Scritto da Redazione Cultura Domenica, 29 Novembre 2015
Dal 28 Novembre al 30 Dicembre
Organizzata da Darb 1718
Curatore Simon Njami
A NEW SOCIAL CONTRACT Project di Elena Giulia Abbiatici
Nove giorni prima di morire Immanuel Kant ricevette una visita del suo medico. Benché vecchio, malato e quasi cieco, si levò e se ne stette in piedi, tremante di debolezza, mormorando parole incomprensibili. Alla fine il medico comprese che egli non si sarebbe seduto finché lui stesso non si fosse accomodato, cosa che egli fece mentre Kant osservò: «Il senso dell’umanità non mi è ancora venuto meno».
Per Kant Humanität significava la consapevolezza di princìpi liberamente accettati e imposti a se stesso. Storicamente, il termine Humanitas aveva una duplice concezione: la prima indicava valore, data dalla relazione tra l’uomo e ciò che è inferiore; la seconda il limite, basata sulla relazione tra l’uomo e ciò che è superiore all’uomo (il divino).
Il concetto di umanità come valore distingue l’Homo Humanus dal “barbaro”, al quale mancano pietas e paideia, il rispetto per i valori morali e la cultura.
Quando durante l’Umanesimo Marsilio Ficino definisce l’uomo come «l’anima razionale che partecipa dell’intelletto divino ma opera in un corpo», afferma che egli è l’unico essere indipendente e completo. E Pico della Mirandola nel suo noto discorso sulla dignità umana afferma che l’uomo è posto al centro dell’universo affinché possa aver coscienza del luogo dove si trova e liberamente decidere dove volgersi. La dignità umana è proporzionale alla sua libertà e in tal senso l’Umanesimo più che un movimento culturale fu un atteggiamento di consapevolezza dei valori umani (razionalità, dignità, libertà) e di accettazione dei limiti dell’uomo (fallacia, debolezza e finitezza), quindi di responsabilità e tolleranza.
Something Else esprime la volontà di rinascita dell’Umano, a partire dall’osservazione della reale vita delle città, come in un processo scientifico, e di ipotizzare una «nuova solidarietà».
«Cosa significa Solidarietà? Da cosa è rappresentato lo stare insieme?» Dalla Società.
L'articolo integrale su Saltinaria.it
lunedì 30 novembre 2015
Cairo Off Biennale. A New Social Contract
Pier Giorgio Bellocchio: maratoneta del palcoscenico. Incontro con l’Emone dell’Antigone secondo Filippo Gili
Scritto da Ilaria Guidantoni Sabato, 28 Novembre 2015
Cresciuto a pane e cinema, ha scelto il teatro per lavorare su se stesso e misurarsi con l’unicità della replica e del suo pubblico. Con il personaggio di Emone ha lavorato sulla lentezza, “fermando” la propria fisicità, per andare oltre. A due giorni dal debutto dello spettacolo "Antigone" per la regia di Filippo Gili abbiamo incontrato Pier Giorgio Bellocchio, giusto prima di entrare in scena, per avere uno sguardo sullo spettacolo dal palcoscenico, dalla parte dell’attore.
«Il rapporto attore-regista, soprattutto nel teatro, è un filtro personale e personalizzato: sul palcoscenico i tempi consentono un dialogo e un costante aggiustamento che non finisce con il debutto del lavoro. In particolare con Filippo lavoro da qualche anno - recentemente ho recitato nel suo Amleto e precedentemente nell’Oreste di Euripide - e per me ogni volta è un’occasione preziosa di formazione e di approfondimento soprattutto per il suo modo di riscrivere i testi che traccia l’intenzione e la direzione da dare alla propria interpretazione.»
L’Antigone per te è una prima volta?
«Sì e la riscrittura e lo sforzo di attualizzazione valgono al cento per cento per quest’opera innanzitutto per il valore e il peso storico intrinseco di un mito universale e un intreccio di relazioni che rappresentano categorie filosofiche e analitiche, oltre che letterarie, che si sono stratificate nei secoli. Il fascino è la messa in scena che diventa a sua volta un’ulteriore lettura. In questo caso la riscrittura del testo, con una modernizzazione che non lo ha snaturato o alterato ma reso, al contrario, vitale, credibile, ha concesso a me attore di essere meno enfatico e più emozionale, meno accademico e più credibile.»
Dal punto di vista del linguaggio cosa ti ha suggerito?
«Il linguaggio è stato fluidificato e ho cercato di lavorare rapidamente sull’acquisizione in termini di memoria e lentamente sulla familiarità che questa versione crea, anche se si tratta di una lingua tutt’altro che semplice e certamente non di uso quotidiano. Il lavoro dietro le quinte quando, come in questo caso, il regista spiega e offre gli strumenti per capire come arrivare al risultato, senza portare semplicemente (o anche in modo complesso) l’attore quasi “trascinandolo”, consente all’interprete l’acquisizione di un patrimonio di metodo che si stratifica nella propria esperienza.»
L'intervista integrale su Saltinaria.it
Cresciuto a pane e cinema, ha scelto il teatro per lavorare su se stesso e misurarsi con l’unicità della replica e del suo pubblico. Con il personaggio di Emone ha lavorato sulla lentezza, “fermando” la propria fisicità, per andare oltre. A due giorni dal debutto dello spettacolo "Antigone" per la regia di Filippo Gili abbiamo incontrato Pier Giorgio Bellocchio, giusto prima di entrare in scena, per avere uno sguardo sullo spettacolo dal palcoscenico, dalla parte dell’attore.
«Il rapporto attore-regista, soprattutto nel teatro, è un filtro personale e personalizzato: sul palcoscenico i tempi consentono un dialogo e un costante aggiustamento che non finisce con il debutto del lavoro. In particolare con Filippo lavoro da qualche anno - recentemente ho recitato nel suo Amleto e precedentemente nell’Oreste di Euripide - e per me ogni volta è un’occasione preziosa di formazione e di approfondimento soprattutto per il suo modo di riscrivere i testi che traccia l’intenzione e la direzione da dare alla propria interpretazione.»
L’Antigone per te è una prima volta?
«Sì e la riscrittura e lo sforzo di attualizzazione valgono al cento per cento per quest’opera innanzitutto per il valore e il peso storico intrinseco di un mito universale e un intreccio di relazioni che rappresentano categorie filosofiche e analitiche, oltre che letterarie, che si sono stratificate nei secoli. Il fascino è la messa in scena che diventa a sua volta un’ulteriore lettura. In questo caso la riscrittura del testo, con una modernizzazione che non lo ha snaturato o alterato ma reso, al contrario, vitale, credibile, ha concesso a me attore di essere meno enfatico e più emozionale, meno accademico e più credibile.»
Dal punto di vista del linguaggio cosa ti ha suggerito?
«Il linguaggio è stato fluidificato e ho cercato di lavorare rapidamente sull’acquisizione in termini di memoria e lentamente sulla familiarità che questa versione crea, anche se si tratta di una lingua tutt’altro che semplice e certamente non di uso quotidiano. Il lavoro dietro le quinte quando, come in questo caso, il regista spiega e offre gli strumenti per capire come arrivare al risultato, senza portare semplicemente (o anche in modo complesso) l’attore quasi “trascinandolo”, consente all’interprete l’acquisizione di un patrimonio di metodo che si stratifica nella propria esperienza.»
L'intervista integrale su Saltinaria.it
Immigrati brava gente - Teatro de' Servi (Roma)
Scritto da Ilaria Guidantoni Sabato, 28 Novembre 2015
Dal 24 novembre al 13 dicembre è in scena al Teatro de' Servi "Immigrati brava gente", scritto, diretto e interpretato da Bernardino De Bernardis. L’immigrazione e la clandestinità in salsa partenopea dove gli “immigrati” e soprattutto i “clandestini” come categoria siamo noi: lavoro articolato che mette insieme la lezione della commedia napoletana classica con lo stile della fiction e della nuova cinematografia locale dove i temi di attualità sono trattati in versione pop.
La Vie Boheme associazione culturale presenta
IMMIGRATI BRAVA GENTE
con (in ordine di apparizione)
Bernardino De Bernardis (Salvatore Croccolo)
Angela Ruggiero (Maria Croccolo)
Ruddy Almada (Omar)
Simonetta Milone (Carmela)
Francesca Di Meglio/Francesca Epifani (Angela Croccolo)
Matteo Fasanella (Roberto Croccolo)
Elena Verde (Donna Concetta)
Antonio Coppola (Ispettore Trovato)
Salvo Miraglia (voce annuncio)
scritto e diretto da Bernardino De Bernardis
scenografia Alessandra Ricci
direttore di scena Maurizio Marchini
consulenza artistica Serena Fraschetti
registrazione audio Studi AreaVox
video Giulio Ciancamerla
Un lavoro impegnativo, più scanzonato e con qualche tratto volutamente sguaiato nella prima parte, prende un tono più riflessivo e amaro nella seconda, inframezzato dalla canzone italiana che non è solo una soluzione alternativa alla formula del musical: è anche l’anima di Napoli che canta, è un messaggio che la musica dice meglio della prosa, come il finale con “Io non ho paura” di Fiorella Mannoia che di questi tempi diventa un manifesto.
Interessante è anche l’inserzione ben dosata di qualche video ed il richiamo all’attualità dell’emigrazione in tempi di sospetti e insicurezza e di precarietà nel lavoro e negli affetti anche in casa nostra. Tutto sembra in fondo scivolarci addosso o far parte di una retorica buonista finché non accade in casa propria.
La commedia napoletana, scritta, diretta e interpretata da Bernardino De Bernardis, sul tema della diversità delle culture fa presa anche nei suoi paradossi sulle difficoltà di una società complessa e sgretolata come la nostra, animata dall’astio e dalla diffidenza, a cominciare dalla propria famiglia.
L'articolo integrale su Saltinaria.it
Dal 24 novembre al 13 dicembre è in scena al Teatro de' Servi "Immigrati brava gente", scritto, diretto e interpretato da Bernardino De Bernardis. L’immigrazione e la clandestinità in salsa partenopea dove gli “immigrati” e soprattutto i “clandestini” come categoria siamo noi: lavoro articolato che mette insieme la lezione della commedia napoletana classica con lo stile della fiction e della nuova cinematografia locale dove i temi di attualità sono trattati in versione pop.
La Vie Boheme associazione culturale presenta
IMMIGRATI BRAVA GENTE
con (in ordine di apparizione)
Bernardino De Bernardis (Salvatore Croccolo)
Angela Ruggiero (Maria Croccolo)
Ruddy Almada (Omar)
Simonetta Milone (Carmela)
Francesca Di Meglio/Francesca Epifani (Angela Croccolo)
Matteo Fasanella (Roberto Croccolo)
Elena Verde (Donna Concetta)
Antonio Coppola (Ispettore Trovato)
Salvo Miraglia (voce annuncio)
scritto e diretto da Bernardino De Bernardis
scenografia Alessandra Ricci
direttore di scena Maurizio Marchini
consulenza artistica Serena Fraschetti
registrazione audio Studi AreaVox
video Giulio Ciancamerla
Un lavoro impegnativo, più scanzonato e con qualche tratto volutamente sguaiato nella prima parte, prende un tono più riflessivo e amaro nella seconda, inframezzato dalla canzone italiana che non è solo una soluzione alternativa alla formula del musical: è anche l’anima di Napoli che canta, è un messaggio che la musica dice meglio della prosa, come il finale con “Io non ho paura” di Fiorella Mannoia che di questi tempi diventa un manifesto.
Interessante è anche l’inserzione ben dosata di qualche video ed il richiamo all’attualità dell’emigrazione in tempi di sospetti e insicurezza e di precarietà nel lavoro e negli affetti anche in casa nostra. Tutto sembra in fondo scivolarci addosso o far parte di una retorica buonista finché non accade in casa propria.
La commedia napoletana, scritta, diretta e interpretata da Bernardino De Bernardis, sul tema della diversità delle culture fa presa anche nei suoi paradossi sulle difficoltà di una società complessa e sgretolata come la nostra, animata dall’astio e dalla diffidenza, a cominciare dalla propria famiglia.
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mercoledì 25 novembre 2015
Marco Masini, quando il pop diventa blues
Scritto da Ilaria Guidantoni Lunedì, 23 Novembre 2015
E’ dalla fragilità e dalle paure che il coraggio trae alimento per non essere temerarietà ma voglia di combattere e creare. Scrivere è la vocazione del cantautore fiorentino, un amore viscerale con la città, e l’idea che la musica sia solo un altro modo di scrivere.
Il nostro primo incontro è stato inconsapevole e ne ho memoria solo dai racconti di famiglia. Sì perché in qualche modo le nostre storie sono unite, alla lontana, per via di un legame di parentela. La tenacia e un certo carattere ribelle non l’hanno abbandonato, regalandogli così il coraggio per affrontare non poche prove difficili da superare nella vita personale come nella carriera professionale. Alla fine il “brutto anatroccolo” com’era stato bollato dalla critica – per altro non la più aggressiva – è diventato un cigno del palcoscenico, combattendo a suon di parole e di musica. In Algeria, paese che tiene in grande considerazione la musica – un proverbio dice che se dimentichi la musica per un giorno, la musica è pronta a dimenticarti per un anno perché la musica è una cosa seria, una vocazione che chiede fedeltà. Per Marco sembra proprio così.
Quando hai avvertito il primo impulso a cantare o a suonare?
«Nell’infanzia. Avevo, credo, cinque anni e i miei genitori mi regalarono un organo “giocattolo” e si accorsero che io riuscivo a suonare ad orecchio.»
Quindi è nata prima la vocazione a suonare che a cantare?
«La musica e l’amore per il pianoforte ma anche lo studio per le tecniche musicali della musica pop e moderna hanno mi hanno accompagnato per molti anni fino a diventare un musicista professionista.»
Come ha preso forma il tuo desiderio di diventare cantautore?
«La voglia di cantare mi accompagnava nel senso che canticchiavo quello che scrivevo, lavorando come pianista di piano bar. Poi casualmente il bassista con il quale facevo coppia si ammalò e mi invitò a sostituirlo e cominciai a cantare anche quello che stavo scrivendo in quel momento, capendo che poteva essere una nuova strada per me.»
L'intervista integrale su Saltinaria.it
E’ dalla fragilità e dalle paure che il coraggio trae alimento per non essere temerarietà ma voglia di combattere e creare. Scrivere è la vocazione del cantautore fiorentino, un amore viscerale con la città, e l’idea che la musica sia solo un altro modo di scrivere.
Il nostro primo incontro è stato inconsapevole e ne ho memoria solo dai racconti di famiglia. Sì perché in qualche modo le nostre storie sono unite, alla lontana, per via di un legame di parentela. La tenacia e un certo carattere ribelle non l’hanno abbandonato, regalandogli così il coraggio per affrontare non poche prove difficili da superare nella vita personale come nella carriera professionale. Alla fine il “brutto anatroccolo” com’era stato bollato dalla critica – per altro non la più aggressiva – è diventato un cigno del palcoscenico, combattendo a suon di parole e di musica. In Algeria, paese che tiene in grande considerazione la musica – un proverbio dice che se dimentichi la musica per un giorno, la musica è pronta a dimenticarti per un anno perché la musica è una cosa seria, una vocazione che chiede fedeltà. Per Marco sembra proprio così.
Quando hai avvertito il primo impulso a cantare o a suonare?
«Nell’infanzia. Avevo, credo, cinque anni e i miei genitori mi regalarono un organo “giocattolo” e si accorsero che io riuscivo a suonare ad orecchio.»
Quindi è nata prima la vocazione a suonare che a cantare?
«La musica e l’amore per il pianoforte ma anche lo studio per le tecniche musicali della musica pop e moderna hanno mi hanno accompagnato per molti anni fino a diventare un musicista professionista.»
Come ha preso forma il tuo desiderio di diventare cantautore?
«La voglia di cantare mi accompagnava nel senso che canticchiavo quello che scrivevo, lavorando come pianista di piano bar. Poi casualmente il bassista con il quale facevo coppia si ammalò e mi invitò a sostituirlo e cominciai a cantare anche quello che stavo scrivendo in quel momento, capendo che poteva essere una nuova strada per me.»
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Mudec, museo delle culture
Scritto da Ilaria Guidantoni Lunedì, 23 Novembre 2015
A Milano le suggestioni del primitivismo di Gauguin
Uno spazio multifunzionale dedicato all’interculturalità dove le linee morbide dell’involucro riflettono il dialogo tra mondi lontani da attraversare. Collezioni “leggere” per valorizzare mostre, eventi e spazi da vivere.
Il progetto del Museo delle Culture ha origine negli anni 1990 quando il Comune di Milano acquista la zona ex industriale dell’Ansaldo per destinarla ad attività culturali. Le molte fabbriche dismesse, diventate testimonianze di archeologia industriale, sono state trasformate in laboratori, studi e nuovi spazi creativi. In tale contesto l’Amministrazione meneghina progetta un polo multidisciplinare dedicato alle diverse testimonianze e culture del mondo, sede espositiva delle civiche Raccolte etnografiche. Nasce così il Museo delle Culture, originariamente concepito in un contesto socio-economico molto diverso dall’attuale, che è stato poi ripensato nel nuovo assetto urbanistico. L’aspetto significativo da sottolineare è la vocazione all’interculturalità che oggi conferma Milano una capitale in tal senso, soprattutto alla luce dell’Expo. Lo spazio accoglie con un’architettura di grande morbidezza che avvolge lo spettatore in un percorso fluido dove protagonista indiscussa è la luce, insieme al vetro e al legno e si caratterizza per una linearità curvilinea che abbraccia anche metaforicamente. La grammatica architettonica sembra alludere alla possibilità attraverso l’arte di abbattere barriere e confini o, meglio, di concepirli come linee di attraversamento e ponti piuttosto che divisori. Il viaggiatore del Museo delle Culture – su una superficie di 17mila metri quadrati, all’interno dell’ex Fabbrica Ansaldo, in via Tortona - potrà visitare mostre internazionali declinate attraverso i diversi linguaggi artistici, conoscere il patrimonio etno-antropologico delle collezioni del Comune di Milano composte da oltre 7000 opere d’arte, oggetti d'uso, tessuti e strumenti musicali provenienti da tutti i continenti; nonché partecipare a una programmazione di eventi e iniziative a cura delle comunità internazionali presenti sul territorio. L’area espositiva del Museo, al primo piano, si sviluppa intorno ad una grande piazza centrale coperta e ospita la sezione del percorso museale con le opere della collezione permanente e le sale dedicate alle grandi mostre temporanee.
