Scritto da Ilaria Guidantoni Giovedì, 10 Settembre 2015
Una rappresentazione pop ispirata alla pubblicità e al design
L’Expo di Milano è certamente l’evento dell’anno, non solo per la città e per l’Italia, tra entusiasti, detrattori e curiosi. Sicuramente è un appuntamento che un cittadino italiano non può mancare perché comunque ha un senso dire “c’ero anch’io” e in ogni caso stare dentro le cose è sempre uno sguardo in più del sentito dire. Proprio di uno sguardo si tratta perché non ho scelto di dedicarmi a questo appuntamento per visitare il più possibile ma di viverlo, andando a zonzo e assaggiandolo. Era lo spirito che mi interessava cogliere. Per il resto è stato scritto, detto e mostrato di tutto e di più.Ci sono solo due alternative a mio avviso per scriverne: un’analisi approfondita e accurata, descrittiva, di tipo enciclopedico, o il racconto in presa diretta dell’aria che si respira. Sono andata cercando di non avere aspettative, pensando che non potevo disertarlo ma senza eccessiva curiosità, aspettative o pregiudizi.
Gli Expo nascono a metà del secolo scorso, a Londra nel 1851, con l’idea di mettere in mostra l’idea stessa di civiltà com’è il caso dell’Exposition Universelle di Parigi nel 1899 quando la Tour Eiffel diventa un monumento simbolo che non connota più la sola città o la Francia. L’Expo milanese ha il suo simbolo nell’albero della vita e il tema del cibo con una nota ecocompatibile, improntata alla responsabilità sociale in merito alla nutrizione come diritto universale di vita. Idea innovativa che prende forma in chiave popolare, con la voglia di creare un momento ricreativo soprattutto rivolto a giovani, a famiglie, un punto di incontro e un “inno alla gioia” del vivere in un mondo “più sano e più bello”. Lo spunto è di grande attualità nonché originale seppure declinato come uno slogan pubblicitario. In sintesi l’Expo è una passeggiata nel marketing internazionale che racconta secondo gli stili dei vari paesi l’attenzione all’ambiente come sorgente di nutrimento così ad esempio nel padiglione del Bahrein si snoda un sentiero tra gli alberi sacri all’Islam, la palma, il fico, la vite, l’ulivo e il melograno; e quello degli Emirati Arabi, a firma di Norman Foster, interamente smontabile – che sarà rimontato nel 2020 a Dubai – come dune del deserto traccia il problema centrale di quell’area: l’approvvigionamento idrico e il bisogno crescente a livello esponenziale di energia.
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