Ilaria Guidantoni Domenica, 26 Ottobre 2014
Giovanni Segantini (1858-1899), uno dei più grandi pittori europei di fine Ottocento, è la metafora di una situazione esistenziale di confine tra le eredità e le tradizioni della grande pianura e quelle più segrete e meno conosciute della macro-regione alpina, in una mostra che raccoglie per la prima volta a Milano oltre 120 opere da importanti musei e collezioni europee e statunitensi.
Erede della Scapigliatura che volgeva al declino e di certo Simbolismo che con Segantini esploderà unendo le suggestioni del Divisionismo che sperimenterà come variante italiana del Pointillisme. La grande retrospettiva riscopre il percorso dell’artista a partire dagli esordi milanesi svelando il profondo legame con la città, vera e propria, patria dello spirito e fulcro della sua parabola artistica anche dopo l'avventuroso pellegrinaggio dai colli della Brianza alle montagne dell'Engadina, indiscusse protagoniste dell'opera pittorica di Segantini. Le sezioni seguono il percorso formativo ed evolutivo, la cronologia e insieme le aree tematiche, dal ritratto alla natura morta, fino agli animali, ai grandi paesaggi, quindi alle visioni spirituali, trasfigurazioni di soggetti tradizionali in una nuova chiave altamente simbolica così come i soggetti tratti dalla musica e dalla letteratura. In effetti l’esposizione è l’occasione per restituire anche la complessità dell’opera di Segantini troppo spesso conosciuta limitatamente ai grandi paesaggi e alla pittura di natura. Sublime in Segantini la pennellata, dinamica e inconfondibile che non riesce ad assoggettarsi ad alcuna etichetta e l’uso sublime e struggente della luce.
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mercoledì 29 ottobre 2014
Le Troiane. Frammenti di tragedia - Piccolo Teatro Studio Melato (Milano)
Ilaria Guidantoni Domenica, 26 Ottobre 2014
Dal 22 ottobre al 2 novembre. Uno spettacolo che testimonia l’attualità della tragedia greca, il suo prestarsi ad una modernizzazione non rischiando di essere snaturata. Un bel lavoro, quello proposto dal collettivo Mitipretese, che diventa nella versione al femminile un processo a dio, un canto corale nel quale il femminile grida contro la guerra, male assoluto, che si abbatte soprattutto sulle donne e sui bambini.
LE TROIANE. FRAMMENTI DI TRAGEDIA
da Euripide
progetto di Mitipretese
con Gianna Giachetti, Manuela Mandracchia, Sandra Toffolatti, Mariangeles Torres
scenografie e direzione tecnica Mauro De Santis
musiche Francesco Santalucia
costumi Cristina Da Rold
produzione Artisti Riuniti
in collaborazione con Mitipretese
La versione di Mitiprese è scarna, asciutta e corale. La tragedia ridotta a quattro personaggi in scena fonde l’elemento del coro con i personaggi protagonisti amplificandone l’enfasi emozionale. Ogni personaggio infatti diventa in tal senso il simbolo di un sentire collettivo. La scena è quasi nuda, eppure riesce a parlare: panche, una sedia, un bacile di acqua, con la doppia simbologia dell’acqua che lava dalla colpa dell’essere vittima - per aver subito violenza - e che purifica, all’acqua di morte che annega, quando le Troiane si rivalgono sull’infame, immergendole la testa fino quasi a farla soffocare.
Tutto è grigio come la veste di Ecuba, la regina destinata a diventare schiava. Sul fondo un bancone, un altare (?) come profanato è riempito di vesti colorate e di stracci come una “Venere di stracci”, che pare una citazione dell’opera di Michelangelo Pistoletto, non solo estetica. E’ infatti Afrodite, dea potentissima, che ha ‘comprato’ il voto di Paride offrendogli il corpo di Elena, contro Athena che gli aveva offerto la Grecia e Era, l’Asia. E’ la lotta del femminile tentatore contro il maschile eroico, ma anche del sacrificale connivente con il carnefice, come del delirio del potere arrogante.
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Dal 22 ottobre al 2 novembre. Uno spettacolo che testimonia l’attualità della tragedia greca, il suo prestarsi ad una modernizzazione non rischiando di essere snaturata. Un bel lavoro, quello proposto dal collettivo Mitipretese, che diventa nella versione al femminile un processo a dio, un canto corale nel quale il femminile grida contro la guerra, male assoluto, che si abbatte soprattutto sulle donne e sui bambini.
