allievo, mira dritto al cuore: è un lavoro di condivisione e di coesione quasi affettiva, partecipata. Qualche eccesso nel linguaggio, nell’esposizione dei corpi, maschera il testo di cui chi lo ascolta, isolandosi dalle emozioni che arrivano dalla scena, apprezza una sottile raffinatezza e una meditazione sullo straniamento del corpo dato in pasto ad una società dello spettacolo in cui l’immagine diventa una gabbia. Una prova rinnovata di teatro nel teatro, contro il teatro da televisione.


Produzione Accademia dei Filodrammatici presenta
CHE CI FACCIO QUI?

regia e drammaturgia Marco Baliani 

scene e costumi Carlo Sala

disegno luci Andrea Diana

assistenti scene e costumi Chiara Barlassina, Rosa Mariotti
trucco Donatella Mondani
assistente tecnico Gabriele Pedrazzini

con Filippo Bedeschi, Federica Carra, Emanuela Caruso, Fonte Maria Fantasia, Matteo Ippolito, Sara Marconi, Paolo Mazzanti, Alberto Patriarca, Desirée Proietti Lupi, Marco Rizzo, Vincenzo Romano, Chiara Serangeli, Carla Valente, Simon Waldvogel

“Che ci faccio qui?” è uno spettacolo a doppia firma di Marco Baliani, regia e drammaturgia, più vicino alla performance, anche se il termine è abusato e non mi piace, che alla recitazione e interpretazione di un testo in qualche modo fissato. In scena non si recita a soggetto ma si vive e si rivive il canovaccio che pare arricchito quasi con spontaneità e comunque con partecipazione diretta dai ragazzi. Questa almeno l’impressione che se ne ricava. 
Con questo spettacolo il Teatro Filodrammatici realizza uno dei progetti che rappresentano a pieno il nuovo corso intrapreso ormai diversi anni fa. Un testo contemporaneo, 14 attori neo-diplomati dell’Accademia dei Filodrammatici in scena, e il desiderio da parte di un regista di raccontare un presente che più cerchiamo di definire e più sembra sfuggirci, lasciandoci un senso di smarrimento che sembra nascere più dalla nostra ricerca affannosa di un’identità che dalle effettive e quanto mai drammatiche difficoltà economiche che vive la nostra società. 

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lunedì 14 ottobre 2013

Giovedì 17 ottobre 2013 Inaugurazione della mostra di Arij Mahjoub Goudier - Istituto Italiano di Cultura di Tunisi






L'Avanguardia russa - La Siberia e l'Oriente - Palazzo Strozzi (Firenze)


Un’esposizione originale, dopo tante mostre sulla Russia, sempre monografiche o monotematiche e con una sottolineatura ideologica. Questa volta è la Russia dell’avanguardia spirituale, anziché politica, dell’esplorazione più profonda che da fine Ottocento arriva alla vigilia della rivoluzione bolscevica. E’ una Russia dialettica, dell’Impero nel quale l’individuo si perde e smarrendosi dialoga con i diversi ‘orienti’. L’obiettivo della mostra è mostrare la varietà e la profondità di questo periodo dell’arte russa e la contaminazione, ma anche la rielaborazione che di questo immenso territorio così variegato propongono gli artisti. Un obiettivo ampiamente conquistato. Tra orientalismo e desiderio di un viaggio autentico nell’altrove che regala opere di grande raffinatezza.

Un percorso lungo 11 sezioni tematiche che spazia nelle diverse Russie e nei diversi orienti che non sono solo Siberia ed Estremo Oriente, con spiritualità, religioni, sensibilità e tradizioni diverse. Che sia una mostra raffinata, che si visita non come un happening sociale e mondano, ma come quasi un’iniziazione, lo si capisce dal fatto che una domenica mattina si incontrano molte persone, uomini e donne, soli, qui per il piacere di un viaggio seppur in parte virtuale e non per un darsi un appuntamento.