Completa lo spazio l’auditorium, un teatro da trecento posti dedicato alle performance e alle arti visive. Il piano terra, destinato all'accoglienza e servizi, è dotato di bistrot, design store, sala Forum delle Culture, sala conferenze-spazio polifunzionale, spazio per la didattica, laboratorio di restauro e depositi allestiti per essere visitati da piccoli gruppi accompagnati. Il MUDEC Junior, infine, è uno spazio appositamente dedicato ai bambini, dove ci si propone di avvicinare anche i più piccoli alle diverse culture del mondo attraverso attività ludiche, postazioni multimediali e laboratori manuali.
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A Milano le suggestioni del primitivismo di Gauguin
Uno spazio multifunzionale dedicato all’interculturalità dove le linee morbide dell’involucro riflettono il dialogo tra mondi lontani da attraversare. Collezioni “leggere” per valorizzare mostre, eventi e spazi da vivere.
Il progetto del Museo delle Culture ha origine negli anni 1990 quando il Comune di Milano acquista la zona ex industriale dell’Ansaldo per destinarla ad attività culturali. Le molte fabbriche dismesse, diventate testimonianze di archeologia industriale, sono state trasformate in laboratori, studi e nuovi spazi creativi. In tale contesto l’Amministrazione meneghina progetta un polo multidisciplinare dedicato alle diverse testimonianze e culture del mondo, sede espositiva delle civiche Raccolte etnografiche. Nasce così il Museo delle Culture, originariamente concepito in un contesto socio-economico molto diverso dall’attuale, che è stato poi ripensato nel nuovo assetto urbanistico. L’aspetto significativo da sottolineare è la vocazione all’interculturalità che oggi conferma Milano una capitale in tal senso, soprattutto alla luce dell’Expo. Lo spazio accoglie con un’architettura di grande morbidezza che avvolge lo spettatore in un percorso fluido dove protagonista indiscussa è la luce, insieme al vetro e al legno e si caratterizza per una linearità curvilinea che abbraccia anche metaforicamente. La grammatica architettonica sembra alludere alla possibilità attraverso l’arte di abbattere barriere e confini o, meglio, di concepirli come linee di attraversamento e ponti piuttosto che divisori. Il viaggiatore del Museo delle Culture – su una superficie di 17mila metri quadrati, all’interno dell’ex Fabbrica Ansaldo, in via Tortona - potrà visitare mostre internazionali declinate attraverso i diversi linguaggi artistici, conoscere il patrimonio etno-antropologico delle collezioni del Comune di Milano composte da oltre 7000 opere d’arte, oggetti d'uso, tessuti e strumenti musicali provenienti da tutti i continenti; nonché partecipare a una programmazione di eventi e iniziative a cura delle comunità internazionali presenti sul territorio. L’area espositiva del Museo, al primo piano, si sviluppa intorno ad una grande piazza centrale coperta e ospita la sezione del percorso museale con le opere della collezione permanente e le sale dedicate alle grandi mostre temporanee.
Completa lo spazio l’auditorium, un teatro da trecento posti dedicato alle performance e alle arti visive. Il piano terra, destinato all'accoglienza e servizi, è dotato di bistrot, design store, sala Forum delle Culture, sala conferenze-spazio polifunzionale, spazio per la didattica, laboratorio di restauro e depositi allestiti per essere visitati da piccoli gruppi accompagnati. Il MUDEC Junior, infine, è uno spazio appositamente dedicato ai bambini, dove ci si propone di avvicinare anche i più piccoli alle diverse culture del mondo attraverso attività ludiche, postazioni multimediali e laboratori manuali.
L'articolo integrale su Saltinaria.it
lunedì 23 novembre 2015
Dal 10 Dicembre a Roma Sister Act il Musical
Dal 10 Dicembre 2015
Per la prima volta a Roma, Teatro Brancaccio
Sister Act il Musical
Special guest Suor Cristina nel ruolo di Suor Maria Roberta
musiche ALAN MENKEN
liriche GLENN SLATER
testo CHERI STEINKELLNER e BILL STEINKELLNER
dialoghi aggiunti DOUGLAS CARTER BEANE
basato sul film Touchstone Picture “Sister Act” scritto da Joseph Howard
traduzione e liriche italiane FRANCO TRAVAGLIO
direzione musicale STEFANO BRONDI
coreografie RITA PIVANO
scene GABRIELE MORESCHI
costumi CARLA ACCORAMBONI
disegno luci VALERIO TIBERI
disegno suono EMANUELE CARLUCCI
regia SAVERIO MARCONI
Per la prima volta arriva al Teatro Brancaccio dal 10 dicembre SISTER ACT - il Musical, tratto dall’omonimo film del ’92 che consacrò Whoopi Goldberg nell’indimenticabile ruolo di Deloris, “una svitata in abito da suora”.
Alessandro Longobardi, direttore artistico dello storico teatro romano, dopo il successo ottenuto con RAPUNZEL - il Musical, avvia questo nuovo progetto firmato da Viola Produzioni in collaborazione con la Compagnia della Rancia, per realizzare uno degli spettacoli più attesi della stagione, già grande successo a Broadway.
Venticinque brani musicali scritti dal premio Oscar Alan Menken, (mitico compositore statunitense autore delle più celebri colonne sonore Disney come “La Bella e la Bestia”, “La Sirenetta”, “Aladdin” e altri show tra cui “La Piccola Bottega degli Orrori” e “Newsies”), che spaziano dalle atmosfere soul, funky e disco anni ’70, alle ballate pop in puro stile Broadway, in cui si innestano cori Gospel e armonie polifoniche.
Il testo e le liriche tradotti da Franco Travaglio coinvolgeranno il pubblico in una storia dinamica, incalzante e divertente tra gangster e novizie, inseguimenti, colpi di scena, rosari, paillettes con un finale davvero elettrizzante.
Lo spettacolo è diretto da Saverio Marconi, coadiuvato da un team artistico composto da Stefano Brondi (direttore musicale), Rita Pivano (coreografa), Gabriele Moreschi (scenografo), Carlo Buttò (direttore di produzione), Carla Accoramboni (costumista), Valerio Tiberi (disegno luci) e Emanuele Carlucci (disegno suono).
Nelle affollate audizioni tenutesi al Teatro Brancaccio lo scorso aprile, sono stati selezionati 22 eccellenti artisti tra conferme e nuovi talenti.
Il ruolo di Deloris (ovvero "Suor Maria Claretta"), il ciclone che travolgerà la tranquilla vita del convento, è affidato alla madrilena Belìa Martin, già applauditissima protagonista dell’edizione spagnola del musical.
“L'ho vista in scena a Barcellona – dice Alessandro Longobardi – mi ha stregato con la sua interpretazione e la sua voce nera, calda, in stile gospel. Ha una grande energia, è una ragazza semplice ma di enorme talento; l’ho incontrata fuori dai camerini e invitata a partecipare alle audizioni a Roma, dove Saverio Marconi senza esitazione ha detto: 'Belìa è perfetta nel ruolo, è lei la nostra Deloris'”.
Il noto attore e conduttore televisivo Pino Strabioli dopo il successo ottenuto con il programma “E lasciatemi divertire” su Rai 3 con Paolo Poli e i recenti successi teatrali (“WikiPiera” con Piera Degli Esposti e “L’abito sposa”), per la prima volta affronterà il musical nel ruolo di Monsignor O’Hara.
E tra gli artisti c’è anche una special guest. Dopo il grande successo a The Voice Italia e del primo disco “Sister Cristina” prodotto da Universal, Suor Cristina abbraccia l’esperienza del grande musical: in SISTER ACT sarà impegnata nel ruolo della novizia Suor Maria Roberta.
“La mia passione per il canto e la musica credo sia nata proprio con me, una passione cresciuta durante l’adolescenza: sognavo di diventare una performer un giorno. La mia strada è stata un’altra, ma il Signore ti dà cento volte tanto… ed eccomi qua, un sogno che si realizza insieme al meraviglioso cast di SISTER ACT!”.
Sul palcoscenico Suor Cristina si alternerà (con un calendario in via di definizione, nel rispetto di impegni della vita di convento) con Veronica Appeddu. “Stiamo lavorando molto bene insieme – dice Suor Cristina – ci scambiamo opinioni sul personaggio, cerchiamo, ognuna con il suo vissuto, di disegnarlo al meglio, grazie anche al regista Saverio Marconi.”
Insieme a loro, performer di grande esperienza come Francesca Taverni (“Cats”, “Mamma mia”, “Next to Normal”, “A Chorus Line”), una voce con inclinazioni rock molto amata nel panorama del musical italiano nel ruolo della Madre Superiora, Felice Casciano (“Pinocchio”, “Frankenstein Junior”, “La piccola bottega degli orrori”, “A qualcuno piace caldo”) nel ruolo di Curtis il gangster con la sua voce calda, profonda in puro stile Barry White e nuovi talenti come l’ esordiente Marco Trespioli che ha conquistato con la sua voce tenorile il ruolo del Commissario Eddie.
Teatro Brancaccio
Via Merulana, 244 – 00185 Roma
Tel 06 80687231/2 Fax 06 80687235
www.teatrobrancaccio.it
Per la prima volta a Roma, Teatro Brancaccio
Sister Act il Musical
Special guest Suor Cristina nel ruolo di Suor Maria Roberta
musiche ALAN MENKEN
liriche GLENN SLATER
testo CHERI STEINKELLNER e BILL STEINKELLNER
dialoghi aggiunti DOUGLAS CARTER BEANE
basato sul film Touchstone Picture “Sister Act” scritto da Joseph Howard
traduzione e liriche italiane FRANCO TRAVAGLIO
direzione musicale STEFANO BRONDI
coreografie RITA PIVANO
scene GABRIELE MORESCHI
costumi CARLA ACCORAMBONI
disegno luci VALERIO TIBERI
disegno suono EMANUELE CARLUCCI
regia SAVERIO MARCONI
Per la prima volta arriva al Teatro Brancaccio dal 10 dicembre SISTER ACT - il Musical, tratto dall’omonimo film del ’92 che consacrò Whoopi Goldberg nell’indimenticabile ruolo di Deloris, “una svitata in abito da suora”.
Alessandro Longobardi, direttore artistico dello storico teatro romano, dopo il successo ottenuto con RAPUNZEL - il Musical, avvia questo nuovo progetto firmato da Viola Produzioni in collaborazione con la Compagnia della Rancia, per realizzare uno degli spettacoli più attesi della stagione, già grande successo a Broadway.
Venticinque brani musicali scritti dal premio Oscar Alan Menken, (mitico compositore statunitense autore delle più celebri colonne sonore Disney come “La Bella e la Bestia”, “La Sirenetta”, “Aladdin” e altri show tra cui “La Piccola Bottega degli Orrori” e “Newsies”), che spaziano dalle atmosfere soul, funky e disco anni ’70, alle ballate pop in puro stile Broadway, in cui si innestano cori Gospel e armonie polifoniche.
Il testo e le liriche tradotti da Franco Travaglio coinvolgeranno il pubblico in una storia dinamica, incalzante e divertente tra gangster e novizie, inseguimenti, colpi di scena, rosari, paillettes con un finale davvero elettrizzante.
Lo spettacolo è diretto da Saverio Marconi, coadiuvato da un team artistico composto da Stefano Brondi (direttore musicale), Rita Pivano (coreografa), Gabriele Moreschi (scenografo), Carlo Buttò (direttore di produzione), Carla Accoramboni (costumista), Valerio Tiberi (disegno luci) e Emanuele Carlucci (disegno suono).
Nelle affollate audizioni tenutesi al Teatro Brancaccio lo scorso aprile, sono stati selezionati 22 eccellenti artisti tra conferme e nuovi talenti.
Il ruolo di Deloris (ovvero "Suor Maria Claretta"), il ciclone che travolgerà la tranquilla vita del convento, è affidato alla madrilena Belìa Martin, già applauditissima protagonista dell’edizione spagnola del musical.
“L'ho vista in scena a Barcellona – dice Alessandro Longobardi – mi ha stregato con la sua interpretazione e la sua voce nera, calda, in stile gospel. Ha una grande energia, è una ragazza semplice ma di enorme talento; l’ho incontrata fuori dai camerini e invitata a partecipare alle audizioni a Roma, dove Saverio Marconi senza esitazione ha detto: 'Belìa è perfetta nel ruolo, è lei la nostra Deloris'”.
Il noto attore e conduttore televisivo Pino Strabioli dopo il successo ottenuto con il programma “E lasciatemi divertire” su Rai 3 con Paolo Poli e i recenti successi teatrali (“WikiPiera” con Piera Degli Esposti e “L’abito sposa”), per la prima volta affronterà il musical nel ruolo di Monsignor O’Hara.
E tra gli artisti c’è anche una special guest. Dopo il grande successo a The Voice Italia e del primo disco “Sister Cristina” prodotto da Universal, Suor Cristina abbraccia l’esperienza del grande musical: in SISTER ACT sarà impegnata nel ruolo della novizia Suor Maria Roberta.
“La mia passione per il canto e la musica credo sia nata proprio con me, una passione cresciuta durante l’adolescenza: sognavo di diventare una performer un giorno. La mia strada è stata un’altra, ma il Signore ti dà cento volte tanto… ed eccomi qua, un sogno che si realizza insieme al meraviglioso cast di SISTER ACT!”.
Sul palcoscenico Suor Cristina si alternerà (con un calendario in via di definizione, nel rispetto di impegni della vita di convento) con Veronica Appeddu. “Stiamo lavorando molto bene insieme – dice Suor Cristina – ci scambiamo opinioni sul personaggio, cerchiamo, ognuna con il suo vissuto, di disegnarlo al meglio, grazie anche al regista Saverio Marconi.”
Insieme a loro, performer di grande esperienza come Francesca Taverni (“Cats”, “Mamma mia”, “Next to Normal”, “A Chorus Line”), una voce con inclinazioni rock molto amata nel panorama del musical italiano nel ruolo della Madre Superiora, Felice Casciano (“Pinocchio”, “Frankenstein Junior”, “La piccola bottega degli orrori”, “A qualcuno piace caldo”) nel ruolo di Curtis il gangster con la sua voce calda, profonda in puro stile Barry White e nuovi talenti come l’ esordiente Marco Trespioli che ha conquistato con la sua voce tenorile il ruolo del Commissario Eddie.
Teatro Brancaccio
Via Merulana, 244 – 00185 Roma
Tel 06 80687231/2 Fax 06 80687235
www.teatrobrancaccio.it
mercoledì 18 novembre 2015
Il viaggio nel tempo di Marco Masini
Scritto da Ilaria Guidantoni Date created Martedì, 17 Novembre 2015
Concerto al Teatro Nazionale di Milano
Lunedì 16 novembre 2015
Cronologia ma non solo, il viaggio nelle emozioni che Marco Masini regala al suo pubblico con due ore generose di spettacolo dove il respiro batte all’unisono dalle due parti del teatro. Non è solo un cammino che ripercorre venticinque anni di carriera, sofferta, travagliata e riuscita. E’ un andare a ritroso, provare a riavvolgere il nastro, lasciarsi trasportare nei deragliamenti per raccontarsi e riflettere sull’uomo, sul bisogno disperato d’amore che alla fine è l’unica cosa che conta e sulla musica come vocazione che anche e proprio nei momenti più duri non lascia solo nessuno e fa sentire come un piccolo Chopin chi si mette a un pianoforte. Uno spettacolo di teatro, di parole e non solo quelle cantate: un uomo che si mette a nudo con il suo coraggio senza rinnegare le paure e senza dimenticare un mondo che sembra andare in rovina. Una bella prova di energia e di garbo, una voce calda e rotonda che mostra senza esibizione lo studio e la versatilità del suo muoversi sul palco, lasciando la rabbia alle spalle dei primi anni di carriera. Protagonista certamente, riesce però a farsi avvolgere in un tutto che si muove in armonia: i compagni di viaggio che lo accompagnano sul palcoscenico e i video che non scorrono alle spalle come una “decorazione” o una didascalia ma dialogano come personaggi e voce narrante di questo teatro musicale.
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Data unica al Barclays Teatro Nazionale di Milano per Marco Masini, il 16 novembre scorso, tappa di un tour fitto di appuntamenti che si è esibito con il suo Cronologia Tour: il cantautore fiorentino, nato il 18 settembre del 1964, ripercorre a ritroso 25 anni di carriera citando le tappe musicali più significative da “Ti vorrei” a “Vaffanculo”, da “T’innamorerai” a “Bella stronza”, da “L’uomo volante” (con cui ha vinto il 54° Festival di Sanremo nel 204) fino all’ultimo successo sanremese “Che giorno è” nello spirito del suo ultimo triplo album antologico “Cronologia” (Sony Music). Ma c’è anche spazio per “Disperato” dedicato al padre, una canzone struggente e una confessione coraggiosa con la quale si aggiudicò la vittoria a Sanremo nel 1990 per la categoria giovani. Marco Masini è accompagnato sul palco da una band composta da Massimiliano Agati (batteria), Cesare Chiodo (basso), Antonio Iammarino (tastiere), Alessandro Magnalasche (chitarra elettrica ed acustica) e Stefano Cerisoli (chitarra elettrica ed acustica). RADIO ITALIA è la radio media partner ufficiale del “Cronologia Tour – Teatri”.
