sabato 16 giugno 2012

MariaElisabetta nate regine - Teatro Quirino (Roma)

Ilaria Guidantoni, Domenica 27 maggio 2012

A tavola si stringono patti, si consolidano famiglie, si tramano delitti. Un tavolo fa da coprotagonista in questo tragico passo a due, come un duello: due donne ma anche due metà di una donna: la dialettica del conflitto che esige il nemico funzionale alla propria vita. Testo denso, asciutto, allestimento suggestivo, senza sbavature, rumori fuori scena emozionali. Brave le interpreti, anche fisicamente non avrebbero potuto essere un miglior abito su misura. Sul tribunale della storia il dramma del destino che sovrasta la scelta responsabile, condannando alla responsabilità; il potere che non dà forza ma imprigiona; l’inaccettabilità dell’essere donna e regina per il pubblico, il popolo.


MARIAELISABETTA NATE REGINE
di Emanuela Guaiana
liberamente tratto da Maria Stuart di Friedrich Schiller
diretto e interpretato da Lisa Galantini e Alessia Giuliani
Debutto Nazionale
scene Massimo Adario, Davide Valoppi
costumi Alessandra Abruzzese
luci Sandro Sussi

In scena al Teatro Quirino sabato 26 maggio 2012 – nell’ambito della terza edizione della rassegna “Autogestito” diretta da Marianella Bargilli – lo spettacolo “MariaElisabetta nate regine” di Emanuela Guaiana, liberamente tratto da “Maria Stuart” di Friedrich Schiller, diretto e interpretato da Lisa Galantini e Alessia Giuliani. In un mondo di uomini, Elisabetta I e Maria Stuarda sono regine, costrette ad essere regine di cuori (si legge di letto) o di denari (si legge di potere). Il sangue le vuole sorelle, la storia nemiche mortali. In questa partita sanguinaria, in questo gioco al massacro, le prime vittime saranno le loro libertà personali, le loro pulsioni, il loro desiderio di essere madri e amanti. Un destino feroce spetta a chi è nato capo, eppure tuttavia resta donna. Un epilogo doppiamente tragico perché eliminare una faccia sola della medaglia è impossibile senza sacrificare anche il suo rovescio. L’ultima frase di Elisabetta che guarda Maria decapitata è lapidaria: “Sono sola”. Piange chi ella stessa ha condannato e si veste a lutto. Non perdona? Non perdona l’altro o se stessa? E’ questo il dubbio che resta.
Lo spettatore assiste all’esecuzione della storia, direttamente sul palcoscenico in un confronto ravvicinato, quasi claustrofobico, in spalti stretti dai quali non si può fuggire. Le voci fuori scena, i rumori sinistri precedono e seguono l’azione e sembrano stringere il cerchio intorno a chi guarda.

La recensione integrale su Saltinaria.it

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