Uno degli impulsi dell’avanguardia russa del Novecento è stato il fenomeno delle esplorazioni, una voglia di nuovo, non solo di stupire e di rompere gli schemi, ma di compiere un viaggio iniziatico senza sapere quale sarà il traguardo.

“Fuoco e ghiaccio”, il nome della prima sezione, indica un connubio ossimorico che diventa una metafora di avvicinamento tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento verso l’est, spingendosi ad esempio verso il Turkestan e altri luoghi avvolti nel mistero. I due elementi naturali indicano però anche il dualismo presente nei grandi talenti, dove il ghiaccio indica il rispetto del canone, mentre il fuoco l’estasi pagana ritrovata, attraverso fiabe, miti e riti che riecheggiano nelle varie opere.

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Da Donatello a Lippi Officina pratese - Prato, Palazzo Pretorio (13 settembre 2013 - 13 gennaio 2014)


Il Rinascimento pratese, un percorso di grande raffinatezza per una mostra ben allestita, ricca senza eccessi, ambientata nell’elegante Palazzo Pretorio di recente restauro. Didascalie e audio guida ben fatte e un’illuminazione accogliente con panelli che accompagnano, decorano senza leziosità. Buona selezione di opere, alcune non troppo esposte per un ‘soggiorno’ storico sul territorio. Selezione di grande pregio.

La mostra sul Quattrocento pratese è innanzitutto l’occasione per visitare lo splendido Palazzo Pretorio, che riapre dopo 16 anni di lavori di restaura. Monumento simbolo della città, del 1284, si erge sulla storica Piazza del Comune e dalle sue finestre si toccano e si intravedono scorci e monumenti del centro cittadino. Dal 2014 ospiterà il nuovo museo, con un allestimento innovativo e flessibile. I lavori hanno restituito la sobria maestosità tipica della nobiltà toscana, ampi spazi illuminati e begli affreschi, una mostra nella mostra, che si apre come meraviglia dalle vestigia esterne rigorose e severe, tipiche di una costruzione medioevale. Sulla scia di Firenze, dove il Rinascimento ebbe inizio nel 1401 con il concorso per le formelle delle porte del Battistero, Donatello fu il pioniere della nuova filosofia e dialogo tra le arti nella vicino e da sempre rivale città che con Fra Filippo Lippi e il figlio Filippino Lippi, dopo l’esperienza fiorentina, raggiunse l’apice. Intorno alla fabbrica della Prepositura di Santo Stefano, presero forma delle imprese memorabili, cosicché la città divenne un eccellente laboratorio di idee e di sperimentazioni, per certi versi più ardite di quelle della stessa Firenze, come poi ciclicamente accadrà successivamente nel corso dei secoli e ancor oggi succede.

Prato è infatti, rispetto alla nobile Firenze, più provinciale, ricca provincia e salotto un po’ sfacciato, ma anche piena di estro, palestra e vetrina dell’arte contemporanea con il Museo Pecci e la nota Galleria Farsetti: centro teatrale vivace con il noto Metastasio e il Fabbricone per la drammaturgia contemporanea.

Tra le vette del Rinascimento pratese il magnifico pulpito esterno, ad angolo sulla facciata del Duomo di Donatello, a due passi da Palazzo Pretorio e gli affreschi di Paolo Di Dono, più noto come Paolo Uccello. E ancora il ciclo di Fra Filippo Lippi nella cappella maggiore del Duomo, in cui l’artista dette prova di una fantasia spettacolare. La mostra è un omaggio a questo raffinato ed irrequieto pittore e al suo lungo soggiorno pratese, talento di grande raffinatezza, con i suoi colori luminosi e smaltati, una magnificenza armonicamente temperata dal gusto della misura che riuscì a raccogliere intorno a sé una cerchia importante di artisti. E’ questo il caso dell’anonimo Maestro della Natività di Castello.