L'articolo integrale su Saltinaria.it
Concerto al Teatro Nazionale di Milano
Lunedì 16 novembre 2015
Cronologia ma non solo, il viaggio nelle emozioni che Marco Masini regala al suo pubblico con due ore generose di spettacolo dove il respiro batte all’unisono dalle due parti del teatro. Non è solo un cammino che ripercorre venticinque anni di carriera, sofferta, travagliata e riuscita. E’ un andare a ritroso, provare a riavvolgere il nastro, lasciarsi trasportare nei deragliamenti per raccontarsi e riflettere sull’uomo, sul bisogno disperato d’amore che alla fine è l’unica cosa che conta e sulla musica come vocazione che anche e proprio nei momenti più duri non lascia solo nessuno e fa sentire come un piccolo Chopin chi si mette a un pianoforte. Uno spettacolo di teatro, di parole e non solo quelle cantate: un uomo che si mette a nudo con il suo coraggio senza rinnegare le paure e senza dimenticare un mondo che sembra andare in rovina. Una bella prova di energia e di garbo, una voce calda e rotonda che mostra senza esibizione lo studio e la versatilità del suo muoversi sul palco, lasciando la rabbia alle spalle dei primi anni di carriera. Protagonista certamente, riesce però a farsi avvolgere in un tutto che si muove in armonia: i compagni di viaggio che lo accompagnano sul palcoscenico e i video che non scorrono alle spalle come una “decorazione” o una didascalia ma dialogano come personaggi e voce narrante di questo teatro musicale.
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Data unica al Barclays Teatro Nazionale di Milano per Marco Masini, il 16 novembre scorso, tappa di un tour fitto di appuntamenti che si è esibito con il suo Cronologia Tour: il cantautore fiorentino, nato il 18 settembre del 1964, ripercorre a ritroso 25 anni di carriera citando le tappe musicali più significative da “Ti vorrei” a “Vaffanculo”, da “T’innamorerai” a “Bella stronza”, da “L’uomo volante” (con cui ha vinto il 54° Festival di Sanremo nel 204) fino all’ultimo successo sanremese “Che giorno è” nello spirito del suo ultimo triplo album antologico “Cronologia” (Sony Music). Ma c’è anche spazio per “Disperato” dedicato al padre, una canzone struggente e una confessione coraggiosa con la quale si aggiudicò la vittoria a Sanremo nel 1990 per la categoria giovani. Marco Masini è accompagnato sul palco da una band composta da Massimiliano Agati (batteria), Cesare Chiodo (basso), Antonio Iammarino (tastiere), Alessandro Magnalasche (chitarra elettrica ed acustica) e Stefano Cerisoli (chitarra elettrica ed acustica). RADIO ITALIA è la radio media partner ufficiale del “Cronologia Tour – Teatri”.
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venerdì 13 novembre 2015
Presentazioni libro Il Terzo Occhio
Il 13 novembre 2015 (ore 18), a Penne (Pe), presso la Chiesa di San Giovanni Evangelista, in occasione della 18ema Biennale d’Arte sarà presentata la nuova pubblicazione di Ivan D’Alberto - Il Terzo Occhio - dall’omicidio di Avetrana a Profondo Rosso, dai plastici di Bruno Vespa alle installazioni di Angelo Colangelo, edito da primeVie Edizioni (Corfinio Aq – ottobre 2015).
Oltre l’autore saranno presenti Antonio Zimarino e Martina Lolli, curatori della Biennale.
Il libro sarà poi presentato il 20 novembre a Roma, presso lo Spazio TRAleVOLTE. A quest’ultimo appuntamento parteciperà la prof.ssa Michela Becchis, (storico dell’arte e docente all’Università Tor Vergata di Roma), la quale ha scritto la prefazione del libro e Francesco Pezzini, responsabile dello Spazio TRAleVOLTE.
Attraverso un approccio tipico degli studi visuali il volume è già di per se un progetto editoriale costruito secondo un’impalcatura propria dei cultural studies: capitoli brevi ma incisivi, con molte note e riferimenti bibliografici tratti direttamente dal web e un apparato fotografico inedito ed esplicativo il più delle volte recuperato su Internet.
Seguendo una linea scientifico-narrativa che inizia con l’analisi della cultura artistica e letteraria di fine Ottocento, lo studio prosegue nelle larghe trame della pornografia orrorifica, le inchieste giornalistiche subalterne e il cinema d’autore, dimostrando come il caso di Avetrana di Puglia, intesse maglie con il film Profondo Rosso di Dario Argento e il romanzo giallo di Kate Summerscale Omicidio a Road Hill House (vicenda realmente accaduta nell’Inghilterra di metà ‘800).
I rifermenti culturali chiamati in causa in questa sorta di “album di esercizi” dialogano con molte proposte artistiche di autori contemporanei come ad esempio le foto di Daniele Ratti, Goldiechiari e Fabrizio Sacchetti, le installazioni di Angelo Colangelo e la rinnovata pittura di Dario Carratta, a dimostrazione di come l’arte sia sempre stata lo “specchio della società”.
L’indagine poi giunge a registrare quello che Jean Clair definisce disgustoso e che Julia Kristeva chiama Arte dell’Abiezione, ovvero le scorie che questa ricerca della verità ha messo in luce, come ad esempio i 486 fotogrammi sulla morte del presidente americano J. F. K. di Abraham Zapruder, il sangue che scorre sul corpo esamine del dittatore Muammar Gheddafi e l’immagine di un coniglio schiacciato da una pressa industriale fotografato dall’artista Simone Ialongo.
Ma così come accadde con La zattera della Medusa di Géricault, inizialmente considerata oscena e lontana da ogni canone estetico e invece oggi ritenuta manifesto della cultura francese di fine Ottocento, non è detto che queste immagini, ora considerate indecorose e di cattivo gusto, diventino, in un futuro non troppo lontano, il manifesto del nostro tempo.
Il progetto editoriale si completa con una prefazione a cura di Michela Becchis e una postfazione a cura di Franco Speroni a presentazione e a sostegno delle tesi avanzate nel testo.
Oltre l’autore saranno presenti Antonio Zimarino e Martina Lolli, curatori della Biennale.
Il libro sarà poi presentato il 20 novembre a Roma, presso lo Spazio TRAleVOLTE. A quest’ultimo appuntamento parteciperà la prof.ssa Michela Becchis, (storico dell’arte e docente all’Università Tor Vergata di Roma), la quale ha scritto la prefazione del libro e Francesco Pezzini, responsabile dello Spazio TRAleVOLTE.
Attraverso un approccio tipico degli studi visuali il volume è già di per se un progetto editoriale costruito secondo un’impalcatura propria dei cultural studies: capitoli brevi ma incisivi, con molte note e riferimenti bibliografici tratti direttamente dal web e un apparato fotografico inedito ed esplicativo il più delle volte recuperato su Internet.
Seguendo una linea scientifico-narrativa che inizia con l’analisi della cultura artistica e letteraria di fine Ottocento, lo studio prosegue nelle larghe trame della pornografia orrorifica, le inchieste giornalistiche subalterne e il cinema d’autore, dimostrando come il caso di Avetrana di Puglia, intesse maglie con il film Profondo Rosso di Dario Argento e il romanzo giallo di Kate Summerscale Omicidio a Road Hill House (vicenda realmente accaduta nell’Inghilterra di metà ‘800).
I rifermenti culturali chiamati in causa in questa sorta di “album di esercizi” dialogano con molte proposte artistiche di autori contemporanei come ad esempio le foto di Daniele Ratti, Goldiechiari e Fabrizio Sacchetti, le installazioni di Angelo Colangelo e la rinnovata pittura di Dario Carratta, a dimostrazione di come l’arte sia sempre stata lo “specchio della società”.
L’indagine poi giunge a registrare quello che Jean Clair definisce disgustoso e che Julia Kristeva chiama Arte dell’Abiezione, ovvero le scorie che questa ricerca della verità ha messo in luce, come ad esempio i 486 fotogrammi sulla morte del presidente americano J. F. K. di Abraham Zapruder, il sangue che scorre sul corpo esamine del dittatore Muammar Gheddafi e l’immagine di un coniglio schiacciato da una pressa industriale fotografato dall’artista Simone Ialongo.
Ma così come accadde con La zattera della Medusa di Géricault, inizialmente considerata oscena e lontana da ogni canone estetico e invece oggi ritenuta manifesto della cultura francese di fine Ottocento, non è detto che queste immagini, ora considerate indecorose e di cattivo gusto, diventino, in un futuro non troppo lontano, il manifesto del nostro tempo.
Il progetto editoriale si completa con una prefazione a cura di Michela Becchis e una postfazione a cura di Franco Speroni a presentazione e a sostegno delle tesi avanzate nel testo.
"Mustang" di Deniz Gamze Ergüven
Scritto da Ilaria Guidantoni Giovedì, 12 Novembre 2015
L'atteso film turco Mustang, opera prima della regista Deniz Gamze Erguven(sezione Lux Film Days a Roma), rivelazione della Quinzaine des Réalisateurs di Cannes 2015 e candidato ai Premi Oscar dalla Francia come miglior film straniero, è un vitale ed energico spaccato sulla condizione femminile in Turchia.
Protagoniste sono Lale e le sue quattro sorelle, animate da un comune desiderio di libertà per contrastare le rigide imposizioni della famiglia. Film ben girato con un ritmo sostenuto in grado di esprimere modulazioni differenti seguendo con la macchina da presa in modo flessibile e con la versatilità del clima situazioni differenti e sentimenti vari. Cinque sorelle allevate in assenza dei genitori scomparsi dalla nonna e uno zio ambiguo nel rigore e con l’unico obiettivo di dover diventare buone mogli. Cinque personalità diverse unite da un grande affetto, complicità e voglia inesausta di vivere; cinque destini diversi che riproducono un microcosmo: dal matrimonio felice per amore, alla frustrazione di un legame combinato, alla fuga con una scelta drammatica e due all’insegna della scoperta e del rischio, con una nota surreale per affrontare la quale essere in due è ciò che conta, anche se la spinta viene proprio dalla sorella minore. Il film alterna momenti di grande allegria e vitalità, alla rabbia, al gioco, allo scandaglio di mentalità bigotte e di ribellioni esagerate, dove la costrizione alimenta il desiderio di trasgressione. Interpretato in modo convincente e sincero, è attento e curato nella ripresa degli ambienti, dei volti, delle situazioni, senza lasciar cadere nessun dettaglio, dai costumi alla luce, filtrando ambienti diversi che soprattutto in alcuni paesi disegnano confini netti: la casa e la vita ai limiti del bosco; il paese; il mondo della spiaggia e del mare che allude alla libertà e alla trasgressione e il mito lontano di Istanbul che si intravede alla fine come un orizzonte alle primi luci di un’alba che è la promessa di un ritorno alla vita.
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L'atteso film turco Mustang, opera prima della regista Deniz Gamze Erguven(sezione Lux Film Days a Roma), rivelazione della Quinzaine des Réalisateurs di Cannes 2015 e candidato ai Premi Oscar dalla Francia come miglior film straniero, è un vitale ed energico spaccato sulla condizione femminile in Turchia.
Protagoniste sono Lale e le sue quattro sorelle, animate da un comune desiderio di libertà per contrastare le rigide imposizioni della famiglia. Film ben girato con un ritmo sostenuto in grado di esprimere modulazioni differenti seguendo con la macchina da presa in modo flessibile e con la versatilità del clima situazioni differenti e sentimenti vari. Cinque sorelle allevate in assenza dei genitori scomparsi dalla nonna e uno zio ambiguo nel rigore e con l’unico obiettivo di dover diventare buone mogli. Cinque personalità diverse unite da un grande affetto, complicità e voglia inesausta di vivere; cinque destini diversi che riproducono un microcosmo: dal matrimonio felice per amore, alla frustrazione di un legame combinato, alla fuga con una scelta drammatica e due all’insegna della scoperta e del rischio, con una nota surreale per affrontare la quale essere in due è ciò che conta, anche se la spinta viene proprio dalla sorella minore. Il film alterna momenti di grande allegria e vitalità, alla rabbia, al gioco, allo scandaglio di mentalità bigotte e di ribellioni esagerate, dove la costrizione alimenta il desiderio di trasgressione. Interpretato in modo convincente e sincero, è attento e curato nella ripresa degli ambienti, dei volti, delle situazioni, senza lasciar cadere nessun dettaglio, dai costumi alla luce, filtrando ambienti diversi che soprattutto in alcuni paesi disegnano confini netti: la casa e la vita ai limiti del bosco; il paese; il mondo della spiaggia e del mare che allude alla libertà e alla trasgressione e il mito lontano di Istanbul che si intravede alla fine come un orizzonte alle primi luci di un’alba che è la promessa di un ritorno alla vita.
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“Parisienne” di Danielle Arbid. Medifilm festival 2015 21° Edizione
Scritto da Ilaria Guidantoni Mercoledì, 11 Novembre 2015
In Concorso per il Premio Amore e Psiche, proiezione del film francese Parisienne, di Danielle Arbid, presentato dall'attore non protagonista, Paul Hamy.
Il film, insolita commistione di coming-of-age e immigrazione, è un delicato ed intimo racconto di formazione – ispirato ai primi anni parigini della regista stessa – su una 18enne (l'attrice-rivelazione Manal Issa) appena arrivata a Parigi da Beirut alla ricerca della libertà. Con la città e i suoi ragazzi, da adolescente diventerà donna. Una storia delicata di iniziazione di una ragazza senza punti di riferimento, smarrita e curiosa, reticente solo all’inizio, che finisce per perdersi in una Parigi senza valori solidi, tra amori che in qualche modo la usano e la trascinano in una vita non sua.
Lina però sul fronte dell’impegno riesce a lavorare con profitto e dopo qualche incertezza, un’inscrizione alla facoltà di economia, quindi di Lettere in letteratura comparata, sceglie di seguire l’arte proprio per la sua voglia di libertà e di scardinare le convinzioni legate a parametri fissati una volta per tutti. Addirittura lavora, in un call centre di un’agenzia immobiliare, oltre quello che sarebbe consentito dal suo permesso di soggiorno.
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In Concorso per il Premio Amore e Psiche, proiezione del film francese Parisienne, di Danielle Arbid, presentato dall'attore non protagonista, Paul Hamy.
Il film, insolita commistione di coming-of-age e immigrazione, è un delicato ed intimo racconto di formazione – ispirato ai primi anni parigini della regista stessa – su una 18enne (l'attrice-rivelazione Manal Issa) appena arrivata a Parigi da Beirut alla ricerca della libertà. Con la città e i suoi ragazzi, da adolescente diventerà donna. Una storia delicata di iniziazione di una ragazza senza punti di riferimento, smarrita e curiosa, reticente solo all’inizio, che finisce per perdersi in una Parigi senza valori solidi, tra amori che in qualche modo la usano e la trascinano in una vita non sua.
Lina però sul fronte dell’impegno riesce a lavorare con profitto e dopo qualche incertezza, un’inscrizione alla facoltà di economia, quindi di Lettere in letteratura comparata, sceglie di seguire l’arte proprio per la sua voglia di libertà e di scardinare le convinzioni legate a parametri fissati una volta per tutti. Addirittura lavora, in un call centre di un’agenzia immobiliare, oltre quello che sarebbe consentito dal suo permesso di soggiorno.
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“Napolislam” di Ernesto Pagano. Medifilm festival 2015 21° Edizione
Scritto da Ilaria Guidantoni Mercoledì, 11 Novembre 2015
Roma 6/13 novembre
Cinema Savoy / Museo MACRO
Festival di Interesse Nazionale, Manifestazione Storica del Comune di Roma, Festival di Interesse Culturale per Forum Mediterraneo e Partenariato Euro-Mediterraneo
Quinto giorno di proiezioni e incontri - martedì 10 novembre - per il MedFilm Festival, che si tiene in questa sua 21ma edizione presso il Cinema Savoy e il MACRO di Roma. Il più antico festival della capitale, fondato e diretto da Ginella Vocca, quest'anno presenta complessivamente 78 film, di cui 51 anteprime italiane, europee ed internazionali, accompagnati da prestigiosi ospiti.
SaltinAria ha seguito, in sala 2, Napolislam, di Ernesto Pagano, presentato nella sezione Perle: alla scoperta del nuovo cinema italiano. Un bel giorno Napoli si sveglia e si scopre islamica. Una telecamera attraversa la città ed entra nelle vite di dieci convertiti all’Islam, un disoccupato, una ragazza innamorata, un rapper, un padre di famiglia... Tra una zeppola halal e una preghiera per strada, la loro storia quotidiana getta una luce nuova, di volta in volta divertita e amara, su Napoli e sulla nostra società al ritmo di rap.
Riuscire a descrivere con un certo anticipo i cambiamenti di una società è una delle caratteristiche più ricercate nel cinema documentaristico o di genere. Lo ha fatto magistralmente Ernesto Pagano nel suo premiato docu-film Napolislam, documentario sui napoletani convertiti alla religione musulmana ricco di spunti interessanti ed ironia, che arriva a Tunisi con MedFilm (a Cartagine il 27 novembre prossimo) per le ''Giornate del Cinema italiano'' dal 21 al 28 novembre, un ''Festival nel Festival'' per conoscere l'Italia di ieri, di oggi e forse di domani, nell'ambito delle Giornate Cinematografiche di Cartagine.
Il film, come ha raccontato il produttore, Matteo Parisini è nato nel 2008 da un incontro del regista Ernesto Pagano – giornalista televisivo – con Ciro un pizzaiolo che si è convertito all’Islam per una serie di concatenazioni. Era entrato in libreria per cercare un libro su Maradona e per caso accanto ha trovato il Corano.
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Roma 6/13 novembre
Cinema Savoy / Museo MACRO
Festival di Interesse Nazionale, Manifestazione Storica del Comune di Roma, Festival di Interesse Culturale per Forum Mediterraneo e Partenariato Euro-Mediterraneo
Quinto giorno di proiezioni e incontri - martedì 10 novembre - per il MedFilm Festival, che si tiene in questa sua 21ma edizione presso il Cinema Savoy e il MACRO di Roma. Il più antico festival della capitale, fondato e diretto da Ginella Vocca, quest'anno presenta complessivamente 78 film, di cui 51 anteprime italiane, europee ed internazionali, accompagnati da prestigiosi ospiti.