LE TROIANE. FRAMMENTI DI TRAGEDIA
da Euripide
progetto di Mitipretese
con Gianna Giachetti, Manuela Mandracchia, Sandra Toffolatti, Mariangeles Torres
scenografie e direzione tecnica Mauro De Santis
musiche Francesco Santalucia
costumi Cristina Da Rold
produzione Artisti Riuniti
in collaborazione con Mitipretese
La versione di Mitiprese è scarna, asciutta e corale. La tragedia ridotta a quattro personaggi in scena fonde l’elemento del coro con i personaggi protagonisti amplificandone l’enfasi emozionale. Ogni personaggio infatti diventa in tal senso il simbolo di un sentire collettivo. La scena è quasi nuda, eppure riesce a parlare: panche, una sedia, un bacile di acqua, con la doppia simbologia dell’acqua che lava dalla colpa dell’essere vittima - per aver subito violenza - e che purifica, all’acqua di morte che annega, quando le Troiane si rivalgono sull’infame, immergendole la testa fino quasi a farla soffocare.
Tutto è grigio come la veste di Ecuba, la regina destinata a diventare schiava. Sul fondo un bancone, un altare (?) come profanato è riempito di vesti colorate e di stracci come una “Venere di stracci”, che pare una citazione dell’opera di Michelangelo Pistoletto, non solo estetica. E’ infatti Afrodite, dea potentissima, che ha ‘comprato’ il voto di Paride offrendogli il corpo di Elena, contro Athena che gli aveva offerto la Grecia e Era, l’Asia. E’ la lotta del femminile tentatore contro il maschile eroico, ma anche del sacrificale connivente con il carnefice, come del delirio del potere arrogante.
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venerdì 24 ottobre 2014
Festival dei Corti al Calabbria Teatro Festival
Ilaria Guidantoni Lunedì, 20 Ottobre 2014
La nuova sezione dedicata ai corti teatrali ha concluso la quarta edizione del Calabbria teatro Festival. “Il coraggio fa…90!” si aggiudica questa edizione fra i tre finalisti.
Uno spazio ai giovani e alla velocità che l’attualità chiede alla cultura, anche al teatro che, quale specchio della vita, è invitato a dare un’opportunità di qualità alla sintesi.
“Il coraggio fa…90!”, che avevo già avuto modo di vedere alla seconda edizione di Diritti in scena – Festival teatrale antimafie e per i diritti umani 2004 a Roma la scorsa primavera (e recensito su queste pagine), già vincitore come miglior spettacolo, si è aggiudicato all’unanimità il premio della giuria tecnica e della giuria popolare. La giuria tecnica (della quale ho fatto parte insieme a Claudio Facchinelli e Marianna Stefania Caporale) ha ritenuto di premiare questo corto in virtù della capacità di realizzare uno spettacolo compiuto in trenta minuti con una regia articolata e complessa. L’argomento pur comune, inflazionato, legato ad un mito del quotidiano, acquisisce nel corso dello svolgimento dell’azione spessore, originalità e uno sviluppo inatteso soprattutto per il lato dell’impegno civile. E’ questa la caratteristica del teatro di e con Giuseppe Arnone (del teatro Kapò di Roma), per la regia di Claudio Zarlocchi. Nondimeno è un ritratto ironico e a tratti grottesco di uno spaccato familiare – la famiglia del ‘giudice ragazzino’, lo zio Rosario Livatino – siciliano e sociale in generale. L’interprete riesce in modo non scontato a coinvolgere il pubblico, gioca con gli attrezzi di scena in modo ironico e sorprendente. Lo spettacolo inserisce interventi musicali pertinenti e con funzione narrativa. In particolare Giuseppe Arnone ricopre ruoli e “personaggi” diversi con una capacità versatile nella modulazione della voce e della parola. Spazia dal dialetto stretto all’ars poetica di invenzione, pungente e suggestiva.
L'articolo integrale su Saltinaria.it
La nuova sezione dedicata ai corti teatrali ha concluso la quarta edizione del Calabbria teatro Festival. “Il coraggio fa…90!” si aggiudica questa edizione fra i tre finalisti.
Uno spazio ai giovani e alla velocità che l’attualità chiede alla cultura, anche al teatro che, quale specchio della vita, è invitato a dare un’opportunità di qualità alla sintesi.
