venerdì 26 ottobre 2012

Giuseppe Bisogno: l’attore allo specchio si racconta dietro le quinte


Interviste cultura e spettacolo
Scritto da Ilaria Guidantoni   
Venerdì 26 Ottobre 2012

La vita di un attore corre su migliaia di chilometri e racconta nello spazio di pochi minuti, al massimo qualche ora, il lavoro del cantiere di una comunità che per un tratto di strada vive quasi come una famiglia. Intimità, per necessità e per virtù, sembra la parola chiave e un gioco di sguardi incrociati tra attori della stessa compagnia, e tra attori e registi che talora sono attori a loro volta, magari nello stesso spettacolo. Giuseppe Bisogno non ha dubbi: coinvolgersi e mettersi in gioco è l’unica strada percorribile. Il rischio della ripetizione come una routine? La musicalità lo reinventa ogni volta.

Ho già incontrato per questo spazio Giuseppe Bisogno e l’ho seguito nel cammino dell’ultima stagione teatrale, parlando di lui attraverso gli spettacoli che ha interpretato e, in un caso, con “Il gufo e la gattina”, che ha costruito, in occasione della sua prima prova registica. Ho deciso però di leggere l’attore con una chiave diversa, chiedendogli di mettersi davanti allo specchio, per raccontare cosa avviene dietro le quinte e sul palcoscenico al di qua del pubblico, per farci rivivere il testo e lo spettacolo come li vivono gli attori. Il suo percorso è scandito da almeno tre grandi registi con i quali ha lavorato, tre proposte, tre storie e tre esperienze nella sua memoria: Luca Ronconi, Marco Tullio Giordana e Michele Placido.


Cominciamo dall’inizio e dal tuo esordio ne’ “Gli ultimi giorni dell’umanità”. Che cosa è accaduto in quello spettacolo monumentale?

Per Ronconi l’ingrediente principale da portare in scena è la sottolineatura del testo, che una volta appreso va restituito come una sorta di partitura musicale. Questo significa che, se da una parte l’interpretazione è molto circostanziata e in un certo senso rigida – l’attinenza al testo è sovrana – dall’altra consente anche una grande libertà di esecuzione, proprio come un’aria lirica che ognuno fa vibrare a suo modo e ogni volta in maniera impercettibilmente diversa.

L'intervista integrale su Saltinaria.it




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