SaltinAria ha seguito, in sala 2, Napolislam, di Ernesto Pagano, presentato nella sezione Perle: alla scoperta del nuovo cinema italiano. Un bel giorno Napoli si sveglia e si scopre islamica. Una telecamera attraversa la città ed entra nelle vite di dieci convertiti all’Islam, un disoccupato, una ragazza innamorata, un rapper, un padre di famiglia... Tra una zeppola halal e una preghiera per strada, la loro storia quotidiana getta una luce nuova, di volta in volta divertita e amara, su Napoli e sulla nostra società al ritmo di rap.
Riuscire a descrivere con un certo anticipo i cambiamenti di una società è una delle caratteristiche più ricercate nel cinema documentaristico o di genere. Lo ha fatto magistralmente Ernesto Pagano nel suo premiato docu-film Napolislam, documentario sui napoletani convertiti alla religione musulmana ricco di spunti interessanti ed ironia, che arriva a Tunisi con MedFilm (a Cartagine il 27 novembre prossimo) per le ''Giornate del Cinema italiano'' dal 21 al 28 novembre, un ''Festival nel Festival'' per conoscere l'Italia di ieri, di oggi e forse di domani, nell'ambito delle Giornate Cinematografiche di Cartagine.
Il film, come ha raccontato il produttore, Matteo Parisini è nato nel 2008 da un incontro del regista Ernesto Pagano – giornalista televisivo – con Ciro un pizzaiolo che si è convertito all’Islam per una serie di concatenazioni. Era entrato in libreria per cercare un libro su Maradona e per caso accanto ha trovato il Corano.
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martedì 10 novembre 2015
Medifilm festival 2015 – 21 edizione
Scritto da Ilaria Guidantoni Sabato, 07 Novembre 2015
Roma 6/13 novembre
Cinema Savoy / Museo MACRO
Festival di Interesse Nazionale, Manifestazione Storica del Comune di Roma, Festival di Interesse Culturale per FORUM MEDITERRANEO e PARTENARIATO EURO-MEDITERRANEO.
Un incontro tra le due sponde del mare nostrum che ha dimostrato, soprattutto in quest’edizione, la centralità del Mediterraneo nello scacchiere internazionale e la priorità per l’Italia in termini di politica estera. Le tante richieste e il loro contenuto mostrano una grande vivacità della sponda sud e la varietà dei temi tra i quali spiccano in particolare l’emergenza dei migranti, la questione dell’integrazione, i diritti dei più deboli a livello sociale, le donne, gli orientamenti sessuali non riconosciuti, i senza patria. Per la sponda nord solo una presenza italiana, francese e croata tra le 10 selezionate mentre la sponda sud è rappresentata ampiamente da Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Libano, Israele, Palestina, fino all’Iran. Da segnalare anche la presenza della Turchia paese di confine tra queste due anime mediterranee. La scelta del Medfilm è una cooperazione nel segno della reciprocità con una giuria “popolare”, accanto a quella tecnica costituita da residenti stranieri e l’idea della coproduzione reale. Non quindi film come il pluripremiato “Much loved” sulla prostituzione in Marocco, prodotto in Francia e realizzato da un regista nato e cresciuto in Francia sebbene da genitori immigrati.
Quanto alla scelta tematica, il tema degli ultimi, siano diseredati, in fuga, privati dei diritti e così via, resta al centro di quest’edizione. Da segnalare anche l’orientamento per una filmografia non imponente dal punto di vista dei mezzi di produzione e dei costi. E’ come se la forma raccontasse e sposasse lo stesso contenuto.
L’appuntamento è un’occasione importante di incontro e di scambio che mostra come la cultura sia in grado di fare da ponte e di ricostruire antichi legami lacerati e violati. Tra l’altro, grazie al Medfilm, ha raccontato la direttrice ed ideatrice del Festival, Ginella Vocca, l’Italia è stata invitata come ospite d’onore alle Giornate del Cinema di Cartagine che si terranno a Tunisi dal 21 al 28 novembre.
Il MedFilm Festival ritorna alle sue date storiche, la 21° edizione si terrà infatti dal 6 al 13 novembre, presso il Cinema Savoy e il MACRO. Un ricco cartellone di film, incontri di approfondimento, libri ed eventi speciali.
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Roma 6/13 novembre
Cinema Savoy / Museo MACRO
Festival di Interesse Nazionale, Manifestazione Storica del Comune di Roma, Festival di Interesse Culturale per FORUM MEDITERRANEO e PARTENARIATO EURO-MEDITERRANEO.
Un incontro tra le due sponde del mare nostrum che ha dimostrato, soprattutto in quest’edizione, la centralità del Mediterraneo nello scacchiere internazionale e la priorità per l’Italia in termini di politica estera. Le tante richieste e il loro contenuto mostrano una grande vivacità della sponda sud e la varietà dei temi tra i quali spiccano in particolare l’emergenza dei migranti, la questione dell’integrazione, i diritti dei più deboli a livello sociale, le donne, gli orientamenti sessuali non riconosciuti, i senza patria. Per la sponda nord solo una presenza italiana, francese e croata tra le 10 selezionate mentre la sponda sud è rappresentata ampiamente da Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Libano, Israele, Palestina, fino all’Iran. Da segnalare anche la presenza della Turchia paese di confine tra queste due anime mediterranee. La scelta del Medfilm è una cooperazione nel segno della reciprocità con una giuria “popolare”, accanto a quella tecnica costituita da residenti stranieri e l’idea della coproduzione reale. Non quindi film come il pluripremiato “Much loved” sulla prostituzione in Marocco, prodotto in Francia e realizzato da un regista nato e cresciuto in Francia sebbene da genitori immigrati.
Quanto alla scelta tematica, il tema degli ultimi, siano diseredati, in fuga, privati dei diritti e così via, resta al centro di quest’edizione. Da segnalare anche l’orientamento per una filmografia non imponente dal punto di vista dei mezzi di produzione e dei costi. E’ come se la forma raccontasse e sposasse lo stesso contenuto.
L’appuntamento è un’occasione importante di incontro e di scambio che mostra come la cultura sia in grado di fare da ponte e di ricostruire antichi legami lacerati e violati. Tra l’altro, grazie al Medfilm, ha raccontato la direttrice ed ideatrice del Festival, Ginella Vocca, l’Italia è stata invitata come ospite d’onore alle Giornate del Cinema di Cartagine che si terranno a Tunisi dal 21 al 28 novembre.
Il MedFilm Festival ritorna alle sue date storiche, la 21° edizione si terrà infatti dal 6 al 13 novembre, presso il Cinema Savoy e il MACRO. Un ricco cartellone di film, incontri di approfondimento, libri ed eventi speciali.
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Il giardino dei ciliegi - Teatro Quirino (Roma)
Scritto da Ilaria Guidantoni Sabato, 07 Novembre 2015
Dopo il recente trionfo al Teatro Aleksandrinskij di San Pietroburgo, salutato da sette minuti di applausi, giunge a Roma Il Giardino dei ciliegi di Cechov con la regia di Luca De Fusco, in scena dal 3 al 15 novembre al Teatro Quirino. Uno spettacolo raffinato, dove la stilizzazione consente una modernizzazione accettabile della vicenda di una famiglia nobile decaduta sullo sfondo del fermento pre-rivoluzionario russo, che diventa metafora di ogni rivoluzione, abbracciando sia il tempo che passa e la vecchiaia che avanza, sia un cambiamento di paradigma privato o collettivo. Il clima della storia è sospeso in una dimensione quasi fiabesca e universale (forse questo il senso della traduzione in napoletano e di un’ambientazione che potrebbe essere mediterranea). Interpretazione corale convincente.
Teatro Stabile di Napoli e Teatro Stabile di Verona presentano
IL GIARDINO DEI CILIEGI
di Anton Čechov
traduzione Gianni Garrera
con Gaia Aprea, Paolo Cresta, Claudio Di Palma, Serena Marziale, Alessandra Pacifico Griffini, Giacinto Palmarini, Alfonso Postiglione, Federica Sandrini, Gabriele Saurio, Sabrina Scuccimarra, Paolo Serra e Enzo Turrin
scene Maurizio Balò
costumi Maurizio Millenotti
luci Gigi Saccomandi
coreografie Noa Wertheim
musiche originali Ran Bagno
adattamento e regia Luca De Fusco
Dopo il felice debutto al Napoli Teatro Festival 2014 e i successi riscossi nei teatri italiani - da Merano a Bolzano, Verona, Genova, Perugia -, nonchè reduce dalla trionfale accoglienza al Teatro Aleksandrinskij di San Pietroburgo a settembre scorso, approda al Teatro Quirino di Roma Il Giardino dei ciliegi di Cechov con la regia di Luca De Fusco.
Nella bella traduzione di Gianni Garrera, la pièce è interpretata da Gaia Aprea, nel ruolo della protagonista Ljiuba, Paolo Cresta (Jaša), Claudio Di Palma (Lopachin), Serena Marziale (Dunjaša), Alessandra Pacifico Griffini (Anja), Giacinto Palmarini (Trofimov), Alfonso Postiglione (Pišcik), Federica Sandrini (Varja), Gabriele Saurio (Epichodov), Sabrina Scuccimarra (Šarlotta), Paolo Serra (Gaev) ed Enzo Turrin (Firs). Le scene sono di Maurizio Balò; i costumi di Maurizio Millenotti; le luci di Gigi Saccomandi; le coreografie di Noa Wertheim; le musiche originali di Ran Bagno. Lo spettacolo è una produzione del Teatro Stabile di Napoli.
La traduzione per chi, come chi scrive, non conosce il russo può essere condivisa come “bella” per la sua efficacia che non snatura il testo letterario, non lo forza ma ne esalta la modernità, il linguaggio quotidiano; anche nella declinazione napoletana, scelta del regista, si avverte un intreccio non sempre percettibile che diventa non una semplice contaminazione, o giustapposizione o, ancora, un collage, quanto un’assonanza, un richiamo, una dissolvenza armonica. La lingua come visione del pensiero sembra spiegare che la vicenda, anche se contestualizzata, può essere letta come metafora del dramma di una società attraversata dal cambiamento radicale, con vittime e nuovi vincitori, come ogni rivoluzione che si rispetti.
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Dopo il recente trionfo al Teatro Aleksandrinskij di San Pietroburgo, salutato da sette minuti di applausi, giunge a Roma Il Giardino dei ciliegi di Cechov con la regia di Luca De Fusco, in scena dal 3 al 15 novembre al Teatro Quirino. Uno spettacolo raffinato, dove la stilizzazione consente una modernizzazione accettabile della vicenda di una famiglia nobile decaduta sullo sfondo del fermento pre-rivoluzionario russo, che diventa metafora di ogni rivoluzione, abbracciando sia il tempo che passa e la vecchiaia che avanza, sia un cambiamento di paradigma privato o collettivo. Il clima della storia è sospeso in una dimensione quasi fiabesca e universale (forse questo il senso della traduzione in napoletano e di un’ambientazione che potrebbe essere mediterranea). Interpretazione corale convincente.
Teatro Stabile di Napoli e Teatro Stabile di Verona presentano
IL GIARDINO DEI CILIEGI
di Anton Čechov
traduzione Gianni Garrera
con Gaia Aprea, Paolo Cresta, Claudio Di Palma, Serena Marziale, Alessandra Pacifico Griffini, Giacinto Palmarini, Alfonso Postiglione, Federica Sandrini, Gabriele Saurio, Sabrina Scuccimarra, Paolo Serra e Enzo Turrin
scene Maurizio Balò
costumi Maurizio Millenotti
luci Gigi Saccomandi
coreografie Noa Wertheim
musiche originali Ran Bagno
adattamento e regia Luca De Fusco
Dopo il felice debutto al Napoli Teatro Festival 2014 e i successi riscossi nei teatri italiani - da Merano a Bolzano, Verona, Genova, Perugia -, nonchè reduce dalla trionfale accoglienza al Teatro Aleksandrinskij di San Pietroburgo a settembre scorso, approda al Teatro Quirino di Roma Il Giardino dei ciliegi di Cechov con la regia di Luca De Fusco.
Nella bella traduzione di Gianni Garrera, la pièce è interpretata da Gaia Aprea, nel ruolo della protagonista Ljiuba, Paolo Cresta (Jaša), Claudio Di Palma (Lopachin), Serena Marziale (Dunjaša), Alessandra Pacifico Griffini (Anja), Giacinto Palmarini (Trofimov), Alfonso Postiglione (Pišcik), Federica Sandrini (Varja), Gabriele Saurio (Epichodov), Sabrina Scuccimarra (Šarlotta), Paolo Serra (Gaev) ed Enzo Turrin (Firs). Le scene sono di Maurizio Balò; i costumi di Maurizio Millenotti; le luci di Gigi Saccomandi; le coreografie di Noa Wertheim; le musiche originali di Ran Bagno. Lo spettacolo è una produzione del Teatro Stabile di Napoli.
La traduzione per chi, come chi scrive, non conosce il russo può essere condivisa come “bella” per la sua efficacia che non snatura il testo letterario, non lo forza ma ne esalta la modernità, il linguaggio quotidiano; anche nella declinazione napoletana, scelta del regista, si avverte un intreccio non sempre percettibile che diventa non una semplice contaminazione, o giustapposizione o, ancora, un collage, quanto un’assonanza, un richiamo, una dissolvenza armonica. La lingua come visione del pensiero sembra spiegare che la vicenda, anche se contestualizzata, può essere letta come metafora del dramma di una società attraversata dal cambiamento radicale, con vittime e nuovi vincitori, come ogni rivoluzione che si rispetti.
L'articolo integrale su Saltinaria.it
sabato 7 novembre 2015
Anteprima "Animeland" Racconti tra manga, anime e cosplay, di Francesco Chiatante 13 novembre - Roma
Roma Fiction Fest
Venerdì 13 novembre 2015
h. 20:00
c/o Cinema Adriano di Roma
Anteprima mondiale del documentario Animeland – Racconti tra manga, anime e cosplay, di Francesco Chiatante.
Ingresso gratuito fino a esaurimento posti previo ritiro coupon gratuito
Sarà presentato in anteprima mondiale - a ingresso gratuito fino a esaurimento posti - venerdí 13 novembre alle ore 20:00 presso il cinema Adriano di Roma, nell’ambito della nona edizione del Roma Fiction Fest, il documentario Animeland – Racconti tra manga, anime e cosplay, opera prima diretta da Francesco Chiatante. Alla proiezione sarà presente il regista, il cast e alcuni dei protagonisti intervistati. Il documentario, ideato e interamente realizzato in low budget dal regista Francesco Chiatante, che ne ha curato anche montaggio, fotografia e post produzione, si avvale delle musiche originali di Simone Martino.
Il documentario è un vero proprio viaggio tra cartoni animati giapponesi e non, manga, anime e cosplay, attraverso ricordi, aneddoti e sogni di personaggi degli ambiti più disparati il cui immaginario e la cui vita sono stati influenzati da fumetti e cartoni animati. Da Heidi a Goldrake, da Jeeg Robot a Dragonball e Naruto, passando per Holly e Benji, L’incantevole Creamy e Ken il guerriero, dalla fine degli anni Settanta è iniziata in Italia una vera e propria invasione “animata” giapponese. Animeland, più che un film è un “documento” che intende ricostruire e ripercorrere tutto quello che erano e sono poi diventati manga, anime e cosplay in Italia, segnando l’intero immaginario ‘pop’ delle generazioni degli ultimi quarant’anni con robot, maghette e orfanelli!
Numerosi gli intervistati nel film, dall’animatrice e mangaka Yoshiko Watanabe, già assistente di Osamu Tezuka, allo stilista Simone Legno alias Tokidoki, da cantanti come Caparezza, che nelle canzoni spesso introduce citazioni tratte da manga giapponesi, ad attori come Paola Cortellesi – che canta la sigla di un cartone animato della propria infanzia – e Valerio Mastandrea. Ma anche i racconti di Giorgio Maria Daviddi del Trio Medusa e una esclusiva intervista al misterioso cosplay Goldy. Registi italiani quali Maurizio Nichetti e Fausto Brizzi e registi stranieri come Shinya Tsukamoto e il Premio Oscar Michel Gondry, ma anche Masami Suda, animatore di cartoni animati quali Ken il guerriero, Kiss Me Licia e Yoichi Takahashi, autore di Holly e Benji. Tra i nomi italiani spiccano quelli dei giornalisti Luca Raffaelli, filo conduttore del racconto e di Vincenzo Mollica, ma c’è spazio anche per un sociologo, Marco Pellitteri, per un saggista come Fabio Bartoli e per la squadra dei Kappaboys, che per primi importarono i manga giapponesi in Italia.
"Ho sempre sognato - sottolinea il regista - di raccontare i mondi di manga, anime e cosplay a modo mio. E quale idea migliore del farlo coinvolgendo tutti i miei "miti", creando un film da tutti i loro racconti? Con Animeland ho trovato il modo di poter contribuire a questi immaginari fantastici che hanno influenzato i ragazzi, per generazioni, da fine anni '70 ad oggi!"
IL REGISTA
Francesco Chiatante nasce a Taranto nel 1981, videomaker di cortometraggi, documentari, backstage e video. Studia all'Accademia di Belle Arti di Macerata “Teoria e Tecnica della Comunicazione Visiva Multimediale” e si specializza in “Arti Visive – Scenografia”. Approda a Roma nel 2007 per un Master in Effetti Speciali per il cinema. Negli ultimi anni ha lavorato per post-produzioni di film e fiction, collaborato come operatore video e montatore per una serie di progetti documentaristici prodotti e diretti da Franco Zeffirelli, diretto l'episodio 'Iride' del film indipendente a capitoli 'Amores' (Italia, 2013) e realizzato backstage dei film diretti da Ivano De Matteo 'Gli equilibristi' e 'I nostri ragazzi' (vincitore del Premio Miglior Backstage 2015 - Festival del Cinema Città di Spello) e della serie TV RAI ‘Il sistema’ diretta da Carmine Elia. Animeland - Racconti tra Manga, Anime e Cosplay, del 2015, è il suo esordio nel lungometraggio.
https://www.facebook.com/events/1022717591081678/
Venerdì 13 novembre 2015
h. 20:00
c/o Cinema Adriano di Roma
Anteprima mondiale del documentario Animeland – Racconti tra manga, anime e cosplay, di Francesco Chiatante.
