sabato 16 giugno 2012

Effetto Lucifero - Teatro Filodrammatici (Milano)

Ilaria Guidantoni, Giovedì 3 maggio 2012

Dal 2 al 13 maggio. D’obbligo abbandonare le categorie estetiche del ‘bello’, ‘armonico’ o l’idea del teatro come spettacolo di intrattenimento. Siamo in presenza di un’esperienza da condividere, forte, crudele, che ci illumina dentro come un faro e può scoprirci vittime o carnefici, poco importa, perché in fondo si è due facce della stessa medaglia. Il palcoscenico come lo scandaglio dell’analista, con la rapidità e l’incisività dell’azione: non sempre la verità piace, ma merita come “Effetto Lucifero”.


Co-produzione Teatro Filodrammatici e Òyes presenta
EFFETTO LUCIFERO
drammaturgia Dario Merlini
regia Andrea Lapi, Dario Merlini, Umberto Terruso
scene e costumi Chiara-Luna Mauri
con Stefano Cordella, Daniele Crasti, Massimiliano Mastroeni, Dario Merlini, Dario Sansalone, Fabio Zulli

A maggio arriva l’ultima delle prime nazionali, nonché delle co-produzioni firmate Teatro Filodrammatici, programmate per questa stagione: la compagnia Òyes propone, a partire dal 2 maggio, lo spettacolo ”Effetto Lucifero”, con la drammaturgia di Dario Merlini, già attore di “Il Processo di K” (nello stesso cartellone), e la regia, oltre che dello stesso Merlini, anche di Andrea Lapi e Umberto Terruso. Il testo, vincitore del Premio Giovani Realtà del Teatro 2010 e finalista all’importante Premio Riccione-Tondelli 2011, prende spunto dal famoso esperimento carcerario di Stanford, uno studio sugli effetti psicologici derivanti dall’assegnazione di un particolare ruolo, nella fattispecie quello di prigioniero o guardia. L’esperimento fu condotto alla Stanford University negli Stati Uniti nell’agosto del 1971 da un team di ricercatori guidato dal professor Philip Zimbardo.
La riproduzione è originale e sottolinea la casualità con un’alea di mistero della situazione: sei ragazzi si ritrovano in una casa abbandonata, dove sembrano fortunatamente trovare cibi e vestiti. All’inizio lo spettatore è sconcertato, disorientato e ci si addentra in una fiaba nera che ad un certo punto diventa un incubo. Lo spettacolo con l’effetto buio e dissolvenza, la presenza inquietante di rumori fuori scena – dal temporale ad una pioggia notturna incessante – fino a colonne sonore a contrasto con filastrocche e canzonette per bambini, ha una costruzione quasi cinematografica. I dialoghi e la tridimensionalità, quel sali e scendi dal palcoscenico tipico dell’allestimento del Filodrammatici, e ancora il pubblico lasciato al buio o violato da una luce diretta e tagliente come in un interrogatorio, lasciano sbigottiti e ci si chiede quasi se si è parte attiva dello spettacolo. Un’interattività indotta…riuscita.
Ma qual è l’origine di questo gioco crudele? Zimbardo selezionò ventiquattro studenti maschi ai quali fu assegnato casualmente uno dei due ruoli e li sistemò in una finta prigione non molto lontana dall’università.

La recensione integrale su Saltinaria.it


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