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Molto divorzio per nulla - Teatro Flavio (Roma)


Dal 3 ottobre al 17 novembre. Rapporti di coppia in crisi. Non è la solita storia, sebbene la trama e l’ambientazione possano ricordarne molte altre. E’ il realismo crudo, lo spaccato senza velature sceniche nei gesti, nelle parole e nei pensieri dei personaggi: guardiamo come in una sonda l’anatomia di un matrimonio che si rompe e si ricompone, mentre una storia clandestina avvampa e si sgretola. Sono scene di ordinaria mediocrità. Nel crescendo della pièce, però, si apprezza il testo, sottile, di finezza psicologica, al di là dei personaggi che si muovono con cialtroneria, grossolanità. L’originalità è nella figura della moglie tradita, Maria, un campione di eroismo morale, quasi ironica, tra il surreale e il rigore nella sua fede nel matrimonio, figura ormai originale che nel suo dolore e nel senso di fallimento, non fallisce mai e non si dichiara sconfitta. In fondo un grande inno all’amore vero e anche al matrimonio sul quale non ci sono garanzie, neppure per chi si sposa in chiesa e promette solo tanta fatica e impegno quotidiano. Una scommessa del cuore. Personaggi indovinati.

 
MOLTO DIVORZIO PER NULLA
di Franco Venturini
con Federica De Vita, Franco Venturini, Chiara Conti e Maurizio Venturini


In apertura della stagione teatrale 2013/2014 del Teatro Flavio (Colosseo), bello spazio recuperato, dal 3 Ottobre fino al 17 Novembre, la Compagnia Teatrale Venturini-De Vita porta in scena “Molto divorzio per nulla” una commedia di grande attualità scritta da Franco Venturini.
L’opera teatrale è un'analisi approfondita del rapporto di coppia vissuto all’interno del matrimonio. La protagonista, Maria, è una donna tradita che combatte contro tutto e tutti per difendere i propri ideali di moglie e di donna gridando al mondo intero che “non si è sposata per scherzo”. Ha accettato il rischio di non avere garanzia ma non intende essere spergiura e quindi non potrà accettare il divorzio contravvenendo alla propria promessa sacra. Maria non è una donna che prende le cose con leggerezza.


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venerdì 11 ottobre 2013

Lila e la Donna Lupo di Enrico Bernard - Teatro Stanze Segrete (Roma)


LILA E LA DONNA LUPO
(Un mostro di nome Lila)
di Enrico Bernard

con Teodora Nadoleanu e Valentina Sinagra
reegia di Enrico Bernard

Teatro Stanze Segrete
Via della Penitenza 3 Roma
Dal 22 al 27 ottobre  
ore 21 domenica ore 19

E se l’Uomo Nero nei sogni delle donne fosse un’altra lei, una Donna-Lupo? Prima dell’alba una diabolica Sconosciuta arriva alla locanda di Lila  tra i boschi dicendo di aver smarrito la strada. Comincia la discesa all’inferno. Uno psicothriller ad alta tensione, acclamato nelle capitali della psicanalisi (Zurigo, Vienna, Parigi, New York) e nei festival, ha ispirato una serie fiction cult. L’uomo nero nei sogni delle donne può anche essere, secondo Enrico Bernard, un’altra donna: la figura maschile viene sostituita da una femminile-dominante. La Lila del testo è così l’interprete di una vicenda interiore condizionata da vissuti personali e collettivi, cultura, educazione, che spesso scambiano i naturali desideri per colpe  o peccati da espiare. Il dramma di Bernard, scritto nel 1990 sulla base delle teorie della psicologa americana Pinkòla-Estes, autrice de “La donna Lupo”, è stato rappresentato in diverse lingue e ha dato vita a numerose versioni teatrali  e cinematografiche che sono diventate “cult”. Ora Bernard rilegge la sua opera in chiave tutta al femminile.

CORRIERE DELLA SERA: Un sottile gioco al massacro psicologico tra orrore e pulsione  (Costantini).  

IL TEMPO: Un teso conflitto interiore che Bernard porta al parossismo drammatico della tragedia psicanalitica (Prosperi).  