“Il coraggio fa…90!”, che avevo già avuto modo di vedere alla seconda edizione di Diritti in scena – Festival teatrale antimafie e per i diritti umani 2004 a Roma la scorsa primavera (e recensito su queste pagine), già vincitore come miglior spettacolo, si è aggiudicato all’unanimità il premio della giuria tecnica e della giuria popolare. La giuria tecnica (della quale ho fatto parte insieme a Claudio Facchinelli e Marianna Stefania Caporale) ha ritenuto di premiare questo corto in virtù della capacità di realizzare uno spettacolo compiuto in trenta minuti con una regia articolata e complessa. L’argomento pur comune, inflazionato, legato ad un mito del quotidiano, acquisisce nel corso dello svolgimento dell’azione spessore, originalità e uno sviluppo inatteso soprattutto per il lato dell’impegno civile. E’ questa la caratteristica del teatro di e con Giuseppe Arnone (del teatro Kapò di Roma), per la regia di Claudio Zarlocchi. Nondimeno è un ritratto ironico e a tratti grottesco di uno spaccato familiare – la famiglia del ‘giudice ragazzino’, lo zio Rosario Livatino – siciliano e sociale in generale. L’interprete riesce in modo non scontato a coinvolgere il pubblico, gioca con gli attrezzi di scena in modo ironico e sorprendente. Lo spettacolo inserisce interventi musicali pertinenti e con funzione narrativa. In particolare Giuseppe Arnone ricopre ruoli e “personaggi” diversi con una capacità versatile nella modulazione della voce e della parola. Spazia dal dialetto stretto all’ars poetica di invenzione, pungente e suggestiva.
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mercoledì 22 ottobre 2014
Diversamente amore, omofilia e altre diversità, al Calàbbria Teatro Festival
Ilaria Guidantoni Domenica, 19 Ottobre 2014
"Sissy Boy" è stato lo spettacolo - un monologo tratto da una storia vera ambientata negli Stati Uniti e adattata con ironia e incisività all’ambiente italiano - incastonato nel cuore della giornata dedicata dal Calàbbria Teatro Festival agli ‘amori diversi’, non riconosciuti. Una prova di valore per un testo articolato, complesso, sottile, che merita una lettura oltre lo spettacolo; una regia essenziale ma altamente simbolica che nasce intrecciando il testo alla scenografia e all’interpretazione come un percorso iniziatico.
Originale nella formula della conferenza che diventa racconto, con inserzioni ‘quasi giornalistiche’ e un’ottima prova interpretativa dell’unico attore in scena che calca il palcoscenico con un’energia delicata e profonda, senza andare sopra le righe, senza volgarità, senza arrivare addosso al pubblico ma chiamandolo a sé. L' 'incontro’ regala momenti autentici di sorriso, anche di risa, come pure una profonda malinconia non priva di speranza.
E’ un testo sul quale riflettere in modo non scontato, è una critica aspra a certa psicologia, alla difficoltà di essere ‘buoni genitori’, alla complessità soprattutto del mestiere di vivere e non di sopravvivere. Da segnalare la capacità tecnica dell’uso della voce che regala tonalità sfumate e nette ad un tempo anche quando l'interprete è di spalle. Un viaggio dentro se stessi, perché ognuno è un amore unico e merita di vivere. Non solo di sopravvivere.
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"Sissy Boy" è stato lo spettacolo - un monologo tratto da una storia vera ambientata negli Stati Uniti e adattata con ironia e incisività all’ambiente italiano - incastonato nel cuore della giornata dedicata dal Calàbbria Teatro Festival agli ‘amori diversi’, non riconosciuti. Una prova di valore per un testo articolato, complesso, sottile, che merita una lettura oltre lo spettacolo; una regia essenziale ma altamente simbolica che nasce intrecciando il testo alla scenografia e all’interpretazione come un percorso iniziatico.
Originale nella formula della conferenza che diventa racconto, con inserzioni ‘quasi giornalistiche’ e un’ottima prova interpretativa dell’unico attore in scena che calca il palcoscenico con un’energia delicata e profonda, senza andare sopra le righe, senza volgarità, senza arrivare addosso al pubblico ma chiamandolo a sé. L' 'incontro’ regala momenti autentici di sorriso, anche di risa, come pure una profonda malinconia non priva di speranza.
E’ un testo sul quale riflettere in modo non scontato, è una critica aspra a certa psicologia, alla difficoltà di essere ‘buoni genitori’, alla complessità soprattutto del mestiere di vivere e non di sopravvivere. Da segnalare la capacità tecnica dell’uso della voce che regala tonalità sfumate e nette ad un tempo anche quando l'interprete è di spalle. Un viaggio dentro se stessi, perché ognuno è un amore unico e merita di vivere. Non solo di sopravvivere.
