Venerdì, 07 Febbraio 2014 Ilaria Guidantoni
“Sotto una buona stella”, l’ultimo film di Carlo Verdone è una metafora come il suo titolo per raccontare la Roma di oggi, città amata dal regista anche nella delusione della sciatteria: è un allarme lanciato sulla famiglia che va in frantumi e un invito ai giovani a uscire dall’indifferenza pur con un sorriso, con l’ironia. Terzo appuntamento dell’VIII edizione de’ Il gioco serio dell’arte, diretto da Massimiliano Finazzer Flory, che dialoga attraverso i secoli e tra le arti per raccontarci come la pittura nei secoli abbia anticipato in parte il cinema e la sua funzione sociale.
Il gioco serio dell’arte, un’iniziativa del Gioco del lotto-Lottomatica, giunta all’VIII edizione e diretta da Massimiliano Finazzer Flory, è alla terza puntata e ha incontrato Carlo Verdone, dopo Paolo Sorrentino e Gabriele Salvatores, alla vigilia dell’uscita del nuovo film “Sotto una buona stella” con Paola Cortellesi, prodotto da De Laurentiis. L’incontro, svoltosi nella cornice della Galleria Nazionale di Arte Antica a Palazzo Barberini, è stato l’occasione per ripercorrere la storia dell’attore e regista romano e insieme oltre trent’anni di storia di questa città, attraverso i suoi personaggi. “Roma - ha raccontato Carlo Verdone - non mi ha deluso, resta la mia città del cuore, ma sono deluso da chi avrebbe dovuto gestirla e l’ha invece ridotta sciatta e cafona. Bisognerebbe fare meno eventi e più interventi, a cominciare dal miglioramento delle strade dove le buche sono diventate un’emergenza - lo dico da motociclista - tanto che Roma non è più una grande città ma soltanto una città grande”. Comincia così la conversazione con il coatto di “Un sacco bello” del 1979 che con assist del conduttore sottolinea la responsabilità del fare cinema rispetto ad altre forme di arte, come la pittura, perché lo spettatore paga per vedere un film e non solo se sceglie di comprare un’opera. A Roma poi l’impegno è anche di cura dei luoghi che hanno dato al cinema una statura internazionale e un valore anche economico notevole come Cinecittà, che non deve restare un semplice mausoleo della settima arte, ma un esempio di creatività produttiva italiana.
Scendendo nel dettaglio dell’arte, ha chiesto Finazzer, quale sia il rapporto tra scrittura, regia e resa scenica. “Un rapporto di armonia che lascia spazio alla creatività, ha sottolineato Verdone, frutto della spontaneità delle riprese e del rapporto con gli attori. Ricordo, ad esempio, in “Viaggi di nozze”, in uno degli episodi di Ivano e Jessica quando sono al roof di un hotel fiorentino. La vista era spettacolare, dalla personificazione di Giotto ad altro ancora. A quel punto sono salito sul tavolino e ho detto che era proprio una città vecchia dove all’orizzonte non riuscivo a vedere lo stadio. E’ nata così la battuta, dal gioco del momento, e l’abbiamo inserita nella scrittura.
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