Scritto da Ilaria Guidantoni Martedì, 22 Dicembre 2015
Dal 22 dicembre al 3 gennaio. Un grande istrione, una forte versatilità che ha la docilità dell’apparire spontanea, come di chi ha masticato tanto palcoscenico. Sul palco è re, un tantino ammiccante, con qualche tentazione amarcord verso la fine, molta poesia all’inizio e la capacità di essere un artista a tutto tondo. Il finale chiude con il senso del teatro per Luca Barbareschi: la capacità di leggere la musica sul pentagramma, di mettere insieme poesia e matematica è il dono più bello che racconta di aver ricevuto da Dio. Sulla scena traduce la musica in storia e raccontando invenzioni svela la realtà, sentendosi più grande e al sicuro. La sua storia è un intreccio di mondi e culture, un padre ingombrante che ha fatto rima con una madre assente, una profonda solitudine e una disperata ricerca di segni d’amore, girovagando. New York e il jazz restano il leit motiv della colonna sonora.
Produzione Casanova Teatro presenta
CERCANDO SEGNALI D’AMORE NELL’UNIVERSO
con Luca Barbareschi
e con Marco Zurzolo Band
vocalist Angelica Barbareschi
regia di Chiara Noschese
E’ un viaggio di ritorno quello di Luca Barbareschi: ritorno al passato, memoria delle proprie origini, il bisogno di fermarsi, fare il punto e ripartire con un lancio che nella serata è il debutto di sua figlia Angelica come cantante. All’Eliseo ci torna come padrone di casa sempre con Chiara Noschese, questa volta regista dietro le quinte. Ritmato, ironico, incalzante, acrobatico, a tratti graffiante anche con se stesso: una confessione che non è mai un’esibizione. E’ di impatto ma gioca bene l’equilibrio tra il sé e gli altri, senza venire addosso al pubblico, senza esibirsi: piuttosto si confessa e vuota il sacco, tutto fino in fondo, senza farsi sconti. Il risultato è autentico e il pubblico lo sente.
E’ la parabola tra note e parole, con inserti di danza, varietà, voci e canzoni, di un saltimbanco, artista che si è formato a tutto tondo tra gli ostacoli di un inizio che come per molti non è stato facile. La prima parte dello spettacolo respira l’aria dell’infanzia, la musica del sud America, la presenza ingombrante di un padre, peraltro molto assente, della mamma che lo abbandona, di una profonda solitudine e della ricerca perenne di segni d’amore. Un mendicante d’amore, in un gineceo di zie e tate, di fascinazioni femminili, di pasticci, grovigli e tanta voglia di vivere, a volta con qualche deriva. Senza sosta, due ore sul palco senza un rallentamento, un cedimento, una performance da attore a tutto tondo, dominatore del palcoscenico con il tocco sottile.
La recensione integrale su Saltinaria.it
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