Ingresso gratuito fino a esaurimento posti previo ritiro coupon gratuito
Sarà presentato in anteprima mondiale - a ingresso gratuito fino a esaurimento posti - venerdí 13 novembre alle ore 20:00 presso il cinema Adriano di Roma, nell’ambito della nona edizione del Roma Fiction Fest, il documentario Animeland – Racconti tra manga, anime e cosplay, opera prima diretta da Francesco Chiatante. Alla proiezione sarà presente il regista, il cast e alcuni dei protagonisti intervistati. Il documentario, ideato e interamente realizzato in low budget dal regista Francesco Chiatante, che ne ha curato anche montaggio, fotografia e post produzione, si avvale delle musiche originali di Simone Martino.
Il documentario è un vero proprio viaggio tra cartoni animati giapponesi e non, manga, anime e cosplay, attraverso ricordi, aneddoti e sogni di personaggi degli ambiti più disparati il cui immaginario e la cui vita sono stati influenzati da fumetti e cartoni animati. Da Heidi a Goldrake, da Jeeg Robot a Dragonball e Naruto, passando per Holly e Benji, L’incantevole Creamy e Ken il guerriero, dalla fine degli anni Settanta è iniziata in Italia una vera e propria invasione “animata” giapponese. Animeland, più che un film è un “documento” che intende ricostruire e ripercorrere tutto quello che erano e sono poi diventati manga, anime e cosplay in Italia, segnando l’intero immaginario ‘pop’ delle generazioni degli ultimi quarant’anni con robot, maghette e orfanelli!
Numerosi gli intervistati nel film, dall’animatrice e mangaka Yoshiko Watanabe, già assistente di Osamu Tezuka, allo stilista Simone Legno alias Tokidoki, da cantanti come Caparezza, che nelle canzoni spesso introduce citazioni tratte da manga giapponesi, ad attori come Paola Cortellesi – che canta la sigla di un cartone animato della propria infanzia – e Valerio Mastandrea. Ma anche i racconti di Giorgio Maria Daviddi del Trio Medusa e una esclusiva intervista al misterioso cosplay Goldy. Registi italiani quali Maurizio Nichetti e Fausto Brizzi e registi stranieri come Shinya Tsukamoto e il Premio Oscar Michel Gondry, ma anche Masami Suda, animatore di cartoni animati quali Ken il guerriero, Kiss Me Licia e Yoichi Takahashi, autore di Holly e Benji. Tra i nomi italiani spiccano quelli dei giornalisti Luca Raffaelli, filo conduttore del racconto e di Vincenzo Mollica, ma c’è spazio anche per un sociologo, Marco Pellitteri, per un saggista come Fabio Bartoli e per la squadra dei Kappaboys, che per primi importarono i manga giapponesi in Italia.
"Ho sempre sognato - sottolinea il regista - di raccontare i mondi di manga, anime e cosplay a modo mio. E quale idea migliore del farlo coinvolgendo tutti i miei "miti", creando un film da tutti i loro racconti? Con Animeland ho trovato il modo di poter contribuire a questi immaginari fantastici che hanno influenzato i ragazzi, per generazioni, da fine anni '70 ad oggi!"
IL REGISTA
Francesco Chiatante nasce a Taranto nel 1981, videomaker di cortometraggi, documentari, backstage e video. Studia all'Accademia di Belle Arti di Macerata “Teoria e Tecnica della Comunicazione Visiva Multimediale” e si specializza in “Arti Visive – Scenografia”. Approda a Roma nel 2007 per un Master in Effetti Speciali per il cinema. Negli ultimi anni ha lavorato per post-produzioni di film e fiction, collaborato come operatore video e montatore per una serie di progetti documentaristici prodotti e diretti da Franco Zeffirelli, diretto l'episodio 'Iride' del film indipendente a capitoli 'Amores' (Italia, 2013) e realizzato backstage dei film diretti da Ivano De Matteo 'Gli equilibristi' e 'I nostri ragazzi' (vincitore del Premio Miglior Backstage 2015 - Festival del Cinema Città di Spello) e della serie TV RAI ‘Il sistema’ diretta da Carmine Elia. Animeland - Racconti tra Manga, Anime e Cosplay, del 2015, è il suo esordio nel lungometraggio.
https://www.facebook.com/events/1022717591081678/
AS FILM FESTIVAL 2015 - III edizione
AS FILM FESTIVAL 2015
III edizione
UN FESTIVAL UGUALE AGLI ALTRI PERO’ DIVERSO
Roma - MAXXI Museo Nazionale delle arti del XXI secolo
sabato 14 e domenica 15 novembre 2015
ingresso gratuito
Torna il festival internazionale di cinema ed arti visive
realizzato con la partecipazione attiva di giovani nella condizione autistica. Tra gli ospiti gli attori Stefano Fresi e Valentina Carnelutti
Si tiene il 14 e il 15 novembre prossimi - a ingresso gratuito fino ad esaurimento posti - la terza edizione di As FilmFestival, coordinato da Giuseppe Cacace e realizzato con la partecipazione attiva di giovani nella condizione autistica. Tante novità per la terza edizione di ASFF che si svolgerà sotto l'Alto Patrocinio del Parlamento Europeo e con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dell'ANG Agenzia Nazionale per i Giovani. Per il secondo anno consecutivo la locandina del festival è stata scelta tra le centinaia inviate da artisti che si riconoscono nella condizione autistica ed è risultata vincitrice la giovane artista Bianca Corradi. Tra gli ospiti previsti: l'attrice e regista Valentina Carnelutti (Squadra antimafia) già vincitrice con RECUIEM del premio ASFF e del premio del Pubblico per l'edizione 2014; l'attore e compositore Stefano Fresi (Noi e la Giulia, Smetto quando voglio), il giornalista Toti Naspri e lo staff de I Fantastici 15 la rivista di Verona (l'unica italiana sul modello del francese Le Papotin) curata da una redazione di giovani nella condizione autistica.
Il festival prevede una sezione competitiva, Punti di vista, ovvero il cinema come sguardo sulla realtà apre agli autori internazionali: in programma una selezione di 45 opere (25 internazionali e 20 italiane) selezionate tra i 1400 lavori giunti da 80 Paesi di tutto il mondo. Tra gli italiani LA SEDIA DI CARTONE di Marco Zuin, CHILD K di Vito Palumbo e Roberto De Feo e DUE PIEDI SINISTRI di Isabella Salvetti. Tra le opere internazionali si segnalano: THE CHUNK AND THE WHORE di Antoine Paley, YOUNAISY, del regista cubano Juan Pablo Daranas Molina, BEFORE WE LOSE di Cristhian Andrews.
La vetrina Ragionevolmente differenti dedicata al cinema come strumento per raccontare la condizione autistica prevede la proiezione di 20 lavori realizzati da autori internazionali: tra gli altri, in anteprima italiana, CIRCLES di Jesse Cramer e Micha Levin; THE ROUTINE di Dimitris Andjus; FOR THE LOVE OF DOGS di Tim O'Donnel; BUMBLEBEE di JENNA KANEL e GOD'S LAMB di Kees-Jan Mulder. Le mattinate del festival saranno dedicate ad ANIMATION NOW!, la vetrina dedicata ai cortometraggi d'animazione. Venti le opere selezionate tra le oltre 400 giunte da tutto il mondo. Tra gli italiani, RITORNELLO D'AMORE di Silvia Capitta.
iere è il titolo della vetrina "Cinema per raccontare il sociale". Tra le opere in programma: FEBRUARY, del regista afghano Siar Sedig, SCHLEIRHAFT di Tim Ellrich e NAMNALA di Nacho Solana.
ASFF 2015 apre anche al teatro con lo spettacolo EMOTICONS di Paolo Manganiello e Chiara Palumbo. Nato nell'ambito del progetto "Pegaso" di Viterbo, lo spettacolo vede in scena 15 ragazzi nella condizione autistica.
AS Film Festival è un progetto ideato e realizzato da Not-Equal con la collaborazione di FONDAZIONE MAXXI, CONFRONTI, GRUPPO ASPERGER LAZIO ONLUS. La Sindrome di Asperger (SA, o AS, dall'inglese Asperger Syndrome) è collocata, come l'autismo, tra i Disturbi Pervasivi delle Sviluppo ma si discute tuttora, se essa debba considerarsi una forma mite di autismo (ad alto funzionamento o con bisogno di supporto non intensivo), o se costituisca un disturbo a sé stante. Poco nota in Italia, è sempre più rappresentata al cinema e in televisione: personaggi con Sindrome di AS sono lo Sherlock televisivo e il matematico Alan Tourig del film The imitation game, entrambi interpretati da Benedict Cumberbatch, o la protagonista della serie The Bridge interpretata da Diane Kruger. Si parla di Asperger anche nelle serie tv Silicon Valley, Community, Parenthood, Boston Legal, The Big Bang Theory e Grey's Anatomy. Inoltre sono diversi i volti noti che hanno dichiarato di avere la sindrome di Asperger, tra gli altri gli attori Dan Aykroyd (The Blues Brothers, Ghostbusters) e Daryl Hannah (Kill Bill) e la cantante Susan Boyle.
Al link https://vimeo.com/119949949 è possibile vedere un video che racconta 'il meglio di' della seconda edizione.
Per informazioni: www.asfilmfestival.org
www.facebook.com/Asfilmfestival
III edizione
UN FESTIVAL UGUALE AGLI ALTRI PERO’ DIVERSO
Roma - MAXXI Museo Nazionale delle arti del XXI secolo
sabato 14 e domenica 15 novembre 2015
ingresso gratuito
Torna il festival internazionale di cinema ed arti visive
realizzato con la partecipazione attiva di giovani nella condizione autistica. Tra gli ospiti gli attori Stefano Fresi e Valentina Carnelutti
Si tiene il 14 e il 15 novembre prossimi - a ingresso gratuito fino ad esaurimento posti - la terza edizione di As FilmFestival, coordinato da Giuseppe Cacace e realizzato con la partecipazione attiva di giovani nella condizione autistica. Tante novità per la terza edizione di ASFF che si svolgerà sotto l'Alto Patrocinio del Parlamento Europeo e con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dell'ANG Agenzia Nazionale per i Giovani. Per il secondo anno consecutivo la locandina del festival è stata scelta tra le centinaia inviate da artisti che si riconoscono nella condizione autistica ed è risultata vincitrice la giovane artista Bianca Corradi. Tra gli ospiti previsti: l'attrice e regista Valentina Carnelutti (Squadra antimafia) già vincitrice con RECUIEM del premio ASFF e del premio del Pubblico per l'edizione 2014; l'attore e compositore Stefano Fresi (Noi e la Giulia, Smetto quando voglio), il giornalista Toti Naspri e lo staff de I Fantastici 15 la rivista di Verona (l'unica italiana sul modello del francese Le Papotin) curata da una redazione di giovani nella condizione autistica.
Il festival prevede una sezione competitiva, Punti di vista, ovvero il cinema come sguardo sulla realtà apre agli autori internazionali: in programma una selezione di 45 opere (25 internazionali e 20 italiane) selezionate tra i 1400 lavori giunti da 80 Paesi di tutto il mondo. Tra gli italiani LA SEDIA DI CARTONE di Marco Zuin, CHILD K di Vito Palumbo e Roberto De Feo e DUE PIEDI SINISTRI di Isabella Salvetti. Tra le opere internazionali si segnalano: THE CHUNK AND THE WHORE di Antoine Paley, YOUNAISY, del regista cubano Juan Pablo Daranas Molina, BEFORE WE LOSE di Cristhian Andrews.
La vetrina Ragionevolmente differenti dedicata al cinema come strumento per raccontare la condizione autistica prevede la proiezione di 20 lavori realizzati da autori internazionali: tra gli altri, in anteprima italiana, CIRCLES di Jesse Cramer e Micha Levin; THE ROUTINE di Dimitris Andjus; FOR THE LOVE OF DOGS di Tim O'Donnel; BUMBLEBEE di JENNA KANEL e GOD'S LAMB di Kees-Jan Mulder. Le mattinate del festival saranno dedicate ad ANIMATION NOW!, la vetrina dedicata ai cortometraggi d'animazione. Venti le opere selezionate tra le oltre 400 giunte da tutto il mondo. Tra gli italiani, RITORNELLO D'AMORE di Silvia Capitta.
iere è il titolo della vetrina "Cinema per raccontare il sociale". Tra le opere in programma: FEBRUARY, del regista afghano Siar Sedig, SCHLEIRHAFT di Tim Ellrich e NAMNALA di Nacho Solana.
ASFF 2015 apre anche al teatro con lo spettacolo EMOTICONS di Paolo Manganiello e Chiara Palumbo. Nato nell'ambito del progetto "Pegaso" di Viterbo, lo spettacolo vede in scena 15 ragazzi nella condizione autistica.
AS Film Festival è un progetto ideato e realizzato da Not-Equal con la collaborazione di FONDAZIONE MAXXI, CONFRONTI, GRUPPO ASPERGER LAZIO ONLUS. La Sindrome di Asperger (SA, o AS, dall'inglese Asperger Syndrome) è collocata, come l'autismo, tra i Disturbi Pervasivi delle Sviluppo ma si discute tuttora, se essa debba considerarsi una forma mite di autismo (ad alto funzionamento o con bisogno di supporto non intensivo), o se costituisca un disturbo a sé stante. Poco nota in Italia, è sempre più rappresentata al cinema e in televisione: personaggi con Sindrome di AS sono lo Sherlock televisivo e il matematico Alan Tourig del film The imitation game, entrambi interpretati da Benedict Cumberbatch, o la protagonista della serie The Bridge interpretata da Diane Kruger. Si parla di Asperger anche nelle serie tv Silicon Valley, Community, Parenthood, Boston Legal, The Big Bang Theory e Grey's Anatomy. Inoltre sono diversi i volti noti che hanno dichiarato di avere la sindrome di Asperger, tra gli altri gli attori Dan Aykroyd (The Blues Brothers, Ghostbusters) e Daryl Hannah (Kill Bill) e la cantante Susan Boyle.
Al link https://vimeo.com/119949949 è possibile vedere un video che racconta 'il meglio di' della seconda edizione.
Per informazioni: www.asfilmfestival.org
www.facebook.com/Asfilmfestival
Balthus a Roma
Scritto da Ilaria Guidantoni Giovedì, 05 Novembre 2015
Scuderie del Quirinale La retrospettiva/ Villa Medici, Roma L’atelier
24 ottobre 2015 - 31 gennaio 2016
Kunstforum Wien, Vienna
febbraio 2016 - giugno 2016
A cura di Cécile Debray, curatrice del Musée National d'Art Moderne/Centre Pompidou
Doppio appuntamento romano per uno degli artisti più originali del Novecento, sospeso nel suo dissenso verso il surrealismo – che pure ha lambito – e l’accademismo, tra il rigore della classicità e l’ispirazione rinascimentale di Piero della Francesca nonché il lato onirico della vita. Quest’ultimo vive della dialettica tra tenerezza e ambivalenza erotica da una parte, e il lato mostruoso, crudele, dall’altra. L’immersione è in un’atmosfera rarefatta che affonda nella malinconia per l’infanzia come categoria dell’anima. C’è nelle sue opere una grande perfezione stilistica e un’armonia che scricchiola, proprio per questo intrigante.
Con una grande mostra monografica divisa in due sedi, Roma celebra – a quindici anni dalla morte – Balthasar Klossowski de Rola, in arte Balthus (1908-2001), maestro tra i più originali ed enigmatici del Novecento, il cui rapporto con la città eterna fu decisivo per gli indirizzi della sua arte. Alle Scuderie del Quirinale sono esposte circa duecento opere, tra quadri, disegni e fotografie, provenienti dai più importanti musei europei ed americani oltre che da prestigiose collezioni private, compongono un avvincente percorso in due segmenti. Qui si può vedere una completa retrospettiva organizzata intorno ai capolavori più noti, mentre a Villa Medici un’esposizione che, attraverso le opere realizzate durante il soggiorno romano, mette in luce il metodo e il processo creativo di Balthus: la pratica di lavoro nell’atelier, l’uso dei modelli, le tecniche, il ricorso alla fotografia.
L?articolo integrale su Saltinaria.it
Scuderie del Quirinale La retrospettiva/ Villa Medici, Roma L’atelier
24 ottobre 2015 - 31 gennaio 2016
Kunstforum Wien, Vienna
febbraio 2016 - giugno 2016
A cura di Cécile Debray, curatrice del Musée National d'Art Moderne/Centre Pompidou
Doppio appuntamento romano per uno degli artisti più originali del Novecento, sospeso nel suo dissenso verso il surrealismo – che pure ha lambito – e l’accademismo, tra il rigore della classicità e l’ispirazione rinascimentale di Piero della Francesca nonché il lato onirico della vita. Quest’ultimo vive della dialettica tra tenerezza e ambivalenza erotica da una parte, e il lato mostruoso, crudele, dall’altra. L’immersione è in un’atmosfera rarefatta che affonda nella malinconia per l’infanzia come categoria dell’anima. C’è nelle sue opere una grande perfezione stilistica e un’armonia che scricchiola, proprio per questo intrigante.
