mercoledì 18 marzo 2015

"Armenia. Il popolo dell’arca". Complesso del Vittoriano, Roma

Ilaria Guidantoni, 15 Marzo 2015

In occasione dei 100 anni dal brutale genocidio, dal 6 marzo al 3 maggio 2015 al Vittoriano la cultura armena si mette in mostra.

Una piccola mostra per dare un assaggio di un grande popolo dimenticato anche nel dolore. Pochi pezzi preziosi e forse il bisogno di una ricostruzione, non solo storica, quanto di ambientazione.
Gli anniversari e le ricorrenze non restituiscono la totalità, ma sono una scusa e uno stimolo per portare alla luce un argomento, un personaggio e, in questo caso, un popolo, quello armeno. Una cultura ricca e un perno, quello cristiano, intorno al quale ha ruotato la sua identità per molto tempo, dopo la diaspora. Nel centenario di un genocidio quasi misconosciuto una mostra apre le porte su questa civiltà.
Con l’obiettivo di coinvolgere il pubblico italiano e internazionale in una suggestiva esperienza di esplorazione della ricca cultura armena, la mostra “Armenia. Il popolo dell’Arca” è stata allestita dal 6 marzo al 3 maggio nel Salone Centrale del Complesso del Vittoriano in occasione del Centenario della commemorazione del Genocidio armeno ed è promossa dal Ministero della Cultura armeno, dall’Ambasciata della Repubblica d’Armenia in Italia e dall’Ambasciata della Repubblica d’Armenia presso la Santa Sede e SMOM, in collaborazione con la Congregazione Armena Mechitarista.
L’esposizione si presenta al pubblico come un lungo viaggio a ritroso nei contributi, nelle contaminazioni e nel patrimonio di una popolazione sfregiata dall’oblio.
Se narrare la storia di una qualsiasi popolazione appare come un progetto assai complesso, raccontare il destino, la cultura e il coraggio del popolo armeno pare un proposito nettamente più arduo: con quest’idea l’esposizione Armenia – Il popolo dell’Arca si pone come obiettivo quello di ripercorrere i secoli che hanno portato alla nascita, allo sviluppo e al triste destino la popolazione del Monte Ararat e della vicenda dell’Arca di Noè.

La recensione integrale su Saltinaria.it

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