Lunedì 20 febbraio 2012
Uno spettacolo di danza pura, perché coglie l’essenza del danzare come movimento primordiale della fusione anima-corpo. Un gioco che rappresenta la dialettica della vita e della morte. Il corpo al centro: perfezione tecnica, esercizio fisico, disciplina, morbidezza e plasticità, capacità di dialogare nello spazio tra corpi-interpreti e ancora il corpo che muove se stesso. Uno spettacolo rigoroso e perfino austero: lo stile aulico perso dai più e ritrovato in una prova di grande spessore. Tutto è armonia, luci, costumi, scenografia, funzionali al protagonista indiscusso: il corpo.
Ballet Preljocaj
SUIVRONT MILLE ANS DE CALME
coreografia per 21 ballerini
coreografia Angelin Preljocaj
musica Laurent Garnier
(ad eccezione di “Les Anges” di Benjamin Rippert e “Sonata al chiaro di luna” di Ludwing Van Beethoven - mixaggio Scan X)
scenografia Subodh Gupta
costumi Igor Chapurin
luci Cécile Giovansili
“Suivront mille ans de calme” è uno spettacolo di grande originalità, sempre più rara, che non fa ricorso a trovate incredibili – leggi éscamotage – né ad effetti speciali. Rifugge quanto si vede, anche di buona qualità da troppo tempo: l’ammiccamento, il cedimento alla volgarità o al piacere ruffiano, alla coreografia televisiva, al virtuosismo e all’effetto della spettacolarità.
Lo spettacolo è il risultato di un lavoro di grande disciplina tecnica che traspare senza ostentazione ma con chiara visibilità. Corpi ginnici, forti, vigorosi, le cui parti muovono altre parti e si trasformano come scenografie mobili bagnate da una luce che li muta. E’ il divenire della vita mai immobile che cambia ad ogni istante. Lontano dall’acrobazia, l’agilità e l’arditezza del movimento sono da apprezzare osservando un moto che è quasi interiore. Sembra svilupparsi dall’interno dei danzatori per poi proiettarsi e diffondersi nello spazio. Senza contrapposizione tra solisti e danzatori ‘di fila’, come si diceva un tempo in gergo. Ognuno è a turno protagonista e comparsa come accade nella vita e ha il tempo di diventare pienamente consapevole di sé. Ventuno danzatori si scambiano in duo, e coppie si uniscono e si intrecciano all’interno del gruppo. Non si avvertono le simmetrie rigide della danza classica e l’emergere del personaggio o della coppia, dove anche il maschile e il femminile sono, invece, sfumati. A tratti i giochi delle figure sono asimmetrici, mai scomposti; a tratti simmetrici, sciogliendosi poi in disegni irregolari che perdono quella geometricità angolare dei balletti tradizionali. Il corpo è un magnete, protagonista assoluto come non potrebbe essere diversamente quando il movimento è danza prima che balletto. E’ così che le parti del corpo acquistano a turno tutte la stessa importanza e lo spettatore può scoprirne di nuove, o che almeno non avrebbe creduto essere dotate di tanta mobilità. Allo stesso modo la testa e il tronco con le membra non appaiono così distinte anche per la fluttuazione tra la verticalità e l’orizzontalità che le luci a intermittenza dall’alto contribuiscono ad esaltare, come schiacciando i corpi sul terreno.
La recensione integrale su Saltinaria.it
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