lunedì 22 dicembre 2014

"Una storia sociale del Jazz" di Gildo De Stefano

Scritto da  Redazione Cultura Venerdì, 19 Dicembre 2014

Per l'ultimo libro del noto musicologo Gildo De Stefano si è scomodato addirittura uno dei più autorevoli pensatori (se non il più grande a dire del web) ed emerito sociologo pluri-insignito del pianeta, Zygmunt Bauman, che nei suoi ultimi lavori ha inteso spiegare la postmodernità usando le metafore di modernità liquida e solida.

Scrive il pensatore di Leeds: “Quando De Stefano mi ha proposto di redigere qualche riga per introdurre questo suo saggio sociologico sulla musica jazz”, “adducendo che - nonostante l'argomento apparentemente 'leggero' - altri illustri studiosi in passato, quali il mio compianto amico Eric J. Hobsbawm, si erano interessati ad esso, ho chiarito all'autore che, a differenza di me, l'amico Hobsbawm aveva speso migliaia di ore ascoltando dischi di jazz e migliaia di notti trascorse nei jazz-club, acquisendo incomparabilmente una cospicua cultura jazzistica forse superiore alla maggior parte di musicologi e critici musicali che sono in giro. Certamente Hobsbawm amava, sentiva, e capiva di jazz in modo più intenso di tutti (o quasi) questi messi assieme. Ahimè, se paragonato a lui raggiungerei a stento la sua caviglia. Insomma, avevo riferito a De Stefano che non ero all'altezza del compito e, scegliendo la mia introduzione per il suo libro, gli avrei fatto più danni che benefici. Tuttavia, constatando la pervicace e coinvolgente passione musicale di questo sociologo italiano, nonché le sue opere saggistiche di stampo musicologico, ho cercato di rintracciare nei miei scritti, qualcosa che potesse essere utile alla sua causa”.

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