"Sensi e doppio senso". La prima volta di una Drag Queen a Castrovillari |
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martedì 21 ottobre 2014
Se in amore l’uomo tradisce il filosofo - Conversazione con Annachiara Mantovani
Ilaria Guidantoni Lunedì, 20 Ottobre 2014
In attesa della prima dello spettacolo “Il mio secolo non mi fa paura!”, il 30 ottobre prossimo all'Accento Teatro di Roma, abbiamo incontrato l’attrice Annachiara Mantovani.
Qual è il suo ruolo in quest'opera?
«Il mio ruolo è quello della protagonista, che è insieme la giovanissima Johanna Kapp vissuta realmente nell'Ottocento e l'immagine di un modello femminile ribelle e passionale che fa ancora oggi molto fatica ad affermarsi».
Che tipo di collaborazione ha dedicato allo spettacolo che in qualche modo mi par di capire sente ‘suo’?
«Di questo spettacolo "Il mio secolo non mi fa paura: Johanna e Ludwig" sono l'attrice protagonista e anche la referente della compagnia. La collaborazione con questo gruppo è nata nel 2008 per lo spettacolo "A lui non dicevo nulla" su musiche del compositore Dimitri Nicolau insieme con il saxofonista Pier Paolo Iacopini e la regista Rossella Napolano, con i quali sono partita in quest’avventura. Poi abbiamo realizzato insieme anche "Il Barone rampante" dove mi sono occupata anche dell'adattamento del testo di Italo Calvino. A questo nucleo forte oggi si aggiungono nuove e preziose risorse, segno che la compagnia sta consolidando il proprio impegno».
Quali sono gli elementi sui quali ha puntato?
«Lo spettacolo nasce dal desiderio di interrogarsi su due dei maggiori fondatori ottocenteschi del pensiero rivoluzionario, Ludwig Andeas Feuerbach e Carl Marx. Questa stagione vede in scena il pensiero di Feuerbach, con l’auspicio - l’anno prossimo - di continuare questo tipo di lavoro su Carl Marx, per scoprire se magari nella loro biografia è possibile rintracciare i motivi del fallimento (purtroppo evidente) dell’attuazione storico-politica del loro pensiero filosofico... La domanda a cui il nostro autore teatrale nonché professore di filosofia, Fulvio Iannaco, ha cercato di rispondere è: "Un piccolo uomo, può essere davvero un grande pensatore? Se c'è una "carenza" nella realtà umana di un pensatore non sarà anche l'efficacia del suo pensiero a risultarne condizionata?". Partendo da quest’ipotesi Fulvio ha indagato gli anni che vanno dal 1841 al 1849 in cui ebbe vita la straordinaria storia d'amore fra Feuerbach (già uomo celebre e maturo) e Johanna Kapp, una giovanissima fanciulla bavarese (allora sedicenne). Insieme parteciparono alla Rivoluzione del 1848 e fianco a fianco vissero gli eventi sconvolgenti di quegli anni.
L'intervista integrale su Saltinaria.it
In attesa della prima dello spettacolo “Il mio secolo non mi fa paura!”, il 30 ottobre prossimo all'Accento Teatro di Roma, abbiamo incontrato l’attrice Annachiara Mantovani.
Qual è il suo ruolo in quest'opera?
«Il mio ruolo è quello della protagonista, che è insieme la giovanissima Johanna Kapp vissuta realmente nell'Ottocento e l'immagine di un modello femminile ribelle e passionale che fa ancora oggi molto fatica ad affermarsi».
Che tipo di collaborazione ha dedicato allo spettacolo che in qualche modo mi par di capire sente ‘suo’?
«Di questo spettacolo "Il mio secolo non mi fa paura: Johanna e Ludwig" sono l'attrice protagonista e anche la referente della compagnia. La collaborazione con questo gruppo è nata nel 2008 per lo spettacolo "A lui non dicevo nulla" su musiche del compositore Dimitri Nicolau insieme con il saxofonista Pier Paolo Iacopini e la regista Rossella Napolano, con i quali sono partita in quest’avventura. Poi abbiamo realizzato insieme anche "Il Barone rampante" dove mi sono occupata anche dell'adattamento del testo di Italo Calvino. A questo nucleo forte oggi si aggiungono nuove e preziose risorse, segno che la compagnia sta consolidando il proprio impegno».
Quali sono gli elementi sui quali ha puntato?
