Sabato, 22 Febbraio 2014 Ilaria Guidantoni
Dal 13 febbraio al 9 marzo. Abbandonate la storia, non cercatene la trama ma lo spirito, l’ironia graffiante, il bisogno di saltare le convenzioni. E’ un vero d’après originale e arguto da Pirandello. Basta lasciarsi andare alla suggestione e lasciarsi guidare nei meandri di una storia come fosse la prima volta. E’ una struttura ben congegnata, articolata con guizzi. Interessante il punto di vista, come una ricostruzione tra il giornalistico e il giudiziario, che nulla toglie anzi rafforza la vivacità dell’interpretazione. Bravi gli attori che sembrano sinceramente divertiti nella maggior parte dei casi e di cui si conferma anche in questa circostanza il talento, già apprezzato in numerose altre produzioni.
Produzione Teatro Filodrammatici presenta
MATTIA: a life-changing experience
ispirato a Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello
di Bruno Fornasari
con Tommaso Amadio, Marta Belloni, Matthieu Pastore, Valeria Perdonò, Michele Radice
scene e costumi Erika Carretta
disegno luci Enrico Fiorentino
suono Andrea Diana
regia Bruno Fornasari
Giovedì 13 febbraio ha debuttato al Teatro Filodrammatici di Milano in prima nazionale "Mattia: a life-changing experience". Lo spettacolo, ispirato a "Il fu Mattia Pasca" di Luigi Pirandello, scritto e diretto da Bruno Fornasari, che ha partecipato a NEXT – laboratorio delle idee 2013 della Regione Lombardia, rimarrà in scena fino al 9 marzo.
Se all'inizio del secolo scorso Pirandello ci raccontava la storia di un uomo che, grazie a una serie di coincidenze, ritrovava una nuova identità e una nuova vita, oggi le cose sembrano molto diverse. Il tema del ricostruirsi un'esistenza nuova di zecca resta attuale come allora, ma i Mattia Pascal di oggi scompaiono senza lasciare tracce, pianificando con cura la propria fuga e creandosi una nuova identità. Gli esperti li chiamano runaway, un fenomeno in crescita anche nel nostro paese. In un mondo che diventa sempre più piccolo, complice la tecnologia, le tecniche per rintracciare le persone si affinano e sparire diviene sempre più difficile.
La pièce è una riflessione su come vediamo la famiglia, sul bisogno o la tentazione di fuggire per non affrontare quel grigiore che spesso diventa il colore di un matrimonio consumato. La trovata della foto di famiglia, finta ovviamente, con il pubblico, è insolita e divertente. Gli spettatori sono catapultati, data anche l’attualità del contesto, e costretti a pensare che ‘potrebbe succedere anche a me o, peggio, a chi mi sta vicino e non più accanto’. Essere a fianco di una persona infatti è diverso che starle semplicemente vicino. Il primo caso segna l’intimità che tra marito e moglie ad un certo punto si perde, nel caso della storia, per ridursi ad essere solamente dei vicini costretti nella stessa casa.
La recensione integrale su Saltinaria.it
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