LA STAMPA: Operazione curiosissima tra giochi con la luna e richiami a Freud (Robiony). 

L’ESPRESSO:  Allucinato percorso della coscienza profonda (Cirio). 

L’UNITA’: Intensa storia di una  donna scossa da sogni  e visioni perturbanti (Anselmi).   

MOMENTO SERA: L’Io si ribella e la lunga note è tutta da vivere: Dr. Jeckill o Mr. Hyde? (Vellella). 



giovedì 10 ottobre 2013

Una serata al MAXXI dedicata a Corradino D'Ascanio - Inventore, designer industriale e, a suo modo, artista

Mercoledì, 09 Ottobre 2013 Ilaria Guidantoni

Al MAXXI una serata dedicata al grande designer industriale Corradino D'Ascanio, inventore della Vespa e di molti altri simboli del made in Italy. Genialità e semplicità, creatività e senso pratico, per chi ha contribuito a rendere l’industria italiana uno stile di vita e un modo di fare cultura. Ryder Italia, associazione per l'assistenza domiciliare ai malati oncologici terminali e la Fondazione Museo Piaggio lo hanno ricordato insieme. La Fondazione ha esposto il prototipo definitivo, il numero zero, della Vespa del 1945, forse il pezzo più prezioso della collazione Piaggio e prestato le immagini e i filmati che sono stati proiettati. L'attore dei Cesaroni, Antonello Fassari, ha letto i testi di Mario Cristiani, "I sogni non vanno fatti morire mai" che sotto forma di epistole raccontano la storia dell'inventore. Un modo per raccontare che l’arte e la cultura si sposano con l’impresa e con il territorio e possono sostenere l’economia sociale.

Nell’ambientazione ‘moderna’ per eccellenza della Capitale, il MAXXI, una serata ha celebrato e raccontato Corradino D’Ascanio, alla presenza delle nipoti – figli di quel Giorgio D’Ascanio che ha continuato la tradizione del padre nell’azienda – come uomo, mago, inventore e designer industriale di grande profilo. L’idea è stata di evidenziare come cultura e impresa siano un binomio vincente per il territorio, missione della Fondazione Piaggio, come ha ricordato il Presidente, Riccardo Costagliola. Per l’occasione in esclusiva è stato mostrato forse il pezzo più pregiato della collezione Piaggio, il prototipo della Vespa, il numero zero, si direbbe in gergo giornalistico, che deve il suo nome a Enrico Piaggio che quando lo vide pensò alla parte posteriore poderosa, alla vita sottile e al ronzio,che ricordavano proprio una Vespa.

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mercoledì 9 ottobre 2013

Daniel Schinasi - Dall'Impressionismo al Neofuturismo Museo Piaggio, Pontedera (PI)


Corradino D'Ascanio
Al MAXXI, l'8 ottobre 2013 una serata dedicata al grande designer industriale Corradino D'Ascanio, inventore della Vespa e di molti altri simboli del made in Italy. Ryder Italia, associaizone per l'assistenza domiciliare ai malati oncologici terminali e la Fondazione Museo Piaggio lo hanno ricordato insieme. 
Vespa 1945
La Fondazione ha esposto il prototipo definitivo, il numero zero, della Vespa del 1945, fors eil pezzo più prezioso della collazione Piaggio e prestato le immagini e i filmati che sono stati proiettati. L'attore dei Cesaroni, Antonello Fassari, ha letto i testi di Mario Cristiani, "I sogni non vanno fatti morire mai" che sotto forma di epistole raccontano la storia dell'inventore. 
Vespa 1963
Schinasi - omaggio neofuturista a Corradino D'Ascanio cm.80 x 100 nello studio di Nizza sett. 2011











Daniel Schinasi, fondatore del Neofuturismo, mentre ritrae Corradino d'Ascanio,
è in mostra alla Fondazione Museo Piaggio di Pontedera fino al 12 ottobre prossimo

 



Ape B150 cassone 1953