«Lo spettacolo nasce dal desiderio di interrogarsi su due dei maggiori fondatori ottocenteschi del pensiero rivoluzionario, Ludwig Andeas Feuerbach e Carl Marx. Questa stagione vede in scena il pensiero di Feuerbach, con l’auspicio - l’anno prossimo - di continuare questo tipo di lavoro su Carl Marx, per scoprire se magari nella loro biografia è possibile rintracciare i motivi del fallimento (purtroppo evidente) dell’attuazione storico-politica del loro pensiero filosofico... La domanda a cui il nostro autore teatrale nonché professore di filosofia, Fulvio Iannaco, ha cercato di rispondere è: "Un piccolo uomo, può essere davvero un grande pensatore? Se c'è una "carenza" nella realtà umana di un pensatore non sarà anche l'efficacia del suo pensiero a risultarne condizionata?". Partendo da quest’ipotesi Fulvio ha indagato gli anni che vanno dal 1841 al 1849 in cui ebbe vita la straordinaria storia d'amore fra Feuerbach (già uomo celebre e maturo) e Johanna Kapp, una giovanissima fanciulla bavarese (allora sedicenne). Insieme parteciparono alla Rivoluzione del 1848 e fianco a fianco vissero gli eventi sconvolgenti di quegli anni.
L'intervista integrale su Saltinaria.it
lunedì 20 ottobre 2014
Il Testimone - Teatro Quirino (Roma)
Ilaria Guidantoni Sabato, 18 Ottobre 2014
Una rappresentazione di grande leggerezza ed originalità, un modo arioso e decisamente ironico per raccontare il dramma dei drammi: la collusione della giustizia con la mafia. Semplicemente inammissibile. Una scena fatta di nulla se non di simboli, faldoni, luci che spesso non funzionano e soprattutto parole illustra il dolore e l’opportunità di essere almeno una volta nella vita testimoni, se non della verità, della sua ricerca. Nonostante tutto è un testo di speranza perché afferma che opporsi è possibile e che il coraggio di non arrendersi, di scrivere e di testimoniare è già di per sè una vittoria.
Tangram Teatro presenta
Bebo Storti e Fabrizio Coniglio in
IL TESTIMONE
scritto da Mario Almerighi e Fabrizio Coniglio
diretto e interpretato da Bebo Storti e Fabrizio Coniglio
“Il testimone” - a metà tra il recital e il racconto giornalistico - racconta, facendo parlare solamente i fatti, un episodio lontano e dimenticato dalla memoria collettiva: quello dell’assassinio del magistrato Giacomo Ciaccio Montalto, impegnato nell’indagare i rapporti fra mafia di Trapani e narcotrafficanti. Un episodio apparentemente marginale quanto paradossalmente bizzarro: una piccola cittadina al centro di un crocevia di raffinazione per produrre eroina. Un pezzo di storia contemporanea, tratteggiata seguendo oggettivamente i fatti che si verificarono prima e dopo l’assassinio.
Un uomo colto, appassionato di letteratura e di musica, amante della libertà, innamorato del mare... fa il magistrato. Il gioco è con il giudice che poi si impegnerà come per vocazione a difenderne la memoria, senza rassegnarsi ad un secondo omicidio: quello che tenta di infangarne il nome, parlando di un delitto d’onore, di una storia di donne.
La recensione integrale su Saltinaria.it
Una rappresentazione di grande leggerezza ed originalità, un modo arioso e decisamente ironico per raccontare il dramma dei drammi: la collusione della giustizia con la mafia. Semplicemente inammissibile. Una scena fatta di nulla se non di simboli, faldoni, luci che spesso non funzionano e soprattutto parole illustra il dolore e l’opportunità di essere almeno una volta nella vita testimoni, se non della verità, della sua ricerca. Nonostante tutto è un testo di speranza perché afferma che opporsi è possibile e che il coraggio di non arrendersi, di scrivere e di testimoniare è già di per sè una vittoria.
Tangram Teatro presenta
Bebo Storti e Fabrizio Coniglio in
IL TESTIMONE
scritto da Mario Almerighi e Fabrizio Coniglio
diretto e interpretato da Bebo Storti e Fabrizio Coniglio
“Il testimone” - a metà tra il recital e il racconto giornalistico - racconta, facendo parlare solamente i fatti, un episodio lontano e dimenticato dalla memoria collettiva: quello dell’assassinio del magistrato Giacomo Ciaccio Montalto, impegnato nell’indagare i rapporti fra mafia di Trapani e narcotrafficanti. Un episodio apparentemente marginale quanto paradossalmente bizzarro: una piccola cittadina al centro di un crocevia di raffinazione per produrre eroina. Un pezzo di storia contemporanea, tratteggiata seguendo oggettivamente i fatti che si verificarono prima e dopo l’assassinio.