Con una grande mostra monografica divisa in due sedi, Roma celebra – a quindici anni dalla morte – Balthasar Klossowski de Rola, in arte Balthus (1908-2001), maestro tra i più originali ed enigmatici del Novecento, il cui rapporto con la città eterna fu decisivo per gli indirizzi della sua arte. Alle Scuderie del Quirinale sono esposte circa duecento opere, tra quadri, disegni e fotografie, provenienti dai più importanti musei europei ed americani oltre che da prestigiose collezioni private, compongono un avvincente percorso in due segmenti. Qui si può vedere una completa retrospettiva organizzata intorno ai capolavori più noti, mentre a Villa Medici un’esposizione che, attraverso le opere realizzate durante il soggiorno romano, mette in luce il metodo e il processo creativo di Balthus: la pratica di lavoro nell’atelier, l’uso dei modelli, le tecniche, il ricorso alla fotografia.
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Disillusione ottica - Mostra di Marcia Xavier
Scritto da Ilaria Guidantoni Giovedì, 05 Novembre 2015
a cura di Elisa Byington
Con installazioni di vetro e acqua che giocano con la disillusione ottica
per dissolvere le certezze della ragione
Presentata dall’Ambasciata del Brasile a Roma
Palazzo Pamphili - Roma
30 ottobre - 27 novembre 2015
Illusioni dello sguardo, sovvertimento della grammatica della visione e opere da toccare: suggestioni sacre e profane di Roma per un’artista che si nutre dei luoghi nei quali passeggia per uno scambio interattivo.
Marcia Xavier, artista brasiliana, si inserisce in un percorso che l’Ambasciata del Brasile sta compiendo con una serie di appuntamenti dedicati ad artisti brasiliani contemporanei. Marcia è affascinata dall’illusione dello sguardo, defigura e refigura a livello ottico con una nota giocosa, ammiccante, mai irriverente perché sembra uscire spontaneamente e naturalmente. La sua arte è uno studio scientifico attento che non cala dall'alto come una tesi il “capriccio” ma lo lascia uscire, come accade a Santa Teresa, alla sua Santa Teresa.
L’artista fotografa per trasformare le immagini in altra cosa, per creare un mondo proprio che non vuole riflettere quello esistente e invita l’osservatore a far parte dell’opera, che necessita della sua azione per essere rivelata: gli oggetti chiedono di essere toccati sia per il loro movimento nello spazio che per coglierne la varietà degli effetti luminosi.
L’abbiamo incontrata prima dell’apertura dell mostra al pubblico per chiederle com’è nata quest’esposizione.
«Nel 2013 ho vissuto a Roma per due mesi in occasione di una residenza artistica e sono stata invitata a esporre all’ambasciata brasiliana. La mostra sarebbe dovuta essere alla Galleria Pietro da Cortona e poi è stata scelta la Galleria Portinari, lasciando invariato il progetto iniziale.»
Quale? «L’idea è nata da due fonti di ispirazione, la Santa Teresa della Chiesa di Piazza Navona, Santa Teresa in Agone e due scene opposte prese dalla Galleria Cortona.»
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a cura di Elisa Byington
Con installazioni di vetro e acqua che giocano con la disillusione ottica
per dissolvere le certezze della ragione
Presentata dall’Ambasciata del Brasile a Roma
Palazzo Pamphili - Roma
30 ottobre - 27 novembre 2015
Illusioni dello sguardo, sovvertimento della grammatica della visione e opere da toccare: suggestioni sacre e profane di Roma per un’artista che si nutre dei luoghi nei quali passeggia per uno scambio interattivo.
Marcia Xavier, artista brasiliana, si inserisce in un percorso che l’Ambasciata del Brasile sta compiendo con una serie di appuntamenti dedicati ad artisti brasiliani contemporanei. Marcia è affascinata dall’illusione dello sguardo, defigura e refigura a livello ottico con una nota giocosa, ammiccante, mai irriverente perché sembra uscire spontaneamente e naturalmente. La sua arte è uno studio scientifico attento che non cala dall'alto come una tesi il “capriccio” ma lo lascia uscire, come accade a Santa Teresa, alla sua Santa Teresa.
L’artista fotografa per trasformare le immagini in altra cosa, per creare un mondo proprio che non vuole riflettere quello esistente e invita l’osservatore a far parte dell’opera, che necessita della sua azione per essere rivelata: gli oggetti chiedono di essere toccati sia per il loro movimento nello spazio che per coglierne la varietà degli effetti luminosi.
L’abbiamo incontrata prima dell’apertura dell mostra al pubblico per chiederle com’è nata quest’esposizione.
«Nel 2013 ho vissuto a Roma per due mesi in occasione di una residenza artistica e sono stata invitata a esporre all’ambasciata brasiliana. La mostra sarebbe dovuta essere alla Galleria Pietro da Cortona e poi è stata scelta la Galleria Portinari, lasciando invariato il progetto iniziale.»
Quale? «L’idea è nata da due fonti di ispirazione, la Santa Teresa della Chiesa di Piazza Navona, Santa Teresa in Agone e due scene opposte prese dalla Galleria Cortona.»
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James Tissot al Chiostro del Bramante
Un cultore dell’eleganza e della raffinatezza, un ritrattista del bel mondo e della moda, un documentarista dell’evoluzione del costume tra Parigi e Londra. Osteggiato, forse invidiato, dagli altri pittori, ebbe sempre un grande successo della critica e del pubblico. Nativo di Nantes, studia e vive a Parigi finché, dopo la fine della Comune, si trasferisce a Londra. Impressionista sui generis, nella sua pittura è pressoché assente l’effetto plein air, il respiro della pittura di quel periodo. Grande disegnatore, quasi miniaturista, oggi forse demodé nel gusto del particolare, nel vezzeggiare con il suo tratto la frivolezza e la grande eleganza, resta un prezioso documento dei costumi del tempo e un piacere per l’occhio che voglia trastullarsi in una passeggiata leggera.
I suoi sfondi sono ambientazioni cittadine, per lo più interni e visioni che ricordano la costa atlantica, il mare del nord, gli aspetti più brumosi della Francia. Impossibile non seguire l’evoluzione del cappello, l’invenzione inglese della tuba, il vezzo delle signore di addobbarli con nastri piume e fiori; le acconciature che ad un certo punto non lasciarono più ciocche libere ma fermarono e raccolsero i capelli nei cappelli, nascondendo le forcine, con un effetto molto composto. Nei suoi dipinti traspare l’amore e l’attenzione alle stoffe e alle loro caratteristiche e la trasformazione dei vestiti: il primo tailleur per donna inventato in Inghilterra con gonna, giacca e camicia il cui nome indica quello del sarto appunto, perché mutuato dal guardaroba maschile. C’è posto anche per il cul de Paris, quel modo di sollevare il vestito posteriormente con una sorta di tournure, che impediva alle dame di sedersi ma le rendeva ammiccanti e oggi, diremmo, un tantino ridicole. C’è naturalmente anche la serie dei ritratti e della compagna che amò e il ritratto di un incontro di artisti con le loro donne che è anche un’istantanea del momento. Forse la sala più suggestiva è il ciclo del Figliol Prodigo con un’interpretazione rivisitata, contemporanea e autobiografica. Così si sentì infatti James (nome inglesizzato per ragioni di immagine) che si avvicinò gradualmente al sentimento religioso.
La mostra è certamente un’occasione per preziosa per immergersi in un’atmosfera d’antan, leggerne le tinte, e scoprire un talento non così noto.
martedì 3 novembre 2015
Lampedusa Beach - Piccolo Teatro Grassi (Milano)
Scritto da Ilaria Guidantoni Sabato, 31 Ottobre 2015
Arriva al Piccolo Teatro di Milano, dal 27 ottobre al 4 novembre, Lampedusa Beach, il primo dei tre testi che compongono la Trilogia del naufragio di Lina Prosa. Scritto nel 2003, è stato prodotto e messo in scena nel 2013 dalla Comédie-Française. Il teatro parigino ha recentemente prodotto l’intera Trilogia per la regia della stessa autrice. Un angolo diverso con un tono surreale per un monologo di grande attualità che racconta il naufragio di una clandestina: il tono onirico alternato con passaggi spietatamente realistici. Un testo nudo e un’interpretazione lucida, essenziale. Molto suggestivo l’effetto “scatola” della scena ora ariosa, ora claustrofobica.
Produzione Teatro Biondo Stabile di Palermo presenta
LAMPEDUSA BEACH. TRILOGIA DEL NAUFRAGIO
testo e regia Lina Prosa
con Elisa Lucarelli
scene, luci e immagini Paolo Calafiore
costumi Mela Dell’Erba
Lampedusa Beach non è solo un testo sull’emigrazione clandestina, è la testimonianza, poetica e tragica, di una giovane africana che naufraga al largo di Lampedusa; un monologo a più voci che rievoca l’interminabile istante in cui Shauba, mentre annega, racconta la sua esperienza: il sogno di una vita migliore, l’indifferenza del mondo, ma anche il suo rapporto primordiale con l’acqua e quindi con la sua identità mediterranea.
E’ la prospettiva del dramma dell’immigrazione analizzato più che dal punto di vista della violenza, da quello dell’indifferenza. Un immigrato clandestino è destinato a nascondersi e quindi sembra legittimare l’altro ad ignorarlo, a dimenticarlo.
Inoltre il testo è tutto al femminile dalla parte dell’Africa: il monologo e il dialogo immaginario della protagonista con la mamma e con una “consigliera”, mentre gli uomini sono sempre “gli altri”, non come alter ma come alius.
La recensione integrale su Saltinaria.it
Arriva al Piccolo Teatro di Milano, dal 27 ottobre al 4 novembre, Lampedusa Beach, il primo dei tre testi che compongono la Trilogia del naufragio di Lina Prosa. Scritto nel 2003, è stato prodotto e messo in scena nel 2013 dalla Comédie-Française. Il teatro parigino ha recentemente prodotto l’intera Trilogia per la regia della stessa autrice. Un angolo diverso con un tono surreale per un monologo di grande attualità che racconta il naufragio di una clandestina: il tono onirico alternato con passaggi spietatamente realistici. Un testo nudo e un’interpretazione lucida, essenziale. Molto suggestivo l’effetto “scatola” della scena ora ariosa, ora claustrofobica.
Produzione Teatro Biondo Stabile di Palermo presenta
LAMPEDUSA BEACH. TRILOGIA DEL NAUFRAGIO
testo e regia Lina Prosa
con Elisa Lucarelli
scene, luci e immagini Paolo Calafiore
costumi Mela Dell’Erba
Lampedusa Beach non è solo un testo sull’emigrazione clandestina, è la testimonianza, poetica e tragica, di una giovane africana che naufraga al largo di Lampedusa; un monologo a più voci che rievoca l’interminabile istante in cui Shauba, mentre annega, racconta la sua esperienza: il sogno di una vita migliore, l’indifferenza del mondo, ma anche il suo rapporto primordiale con l’acqua e quindi con la sua identità mediterranea.
E’ la prospettiva del dramma dell’immigrazione analizzato più che dal punto di vista della violenza, da quello dell’indifferenza. Un immigrato clandestino è destinato a nascondersi e quindi sembra legittimare l’altro ad ignorarlo, a dimenticarlo.
Inoltre il testo è tutto al femminile dalla parte dell’Africa: il monologo e il dialogo immaginario della protagonista con la mamma e con una “consigliera”, mentre gli uomini sono sempre “gli altri”, non come alter ma come alius.
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“Giotto L’Italia” - Milano, Palazzo Reale
Scritto da Ilaria Guidantoni Lunedì, 26 Ottobre 2015
Una mostra monografica selezionata – 14 capolavori – di grande raffinatezza: Milano privilegia questa volta la qualità, un allestimento classico che valorizza le opere, con un percorso didascalico fruibile e di alto profilo. Un’occasione per focalizzare lo sguardo su una colonna della pittura italiana con una prospettiva originale: i luoghi di lavoro di Giotto che suggerisce un modo nuovo di viaggiare nel Belpaese.
Dal 2 settembre 2015 al 10 gennaio 2016 a Palazzo Reale di Milano una sequenza di capolavori assoluti per la prima volta in un'unica mostra: 14 opere dalla qualità sublime, Giotto, l’Italia che conclude il semestre Expo 2015. Al progetto – sotto l’Alto patronato del Presidente della Repubblica Italiana, promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e dal Comune di Milano – Cultura, con il patrocinio della Regione Lombardia, prodotta e organizzata da Palazzo Reale e dalla casa editrice Electa, hanno collaborato Soprintendenze, Musei italiani ed esteri e istituzioni religiose che conservano opere di Giotto.
La mostra, con allestimento di Mario Bellini, classico, elegante, volto a valorizzare l’opera giottesca e non a celebrare l’esposizione stessa, ha un motivo particolare per essere realizzata a Palazzo Reale: esso infatti ancora ingloba strutture del palazzo di Azzone Visconti, ove, negli ultimi anni della sua vita, Giotto venne a realizzare due cicli di dipinti murali, oggi perduti.
Godibile il percorso concepito per visualizzare il tragitto compiuto dall'artista fiorentino attraverso l'Italia del suo tempo in circa quaranta anni di attività. Le 14 opere, nessuna delle quali è mai stata esposta a Milano, si trovano su grandi altari in ferro immersi nella penombra: un contesto “povero”, volto a esaltare la bellezza delle tavole policrome del maestro, con un tono grigio scuro, il colore ideale per valorizzare l’arte sotto il profilo funzionale.
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Una mostra monografica selezionata – 14 capolavori – di grande raffinatezza: Milano privilegia questa volta la qualità, un allestimento classico che valorizza le opere, con un percorso didascalico fruibile e di alto profilo. Un’occasione per focalizzare lo sguardo su una colonna della pittura italiana con una prospettiva originale: i luoghi di lavoro di Giotto che suggerisce un modo nuovo di viaggiare nel Belpaese.
Dal 2 settembre 2015 al 10 gennaio 2016 a Palazzo Reale di Milano una sequenza di capolavori assoluti per la prima volta in un'unica mostra: 14 opere dalla qualità sublime, Giotto, l’Italia che conclude il semestre Expo 2015. Al progetto – sotto l’Alto patronato del Presidente della Repubblica Italiana, promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e dal Comune di Milano – Cultura, con il patrocinio della Regione Lombardia, prodotta e organizzata da Palazzo Reale e dalla casa editrice Electa, hanno collaborato Soprintendenze, Musei italiani ed esteri e istituzioni religiose che conservano opere di Giotto.
La mostra, con allestimento di Mario Bellini, classico, elegante, volto a valorizzare l’opera giottesca e non a celebrare l’esposizione stessa, ha un motivo particolare per essere realizzata a Palazzo Reale: esso infatti ancora ingloba strutture del palazzo di Azzone Visconti, ove, negli ultimi anni della sua vita, Giotto venne a realizzare due cicli di dipinti murali, oggi perduti.
Godibile il percorso concepito per visualizzare il tragitto compiuto dall'artista fiorentino attraverso l'Italia del suo tempo in circa quaranta anni di attività. Le 14 opere, nessuna delle quali è mai stata esposta a Milano, si trovano su grandi altari in ferro immersi nella penombra: un contesto “povero”, volto a esaltare la bellezza delle tavole policrome del maestro, con un tono grigio scuro, il colore ideale per valorizzare l’arte sotto il profilo funzionale.
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"Disillusione ottica". Mostra di Marcia Xavier
Scritto da Redazione Cultura Domenica, 25 Ottobre 2015
L’Ambasciata del Brasile a Roma
Presenta
DISILLUSIONE OTTICA
Mostra di Marcia Xavier
a cura di Elisa Byington
Con installazioni di vetro e acqua che giocano con la disillusione ottica
per dissolvere le certezze della ragione
Palazzo Pamphili - Roma
30 ottobre - 27 novembre 2015
Marcia Xavier fotografa per trasformare le immagini in altra cosa, per creare un mondo proprio che non vuole riflettere quello esistente e invita l’osservatore a far parte dell’opera, che necessita della sua azione per essere rivelata: gli oggetti chiedono di essere toccati sia per il loro movimento nello spazio che per coglierne la varietà degli effetti luminosi.
Disillusione Ottica è la sua mostra ospitata presso la Galleria Candido Portinari di Palazzo Pamphili dal 30 ottobre al 27 novembre. Il titolo svela l’interesse dell’artista per le superfici acquose, specchiate e vitree, utilizzate per creare artifici ottici con cui esplorare la transitorietà delle immagini. Le variazioni infinite offerte da questi materiali sembrano dissolvere le certezze della ragione.
L’artista ha uno sguardo caleidoscopico sul mondo, dove tutto è illusorio, incerto, mutevole, e invita lo spettatore a sperimentare un tempo dilatato. All’accelerazione del mondo reale, che rigurgita immagini irriflesse, l’artista propone la lentezza contemplativa, la fruizione delicata, giocosa, soggettiva, intrasferibile.
Subito all’entrata, uno spioncino posto sulla finestra offre all’osservatore una finzione spazio-temporale: l’occhio si trova all’interno del Pantheon, sotto la sua calotta, e vede un braccio e una mano gigante. E’ quella dell’artista, metafora della sua presenza che cerca di raggiungere l’oculus centrale come se andasse a toccare il cielo.
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L’Ambasciata del Brasile a Roma
Presenta
DISILLUSIONE OTTICA
Mostra di Marcia Xavier
a cura di Elisa Byington
Con installazioni di vetro e acqua che giocano con la disillusione ottica
per dissolvere le certezze della ragione
Palazzo Pamphili - Roma
30 ottobre - 27 novembre 2015
Marcia Xavier fotografa per trasformare le immagini in altra cosa, per creare un mondo proprio che non vuole riflettere quello esistente e invita l’osservatore a far parte dell’opera, che necessita della sua azione per essere rivelata: gli oggetti chiedono di essere toccati sia per il loro movimento nello spazio che per coglierne la varietà degli effetti luminosi.
Disillusione Ottica è la sua mostra ospitata presso la Galleria Candido Portinari di Palazzo Pamphili dal 30 ottobre al 27 novembre. Il titolo svela l’interesse dell’artista per le superfici acquose, specchiate e vitree, utilizzate per creare artifici ottici con cui esplorare la transitorietà delle immagini. Le variazioni infinite offerte da questi materiali sembrano dissolvere le certezze della ragione.
