giovedì 14 giugno 2012

Ippolito - Teatro Sala Uno (Roma)

Recensione a cura di Ilaria Guidantoni  Martedì 31 gennaio 2012 

Dal 31 gennaio al 5 febbraio. La tragedia greca si conferma più classica, dunque più moderna, di tanto teatro classico. E’ l’archetipo per eccellenza del teatro che la regia di Marco Blanchi svela chiaramente al di là della storia e del contesto. E’ la mescolanza di bene e male, di coscienza interiore e decoro dovuto al sociale a fare da perno per la riflessione del regista. Sono i caratteri intimi, sempre complessi, ad interessargli oltre i ruoli. L’essenzialità e l’uniformità della scena e dei costumi sembrano ribadire la coralità del dolore comune. La regia domina sull’interpretazione, forse bisognosa di scaldare i motori.

L' Associazione Culturale “La Fonte di Castalia” presenta
IPPOLITO di Euripide
traduzione, adattamento e regia Marco Blanchi
con Siddhartha Prestinari, Ivan Ristallo, Marika Murri, Francesco Marzi
e con Rebecca Valenti, Valeria Longo, Fulvio Barigelli, Rossella Giammarinaro, Giulia Oliva, Tiziano Ferracci, Giacomo Mattia
light designer Gianni Grasso
costumi Cinzia Falcetti

Debutta martedì 31 gennaio al Teatro Sala Uno di Roma “Ippolito”. Lo spettacolo, prodotto dall’Associazione culturale La Fonte di Castalia, vede in scena Siddhartha Prestinari, Ivan Ristallo, Marika Murri e Francesco Marzi. Diretto da Marco Blanchi, sarà in scena fino a domenica 5 febbraio.
La vicenda narra della dea Afrodite che, offesa da Ippolito, dedito solo alla caccia e al culto di Artemide, decide di vendicarsi e di punirlo, accendendo di desiderio per il giovane la matrigna Fedra e scatenando così una passione che culminerà nella morte di entrambi. Fin dall’inizio dell’azione è evidente che gli uomini non sono che pupi, per dirla con Pirandello, mossi dagli dei e più in alto ancora dal fato. Difficile da tradurre. Forse la dicitura più appropriata è inconscio. La scena è dominata da quello che non si vede: Artemide e Venere, o meglio i simboli rappresentati dalle due divinità, forti e contrapposti, come castità ed eros. Allo specchio si annunciano, rispettivamente, come superbia e violenza; perché le stesse virtù, la purezza e l’amore, se non bene amministrate, possono rovesciarsi nel loro contrario. Se questa regia possiede un pregio indiscutibile è quello di mettere l’accento sul testo, che nell’intricata trama si chiarisce progressivamente, e sugli aspetti didascalici con una certa limpidezza.

La recensione integrale su Saltinaria.it

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