Ilaria Guidantoni, 16 Febbraio 2015
“Timbuktu” è un film del 2014 diretto dal regista mauritano Abderrahmane Sissako che ha concorso per la Palma d'oro al Festival di Cannes 2014, dove ha vinto il Premio della Giuria Ecumenica e il François Chalais Prize. Fuori dal tempo, quasi medievale, di struggente incanto, con elementi contradditori che hanno dell’incredibile - come il telefonino che non scalfisce una cultura millenaria cristallizzata - così è la Timbuktu, la regina del deserto, raccontata da Abderrahmane Sissako.
TIMBUKTÙ
data uscita 12 febbraio 2015
genere drammatico
anno 2014
regia Abderrahmane Sissako
sceneggiatura Abderrahmane Sissako
attori Ibrahim Ahmed, Toulou Kiki
montaggio Nadia Ben Rachid
produzione Armada Films, Les Films du Worso
distribuzione Academy Two
paese Francia
durata 100 minuti
Il film, piaciuto molto a Cannes, è un docufilm inquietante per la violenza sarcastica, grottesca e assurda non tanto del sangue - non è un film violento nelle immagini - quanto per l’annullamento della libertà e dell’anima altrui. Soprattutto colpisce l’assurdità del divieto, dietro la copertura della legge divina, non si sa bene quale, certo non quella autenticamente coranica. E’ anche un film sull’assurdità del potere detenuto da sparuti jihadisti, autoproclamatisi difensori di dio e del profeta, che tengono in pugno interi villaggi con poche armi. E’ la storia che si ripete, del terrore e della purezza interiore come una bandiera che riesce a tenere in scacco le coscienze.
Al centro del film, con una fotografia di grande suggestione, non oleografica, sotto un certo profilo datata nella restituzione delle immagini, oserei dire non perfetta e proprio per questo coinvolgente, Timbuktù, città mitica, piena di storia, con le sue costruzioni in terra cruda; ma anche della violenza dell'integralismo islamico tra cui la lapidazione che ci è raccontata quasi per caso inserendo un episodio non spiegato dal regista, con un intervento che trovo molto efficace. L’episodio, per altro, è ispirato a una storia vera accaduta nel 2012 con protagonisti una coppia di islamici colpevoli solo di non essere sposati, un delitto contro la legge divina, che furono sotterrati (con la sola testa fuori) prima di venire lapidati davanti a centinaia di persone, all’origine dell’idea cinematografica.
La recensione integrale su Saltinaria.it
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