L’artista ha uno sguardo caleidoscopico sul mondo, dove tutto è illusorio, incerto, mutevole, e invita lo spettatore a sperimentare un tempo dilatato. All’accelerazione del mondo reale, che rigurgita immagini irriflesse, l’artista propone la lentezza contemplativa, la fruizione delicata, giocosa, soggettiva, intrasferibile.
Subito all’entrata, uno spioncino posto sulla finestra offre all’osservatore una finzione spazio-temporale: l’occhio si trova all’interno del Pantheon, sotto la sua calotta, e vede un braccio e una mano gigante. E’ quella dell’artista, metafora della sua presenza che cerca di raggiungere l’oculus centrale come se andasse a toccare il cielo.
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“Incendi” di Wajdi Mouawad, un'odissea moderna intessuta coi fili del sangue e delle parole, al Piccolo Teatro Grassi di Milano
Scritto da Ilaria Guidantoni Sabato, 24 Ottobre 2015
“Incendi” di Wajdi Mouawad è in scena al Piccolo Teatro Grassi di Milano dal 20 al 25 ottobre, una produzione Sardegna Teatro. Il regista Guido De Monticelli e la compagnia hanno incontrato il pubblico giovedì 22 ottobre presso il Chiostro Nina Vinchi. Un appuntamento che ha ruotato intorno all’intellettuale libanese autore della pièce, fuggito con la famiglia a Parigi - dove si è formato culturalmente - e oggi residente in Quebec; la curiosità scaturisce proprio dalla sua figura di libanese migrante. Un’occasione per riflettere sulla storia contemporanea di lacerazione che diventa metafora della tragedia come dissidio storico insanabile, rappresentazione dell’uomo e della sua dialettica talora violenta in seno ai rapporti, siano essi familiari o sociali.
INCENDI
di Wajdi Mouawad
traduzione Caterina Gozzi
regia Guido De Monticelli
scene Fausto Dappiè
musiche Alessandro Olla
video Francesco Deiana
costumi Stefania Grilli
disegno luci Loïc François Hamelin
assistente alla regia Rosalba Ziccheddu
con Maria Grazia Bodio, Lia Careddu, Agnese Fois, Corrado Giannetti, Paolo Meloni, Marta Proietti Orzella, Cesare Saliu, Giorgia Senesi, Marco Spiga, Maria Grazia Sughi, Leonardo Tomasi, Luigi Tontoranelli
produzione Sardegna Teatro
sovratitolato in inglese a cura di Prescott Studio e Montclair State University, NJ, USA
nell’ambito del progetto “Tradurre voci attraverso i continenti”
"Incendi" di Wajdi Mouawad fa rivivere gli sconvolgenti orrori della guerra in Medioriente e, insieme, commuove profondamente comunicando un fortissimo senso della vita, perfino della leggerezza e dell’incanto. Ha qualcosa dell’epopea, a un tempo antichissima e modernissima, quest’opera, intessuta coi fili del sangue e delle parole che combattono e risanano: un’odissea, che Mouawad affida a due fratelli gemelli. Il loro sarà un lungo viaggio verso il mistero della loro origine.
Seconda tappa di una tetralogia intitolata Il sangue delle promesse, Incendi - da cui è stato tratto il film La donna che canta di Denis Villeneuve, violento, sottilmente violento e di grande bellezza oltre che maestria - racconta la storia di Jeanne e Simon, due giovani d’oggi che vivono a Montréal. All’apertura del testamento della madre scoprono che la donna ha lasciato loro due lettere da consegnare, una per il padre che non hanno mai conosciuto e ritenevano morto, l’altra per il fratello di cui ignoravano l’esistenza. La vicenda assume il carattere dell’inchiesta, l’inseguimento di un enigma da sciogliere, che porterà i due ragazzi a ripercorrere i sentieri di quel paese lontano, paese di guerre fratricide, sulle orme della madre e di se stessi, scoprendo una storia di torture e di violenza dal finale sconvolgente.
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“Incendi” di Wajdi Mouawad è in scena al Piccolo Teatro Grassi di Milano dal 20 al 25 ottobre, una produzione Sardegna Teatro. Il regista Guido De Monticelli e la compagnia hanno incontrato il pubblico giovedì 22 ottobre presso il Chiostro Nina Vinchi. Un appuntamento che ha ruotato intorno all’intellettuale libanese autore della pièce, fuggito con la famiglia a Parigi - dove si è formato culturalmente - e oggi residente in Quebec; la curiosità scaturisce proprio dalla sua figura di libanese migrante. Un’occasione per riflettere sulla storia contemporanea di lacerazione che diventa metafora della tragedia come dissidio storico insanabile, rappresentazione dell’uomo e della sua dialettica talora violenta in seno ai rapporti, siano essi familiari o sociali.
INCENDI
di Wajdi Mouawad
traduzione Caterina Gozzi
regia Guido De Monticelli
scene Fausto Dappiè
musiche Alessandro Olla
video Francesco Deiana
costumi Stefania Grilli
disegno luci Loïc François Hamelin
assistente alla regia Rosalba Ziccheddu
con Maria Grazia Bodio, Lia Careddu, Agnese Fois, Corrado Giannetti, Paolo Meloni, Marta Proietti Orzella, Cesare Saliu, Giorgia Senesi, Marco Spiga, Maria Grazia Sughi, Leonardo Tomasi, Luigi Tontoranelli
produzione Sardegna Teatro
sovratitolato in inglese a cura di Prescott Studio e Montclair State University, NJ, USA
nell’ambito del progetto “Tradurre voci attraverso i continenti”
"Incendi" di Wajdi Mouawad fa rivivere gli sconvolgenti orrori della guerra in Medioriente e, insieme, commuove profondamente comunicando un fortissimo senso della vita, perfino della leggerezza e dell’incanto. Ha qualcosa dell’epopea, a un tempo antichissima e modernissima, quest’opera, intessuta coi fili del sangue e delle parole che combattono e risanano: un’odissea, che Mouawad affida a due fratelli gemelli. Il loro sarà un lungo viaggio verso il mistero della loro origine.
Seconda tappa di una tetralogia intitolata Il sangue delle promesse, Incendi - da cui è stato tratto il film La donna che canta di Denis Villeneuve, violento, sottilmente violento e di grande bellezza oltre che maestria - racconta la storia di Jeanne e Simon, due giovani d’oggi che vivono a Montréal. All’apertura del testamento della madre scoprono che la donna ha lasciato loro due lettere da consegnare, una per il padre che non hanno mai conosciuto e ritenevano morto, l’altra per il fratello di cui ignoravano l’esistenza. La vicenda assume il carattere dell’inchiesta, l’inseguimento di un enigma da sciogliere, che porterà i due ragazzi a ripercorrere i sentieri di quel paese lontano, paese di guerre fratricide, sulle orme della madre e di se stessi, scoprendo una storia di torture e di violenza dal finale sconvolgente.
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Bambini a teatro, spettatori prima che attori
Scritto da Ilaria Guidantoni Domenica, 25 Ottobre 2015
Il laboratorio di teatro di Annarita Gullaci al Calabbria Teatro Festival di Castrovillari, un’occasione per formare spettatori consapevoli prima che attori in erba. Per questa attrice e insegnante il primo passo è acquisire la curiosità per il teatro come un’opportunità di formazione del sé a cominciare dalla conoscenza del proprio corpo e non tanto coltivare il sogno di calcare le scene un domani.
Come nasce l’idea di un laboratorio in un festival non dedicato ai bambini?
«Per quanto riguarda il mio laboratorio il teatro è prima di tutto un gioco. Il bambino è in primo luogo un giocatore: gioca spontaneamente al gioco del teatro, se si pensa ad esempio quando s’immedesima in oggetti, animali e personaggi… In questo gioco istintivo s’inserisce la mia “esperienza-presenza” che è quella di offrire ai bambini strumenti che li educhino all’ascolto, alla concentrazione, al ritmo, al riconoscimento delle emozioni, all’espressione del corpo, al rispetto dell’altro.»
Com’è nata la collaborazione con il festival?
«Quando Rosy Parrotta, in qualità di direttore artistico, mi ha proposto di dirigere un laboratorio che avesse come tematica quella del viaggio, mi si è illuminato lo sguardo. Mi piace considerare i miei laboratori come se fossero dei veri e propri viaggi in cui io e i bambini, insieme, esploriamo nuovi linguaggi espressivi, capaci di stuzzicare la nostra immaginazione e fantasia.»
Qual è l’elemento fondamentale che ti accompagna in questi laboratori?
«Compagna di viaggio è la musica, sempre. La musica non conosce confini: respira, colora il gesto, riempie i silenzi, crea un’ambiente, regala un’emozione, influenza il ritmo del corpo, vive ed è pura poesia. Avendo a disposizione pochi pomeriggi ho pensato di soffermarmi su quelli che a me piace considerare i primi territori da esplorare all’interno del gioco del teatro SPAZIO CORPO VOCE. Partendo da questi, il viaggio – tema di quest’anno - ha consentito ai bambini di toccare in ogni incontro, un tema diverso ma preciso, a cui ispirarsi (semini magici, folletti, marionette, fiducia, combattimento) per trasformare in azioni teatrali il loro pensiero creativo.»
Ho avuto modo, oltre che di apprezzare l’inserimento “strutturale” e non emozionale della musica, di osservare anche l’enfasi messa sulla gestualità più che sulla parola.
«Per quanto riguarda il lavoro sul gesto, un mio caro insegnante, Jean Paul Denizon ripeteva spesso che “i nostri pensieri sono fatti di carne”, intendeva dire che noi pensiamo e comunichiamo soprattutto con il nostro corpo. Insegno dunque ai miei bambini che il nostro corpo non serve solo per i movimenti funzionali ma è soprattutto uno strumento per comunicare ed esprimere emozioni, per relazionarsi nello spazio, per danzare in modo creativo e per “raccontare” e affermare la propria unicità espressiva. Una volta superata la fase di apprendimento e di allenamento, il nostro corpo sviluppa una memoria interna-autonoma. E in ogni momento si può attingere a questa grandissima risorsa.»
L'intervista integrale su Saltinaria.it
Il laboratorio di teatro di Annarita Gullaci al Calabbria Teatro Festival di Castrovillari, un’occasione per formare spettatori consapevoli prima che attori in erba. Per questa attrice e insegnante il primo passo è acquisire la curiosità per il teatro come un’opportunità di formazione del sé a cominciare dalla conoscenza del proprio corpo e non tanto coltivare il sogno di calcare le scene un domani.
Come nasce l’idea di un laboratorio in un festival non dedicato ai bambini?
«Per quanto riguarda il mio laboratorio il teatro è prima di tutto un gioco. Il bambino è in primo luogo un giocatore: gioca spontaneamente al gioco del teatro, se si pensa ad esempio quando s’immedesima in oggetti, animali e personaggi… In questo gioco istintivo s’inserisce la mia “esperienza-presenza” che è quella di offrire ai bambini strumenti che li educhino all’ascolto, alla concentrazione, al ritmo, al riconoscimento delle emozioni, all’espressione del corpo, al rispetto dell’altro.»
Com’è nata la collaborazione con il festival?
«Quando Rosy Parrotta, in qualità di direttore artistico, mi ha proposto di dirigere un laboratorio che avesse come tematica quella del viaggio, mi si è illuminato lo sguardo. Mi piace considerare i miei laboratori come se fossero dei veri e propri viaggi in cui io e i bambini, insieme, esploriamo nuovi linguaggi espressivi, capaci di stuzzicare la nostra immaginazione e fantasia.»
Qual è l’elemento fondamentale che ti accompagna in questi laboratori?
«Compagna di viaggio è la musica, sempre. La musica non conosce confini: respira, colora il gesto, riempie i silenzi, crea un’ambiente, regala un’emozione, influenza il ritmo del corpo, vive ed è pura poesia. Avendo a disposizione pochi pomeriggi ho pensato di soffermarmi su quelli che a me piace considerare i primi territori da esplorare all’interno del gioco del teatro SPAZIO CORPO VOCE. Partendo da questi, il viaggio – tema di quest’anno - ha consentito ai bambini di toccare in ogni incontro, un tema diverso ma preciso, a cui ispirarsi (semini magici, folletti, marionette, fiducia, combattimento) per trasformare in azioni teatrali il loro pensiero creativo.»
Ho avuto modo, oltre che di apprezzare l’inserimento “strutturale” e non emozionale della musica, di osservare anche l’enfasi messa sulla gestualità più che sulla parola.
«Per quanto riguarda il lavoro sul gesto, un mio caro insegnante, Jean Paul Denizon ripeteva spesso che “i nostri pensieri sono fatti di carne”, intendeva dire che noi pensiamo e comunichiamo soprattutto con il nostro corpo. Insegno dunque ai miei bambini che il nostro corpo non serve solo per i movimenti funzionali ma è soprattutto uno strumento per comunicare ed esprimere emozioni, per relazionarsi nello spazio, per danzare in modo creativo e per “raccontare” e affermare la propria unicità espressiva. Una volta superata la fase di apprendimento e di allenamento, il nostro corpo sviluppa una memoria interna-autonoma. E in ogni momento si può attingere a questa grandissima risorsa.»
L'intervista integrale su Saltinaria.it
RED DRAGON- FLY per Land Art Campi Flegrei 2015
Il progetto Libellula Rossa – una grande creatura con un’apertura alare di circa tre metri, posizionata sul bordo della riva del Lago d’Averno - è all’interno della manifestazione Land Art Campi Flegrei 2015 Monte Nuovo Lago d’Averno che prosegue fino al 3 novembre prossimo. Il 17 ottobre scorso si è esibita l’Associazione Artistica e Culturale "Experart", presieduta da Flora Rucco – con altri progettisti, rispettivamente, Ermelinda Ponticiello, Giusy Giustino, Luciano Romualdo. Alla performance hanno partecipato anche i poeti Flora Rucco, Marianna Cossentino, Nicla Cimmino e Gaetano Napolitano, con la partecipazione straordinaria di Teresa Turco e la piccola Alessandra Cilento.
Un corteo di donne e poeti si sono incamminati sui bordi del lago danzando fino alla gigantesca Libellula rossa ... per visualizzare gli stadi di crescita e nascita della Bellezza, dalla gestazione alle uova, dalle uova alla larva.. dalla larva fino alla libellula adulta... che, infine, si libra e danza nell'aria. La libellula, collegata alla magia e all'illusione per via del suo corpo cangiante ci insegna che la realtà in verità non è reale e per questo dobbiamo apprezzare il dono del sacro "sogno" come anche gli aborigeni australiani lo chiamano, dobbiamo superare le illusioni sulle quali fondiamo la nostra vita per poter percepire la verità nelle cose di tutti i giorni. La libellula, creatura del vento, trasparente e leggiadra, simboleggia infatti il cambiamento e l’illusione. Le sue ali iridescenti ci ricordano tempi e mondi magici, rendendoci coscienti del fatto che la realtà di questo mondo è solo un'apparenza. Nulla è in realtà come ci appare e che dobbiamo sforzarci di liberarci dalle illusioni dei nostri sensi. La libellula viene associata, infine, alla creatività, alla bellezza delle piccole creature, e a chi affronta la vita con naturalezza, spontaneità e la convinzione di riuscire a costruire un giusto equilibrio con l’ambiente circostante.
Un corteo di donne e poeti si sono incamminati sui bordi del lago danzando fino alla gigantesca Libellula rossa ... per visualizzare gli stadi di crescita e nascita della Bellezza, dalla gestazione alle uova, dalle uova alla larva.. dalla larva fino alla libellula adulta... che, infine, si libra e danza nell'aria. La libellula, collegata alla magia e all'illusione per via del suo corpo cangiante ci insegna che la realtà in verità non è reale e per questo dobbiamo apprezzare il dono del sacro "sogno" come anche gli aborigeni australiani lo chiamano, dobbiamo superare le illusioni sulle quali fondiamo la nostra vita per poter percepire la verità nelle cose di tutti i giorni. La libellula, creatura del vento, trasparente e leggiadra, simboleggia infatti il cambiamento e l’illusione. Le sue ali iridescenti ci ricordano tempi e mondi magici, rendendoci coscienti del fatto che la realtà di questo mondo è solo un'apparenza. Nulla è in realtà come ci appare e che dobbiamo sforzarci di liberarci dalle illusioni dei nostri sensi. La libellula viene associata, infine, alla creatività, alla bellezza delle piccole creature, e a chi affronta la vita con naturalezza, spontaneità e la convinzione di riuscire a costruire un giusto equilibrio con l’ambiente circostante.
Mirko Marsiglia
Nato a Palermo nel 1977, di madre catanese e padre palermitano, vive a Palermo i primi 25 anni di vita, ha vissuto anche a Milano e in spola tra Genova e Sardegna per un periodo di tempo limitato, per poi trasferirsi ed essere adottato dalla splendida città di Ragusa (luogo di residenza della madre e dei nonni da sempre) dove tuttora risiede portando avanti i suoi progetti professionali e le sue ispirazioni musicali.
Cantautore, autore, paroliere, direttore artistico, insegnante di canto moderno e chitarra classica/acustica.
E’ il presidente e fondatore della Horus Music Academy di Ragusa.
“Ho aperto qualche tempo fa, così per gioco, una rubrica su facebook, intitolata ironicamente Cantautore Stolto, uno spazio di condivisione personale senza nessuna pretesa, dove spiego i contenuti dei miei brani…inspiegabilmente ha fatto il giro dell’Italia, arrivando fino anche in America, Venezuela e Australia, dove qualche brano passa in radio nazionale….la rubrica segna fino a 8.000 visite circa la settimana e cresce ogni mese.”
Nutre un’importante collaborazione professionale a Roma con Terre Sommerse, del produttore Fabio Furnari, la stessa casa discografica che ha partecipato alla realizzazione dell’ultimo album di grande successo di Amedeo Minghi.
Classificato al 2° posto del Premio Città di Ragusa nell’estate del 2014, in collaborazione con il prestigioso premio Ragusani Nel Mondo alla sua XX° edizione, nella figura del presidente dell’associazione Franco Antoci e del direttore del premio, Sebastiano D’angelo.
“Il premio città di Ragusa è stato indetto come riconoscimento di merito a chi ha valorizzato il prestigio della città, promuovendo il proprio talento a livello locale, nazionale e internazionale con risultati meritevoli di un riconoscimento speciale da parte di tutta la comunità ragusana.”
Scrive la canzone “La verità oltre le nuvole”, come soundtrack della colonna sonora del film in lavorazione dall’omonimo titolo.
Ospite a Bologna, nel luglio del 2015, presso varie emittenti televisive e radiofoniche, tra cui la stessa fondata da Vasco Rossi, convincendo il pubblico in ascolto con il brano di denuncia “Quanto vale l’amore” e la sua storia singolare di forza d’animo di un cantautore che si è fatto con le sue sole mani. Viene ospitato dalla celebre Umberta Conti all’interno del suo programma televisivo per una lunga intervista in cui il cantautore oltre racconterà la sua storia personale e farà ascoltare in anteprima nazionale “Ballata di un sogno breve”, un brano di denuncia sociale che parla di una storia di abuso e ingiustizia ambientata in Iran e ispirata a una storia vera.
E' tornato il 14 Ottobre 2015 sul palco del festival più ambito dell’Emilia Romagna, a Ozzano dell’Emilia, ideato e diretto dalla stessa Umberta Conti per L’Istituto Ramazzini di Bologna per la ricerca sul cancro. Insieme ad altri grandi artisti presenti per l’evento benefico come Dodi Battaglia dei Pooh, Andrea Mingardi, Marco Morandi, Marco Ligabue, la soprano Benedetta Kim, Eraldo Turra dei Gemelli Ruggeri da Zelig, Paolo Mengoli, l’amico del cantautore Mauro Bertoli co-fondatore dei Pooh, il direttore d’orchestra Fio Zanotti, la corista del grande Lucio Dalla Iskra Menarini e altri grandi artisti. Mirko ha aperto la sua esibizione proprio con con un omaggio a Lucio Dalla e Gianni Morandi, Vita, applauditissimo il brano scritto da Mogol e Lavezzi. Proseguirà con un suo inedito di matrice filosofica intitolato “Il volo”, un brano che parla della trasmigrazione dell’anima che riscuoterà il favore delle migliaia di persone accorse all’evento, con un lungo e scrosciante plauso. Il brano è stato arrangiato dal noto compositore ragusano Marco Cascone, realizzatore della colonna sonora del film “Italo”, uscito nelle sale italiane nel 2015 e premiato come primo film per le presenze in sold out in tutte le sale cinematografiche italiane.
Grande successo di pubblico anche per lo spettacolo Voci Iblee alla sua terza edizione, di cui Marsiglia è l’ideatore e il direttore artistico. Voci Iblee, come anche gli altri spettacoli del cantautore, vantano ad oggi un vasto consenso di pubblico che gremisce ogni teatro in cui il cantautore stesso rappresenti qualcosa di artistico da condividere. La città di Ragusa lo sostiene come artista in ogni suo passo, dimostrando grande senso di appartenenza e orgoglio all’autore che si fa strada verso il successo, anno dopo anno, traguardo dopo traguardo. Mirko ha sicuramente un grande legame con la sua Ragusa, da cui non si è mai allontanato, portando avanti proprio da lì i suoi progetti più importanti anche a distanza, compiendo innumerevoli sacrifici e spostamenti. E’ questo il segno di affetto e vicinanza che vuole trasmettere ai suoi conterranei, come farebbe ogni buon siciliano innamorato della sua terra e del suo magnetismo, ma anche come esempio da trasmettere ai giovani che si affacciano alle difficoltà della vita.
Ha partecipato come comparsa alle serie televisive di successo mondiale “Il commissario Montalbano” e “il giovane Montalbano” liberamente tratta e ispirata ai celebri romanzi di Camilleri.
Nel Marzo del 2015, riceve un riconoscimento dalla regione Sicilia, per l’impegno nel sociale e la musica d’autore impegnata.
Partecipa, nel settembre 2015, alle riprese del film “Quel bravo ragazzo”, film ironico girato nel ragusano, ha come protagonista principale Herbert Ballerina (Luigi Luciano). Accanto a lui ci sono Tony Sperandeo, Ninni Bruschetta, Enrico Loverso, Nino Frassica e Barbara Tabita. La regia e’ di Enrico Lando e il film e’ prodotto dalla Lotus. Herbert, il protagonista, si ritroverà a capo della mafia locale, sempre con sguardo disincantato e ingenuo. Il finale e’ già annunciato: L’ignaro e puro Herbert sarà la rovina della “famiglia” che da potente clan locale si ritroverà in manette a causa del protagonista.
Collabora alla realizzazione di inediti e rielaborazione di testi, ispirati a poesie e storie per poeti e scrittori, di cui l’ultimo brano di grande riscontro “Sui prati di pace (esisto)”, ispirato a una poesia della scrittrice C. Rollo.
www.mirkomarsiglia.it
Cantautore, autore, paroliere, direttore artistico, insegnante di canto moderno e chitarra classica/acustica.
E’ il presidente e fondatore della Horus Music Academy di Ragusa.
“Ho aperto qualche tempo fa, così per gioco, una rubrica su facebook, intitolata ironicamente Cantautore Stolto, uno spazio di condivisione personale senza nessuna pretesa, dove spiego i contenuti dei miei brani…inspiegabilmente ha fatto il giro dell’Italia, arrivando fino anche in America, Venezuela e Australia, dove qualche brano passa in radio nazionale….la rubrica segna fino a 8.000 visite circa la settimana e cresce ogni mese.”
Nutre un’importante collaborazione professionale a Roma con Terre Sommerse, del produttore Fabio Furnari, la stessa casa discografica che ha partecipato alla realizzazione dell’ultimo album di grande successo di Amedeo Minghi.
Classificato al 2° posto del Premio Città di Ragusa nell’estate del 2014, in collaborazione con il prestigioso premio Ragusani Nel Mondo alla sua XX° edizione, nella figura del presidente dell’associazione Franco Antoci e del direttore del premio, Sebastiano D’angelo.
“Il premio città di Ragusa è stato indetto come riconoscimento di merito a chi ha valorizzato il prestigio della città, promuovendo il proprio talento a livello locale, nazionale e internazionale con risultati meritevoli di un riconoscimento speciale da parte di tutta la comunità ragusana.”
Scrive la canzone “La verità oltre le nuvole”, come soundtrack della colonna sonora del film in lavorazione dall’omonimo titolo.
Ospite a Bologna, nel luglio del 2015, presso varie emittenti televisive e radiofoniche, tra cui la stessa fondata da Vasco Rossi, convincendo il pubblico in ascolto con il brano di denuncia “Quanto vale l’amore” e la sua storia singolare di forza d’animo di un cantautore che si è fatto con le sue sole mani. Viene ospitato dalla celebre Umberta Conti all’interno del suo programma televisivo per una lunga intervista in cui il cantautore oltre racconterà la sua storia personale e farà ascoltare in anteprima nazionale “Ballata di un sogno breve”, un brano di denuncia sociale che parla di una storia di abuso e ingiustizia ambientata in Iran e ispirata a una storia vera.
E' tornato il 14 Ottobre 2015 sul palco del festival più ambito dell’Emilia Romagna, a Ozzano dell’Emilia, ideato e diretto dalla stessa Umberta Conti per L’Istituto Ramazzini di Bologna per la ricerca sul cancro. Insieme ad altri grandi artisti presenti per l’evento benefico come Dodi Battaglia dei Pooh, Andrea Mingardi, Marco Morandi, Marco Ligabue, la soprano Benedetta Kim, Eraldo Turra dei Gemelli Ruggeri da Zelig, Paolo Mengoli, l’amico del cantautore Mauro Bertoli co-fondatore dei Pooh, il direttore d’orchestra Fio Zanotti, la corista del grande Lucio Dalla Iskra Menarini e altri grandi artisti. Mirko ha aperto la sua esibizione proprio con con un omaggio a Lucio Dalla e Gianni Morandi, Vita, applauditissimo il brano scritto da Mogol e Lavezzi. Proseguirà con un suo inedito di matrice filosofica intitolato “Il volo”, un brano che parla della trasmigrazione dell’anima che riscuoterà il favore delle migliaia di persone accorse all’evento, con un lungo e scrosciante plauso. Il brano è stato arrangiato dal noto compositore ragusano Marco Cascone, realizzatore della colonna sonora del film “Italo”, uscito nelle sale italiane nel 2015 e premiato come primo film per le presenze in sold out in tutte le sale cinematografiche italiane.
Grande successo di pubblico anche per lo spettacolo Voci Iblee alla sua terza edizione, di cui Marsiglia è l’ideatore e il direttore artistico. Voci Iblee, come anche gli altri spettacoli del cantautore, vantano ad oggi un vasto consenso di pubblico che gremisce ogni teatro in cui il cantautore stesso rappresenti qualcosa di artistico da condividere. La città di Ragusa lo sostiene come artista in ogni suo passo, dimostrando grande senso di appartenenza e orgoglio all’autore che si fa strada verso il successo, anno dopo anno, traguardo dopo traguardo. Mirko ha sicuramente un grande legame con la sua Ragusa, da cui non si è mai allontanato, portando avanti proprio da lì i suoi progetti più importanti anche a distanza, compiendo innumerevoli sacrifici e spostamenti. E’ questo il segno di affetto e vicinanza che vuole trasmettere ai suoi conterranei, come farebbe ogni buon siciliano innamorato della sua terra e del suo magnetismo, ma anche come esempio da trasmettere ai giovani che si affacciano alle difficoltà della vita.
Ha partecipato come comparsa alle serie televisive di successo mondiale “Il commissario Montalbano” e “il giovane Montalbano” liberamente tratta e ispirata ai celebri romanzi di Camilleri.
Nel Marzo del 2015, riceve un riconoscimento dalla regione Sicilia, per l’impegno nel sociale e la musica d’autore impegnata.
Partecipa, nel settembre 2015, alle riprese del film “Quel bravo ragazzo”, film ironico girato nel ragusano, ha come protagonista principale Herbert Ballerina (Luigi Luciano). Accanto a lui ci sono Tony Sperandeo, Ninni Bruschetta, Enrico Loverso, Nino Frassica e Barbara Tabita. La regia e’ di Enrico Lando e il film e’ prodotto dalla Lotus. Herbert, il protagonista, si ritroverà a capo della mafia locale, sempre con sguardo disincantato e ingenuo. Il finale e’ già annunciato: L’ignaro e puro Herbert sarà la rovina della “famiglia” che da potente clan locale si ritroverà in manette a causa del protagonista.
Collabora alla realizzazione di inediti e rielaborazione di testi, ispirati a poesie e storie per poeti e scrittori, di cui l’ultimo brano di grande riscontro “Sui prati di pace (esisto)”, ispirato a una poesia della scrittrice C. Rollo.
www.mirkomarsiglia.it
I Blues - Teatro Sala Umberto (Roma)
Scritto da Ilaria Guidantoni Mercoledì, 21 Ottobre 2015
Frammenti senza soluzione di continuità di donne, ferite, negate che formano un mosaico della condizione femminile che potrebbero essere fasi e aspetti della stessa persona. La protagonista fa da filo conduttore e tessitrice insieme all’autore restituendo un vissuto, più che una semplice interpretazione. Elena Sofia Ricci porta in scena Tennessee Williams, con la regia di Armando Pugliese, dal 20 ottobre all'8 novembre.
Teatro Sala Umberto presenta
Elena Sofia Ricci in
I BLUES
di Tennessee Williams
regia di Armando Pugliese
Ritratto di Madonna, 27 vagoni di cotone, Proibito vengono presentati per speciale concessione della University of the South, Sewanee, Tennessee
Elena Sofia Ricci ha amato Tennessee Williams e ha desiderato a lungo interpretarlo. Indubbiamente lo si avverte perché, prima di un’interpretazione, "I Blues" è una riscrittura anche nella restituzione scenica. Tre momenti e tre lati, storie della condizione femminile che hanno in comune la perdita da perdizione, come avrebbe detto Marguerite Duras e come in qualche modo ha scritto in Les yeux bleus, les cheveux noirs - tradotto in Occhi blu, capelli neri - che indica come in questo mondo la donna è dimenticata, e lo è quasi sempre da uomini amati per forza o con il cuore.
Sono come tre quadri di un’esposizione che il vestito rosso del primo e dell’ultimo episodio contribuisce a legare, chiudendo il cerchio. Il primo affresco racconta l’adolescenza perduta per incarnare il fantasma della sorella morta, della quale assume quasi le sembianze, dai vestiti ai fidanzati, in un amore malato e fusionale, incapace di sopravvivere senza l’inganno della finzione.
La recensione integrale su Saltinaria.it
Frammenti senza soluzione di continuità di donne, ferite, negate che formano un mosaico della condizione femminile che potrebbero essere fasi e aspetti della stessa persona. La protagonista fa da filo conduttore e tessitrice insieme all’autore restituendo un vissuto, più che una semplice interpretazione. Elena Sofia Ricci porta in scena Tennessee Williams, con la regia di Armando Pugliese, dal 20 ottobre all'8 novembre.
Teatro Sala Umberto presenta
Elena Sofia Ricci in
I BLUES
di Tennessee Williams
regia di Armando Pugliese
Ritratto di Madonna, 27 vagoni di cotone, Proibito vengono presentati per speciale concessione della University of the South, Sewanee, Tennessee
Elena Sofia Ricci ha amato Tennessee Williams e ha desiderato a lungo interpretarlo. Indubbiamente lo si avverte perché, prima di un’interpretazione, "I Blues" è una riscrittura anche nella restituzione scenica. Tre momenti e tre lati, storie della condizione femminile che hanno in comune la perdita da perdizione, come avrebbe detto Marguerite Duras e come in qualche modo ha scritto in Les yeux bleus, les cheveux noirs - tradotto in Occhi blu, capelli neri - che indica come in questo mondo la donna è dimenticata, e lo è quasi sempre da uomini amati per forza o con il cuore.
Sono come tre quadri di un’esposizione che il vestito rosso del primo e dell’ultimo episodio contribuisce a legare, chiudendo il cerchio. Il primo affresco racconta l’adolescenza perduta per incarnare il fantasma della sorella morta, della quale assume quasi le sembianze, dai vestiti ai fidanzati, in un amore malato e fusionale, incapace di sopravvivere senza l’inganno della finzione.
La recensione integrale su Saltinaria.it
IL SANGUE DELLE DONNE - Fino al 13 novembre a Roma
Tracce di rosso sul panno bianco
da un’idea di Manuela De Leonardis
a cura di Manuela De Leonardis e Rossella Alessandrucci
Casa Internazionale delle Donne | Roma
inaugurazione venerdì 30 ottobre 2015 ore 18:00
la mostra prosegue fino al 13 novembre
LaStellina ArteContemporanea presenta, presso la Casa Internazionale delle Donne di Roma, la mostra collettiva Il sangue delle donne. Tracce di rosso sul panno bianco, un progetto artistico a cura di Manuela De Leonardis e Rossella Alessandrucci nato dal ritrovamento casuale dei “panni di lino” che, fino alla metà del Novecento, venivano usati dalle donne durante il ciclo mestruale.
I pannolini sono stati consegnati a quattordici artiste internazionali: Alessandra Baldoni, Rita Boini, Giovanna Caimmi, Maïmouna Guerresi, Susan Harbage Page, Silvia Levenson, Anja Luithle, Patrizia Molinari, Elly Nagaoka, Sonya Orfalian, Ivana Spinelli, Paola Romoli Venturi, Virginia Ryan, Ketty Tagliatti.
Le artiste hanno usato il linguaggio a loro più congeniale per indagare i molteplici aspetti storici, sociali,
Sangue su pannolino di cotone |
I loro lavori sono pagine di un diario intimo che parla di vissuti personali o sollecita la memoria facendo riaffiorare dall’oblio personaggi del passato che trovano una loro ricollocazione nel presente. Storie anonime, storie conosciute, storie di ordinaria quotidianità, raccontate in prima persona con onestà e coerenza, senza sbavature emotive, ricorrendo talvolta alla metafora, al potere dell’ironia, alla dimensione della poesia.
Il sangue è certamente un soggetto ricorrente dell’arte contemporanea, accanto ad altri fluidi corporali come lacrime, sudore, urina, saliva, sperma. Ma se il sangue maschile rappresenta il coraggio, quello femminile implica vergogna, tanto più quando è sangue mestruale. Partendo da questa consapevolezza le artiste contemporanee recuperano istanze femministe dando una forte valenza contestataria ai loro lavori, perché il corpo femminile è il primo luogo della lotta sociale e politica per l’affermazione dei diritti.
Il sangue delle donne. Tracce di rosso sul panno bianco intende celebrare un evento che si perpetra dall’origine del mondo con l’obiettivo di riuscire a trasformare in entusiasmo e vitalità ogni traccia di disprezzo del corpo femminile.
La mostra è accompagnata da una pubblicazione con testi delle curatrici, delle artiste, dello psicanalista junghiano Alberto Massarelli e una poesia di Tomaso Binga.
Domenica 8 novembre sarà offerto un Red Brunch dalle ore 11:00
Informazioni
Dal 30 ottobre al 13 novembre 2015
Il sangue delle donne. Tracce di rosso sul panno bianco
Alessandra Baldoni | Rita Boini | Giovanna Caimmi | Maïmouna Guerresi | Susan Harbage Page | Silvia Levenson | Anja Luithle | Patrizia Molinari | Elly Nagaoka | Sonya Orfalian | Paola Romoli Venturi | Virginia Ryan | Ivana Spinelli | Ketty Tagliatti
da un’idea di Manuela De Leonardis
a cura di Manuela De Leonardis e Rossella Alessandrucci
orari: lunedì – venerdì ore 16:00 - 20:00 e su appuntamento
Organizzazione: associazione culturale La Stellina
www.lastellinaartecontemporanea.com
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