Un uomo colto, appassionato di letteratura e di musica, amante della libertà, innamorato del mare... fa il magistrato. Il gioco è con il giudice che poi si impegnerà come per vocazione a difenderne la memoria, senza rassegnarsi ad un secondo omicidio: quello che tenta di infangarne il nome, parlando di un delitto d’onore, di una storia di donne.
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Apre il Calabbria Teatro Festival
Ilaria Guidantoni Venerdì, 17 Ottobre 2014
Al via a Castrovillari l’appuntamento annuale organizzato da Khoreia 2000 con una mostra sui Falsi d’autore dedicata al Futurismo e dintorni che prende avvio nel centro della cittadina, al Protoconvento francescano. In mostra un lavoro senza carte disegnate con la volontà di curare artigianalmente il lavoro.
Domenica, nella giornata conclusiva della manifestazione, l’asta di beneficienza che in quest’edizione sarà dedicata all’associazione Liberi nella sclerosi multipla. Tra le installazioni una tela sulla quale è proiettata l’immagine di Adamo ed Eva accanto al ‘Pino lorricato’, un albero tipico del Monte del Pollino alle falde del quale sorge Castrovillari; e “Love knows no color” sull’amore senza barriere etniche dell’associazione IntegrandoSì.
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Al via a Castrovillari l’appuntamento annuale organizzato da Khoreia 2000 con una mostra sui Falsi d’autore dedicata al Futurismo e dintorni che prende avvio nel centro della cittadina, al Protoconvento francescano. In mostra un lavoro senza carte disegnate con la volontà di curare artigianalmente il lavoro.
Domenica, nella giornata conclusiva della manifestazione, l’asta di beneficienza che in quest’edizione sarà dedicata all’associazione Liberi nella sclerosi multipla. Tra le installazioni una tela sulla quale è proiettata l’immagine di Adamo ed Eva accanto al ‘Pino lorricato’, un albero tipico del Monte del Pollino alle falde del quale sorge Castrovillari; e “Love knows no color” sull’amore senza barriere etniche dell’associazione IntegrandoSì.
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mercoledì 15 ottobre 2014
"La Spallata" al Teatro Manzoni di Roma fino al 26 ottobre
Teatro Manzoni
30 Settembre| 26 Ottobre
Vanessa Gasbarri presenta
Antonio Conte, Giorgia Trasselli e Gabriella Silvestri ne
l'esilarante commedia di Gianni Clementi
LA SPALLATA
Premio Fondi La Pastora anno 2003
con Claudia Ferri, Alessandro Loi, Matteo Milani, Alessandro Salvatori
regia Vanessa Gasbarri
scene Katia Titolo
costumi Michela Marino
musiche Simone Martino
luci Giuseppe Filipponio
Dopo la calorosissima accoglienza riservata dal pubblico lo scorso anno, in occasione del debutto al Teatro Roma ed il consenso entusiastico della critica, torna in scena al Teatro Manzoni "La Spallata", l'esilarante commedia di Gianni Clementi, diretta da Vanessa Gasbarri, con protagonisti Antonio Conte, Giorgia Trasselli e Gabriella Silvestri.
Ritmo incalzante per un testo ben scritto, un'immersione folgorante in un angolo della Roma popolare Anni Sessanta, in pieno boom economico e tante contraddizioni che si affacciano all'orizzonte. Un quadro di famiglia, che non scade nel bozzetto di genere, un umorismo graffiante, ben oltre il caratteristico. I colpi di scena non sono boutade da commedia degli equivoci ma un'analisi psicologica attenta ai caratteri umani. Ottima l’interpretazione degli attori, un buon assortimento e un’orchestra che si muove armonica. Senza ombra di volgarità, la saggezza di una famiglia di periferia, i guai, i profili opposti di due sorelle vedove e i figli dai sogni facili e un po’ naïf. Il finale amaro: la fine dei sogni nello stesso giorno nel quale il Presidente degli Stati Uniti viene ucciso a Dallas. E’ la fine di un’epoca, del sogno americano, del boom economico. I giovani cominciano il lungo cammino della rassegnazione.
Apre la stagione del Teatro Manzoni questa saporita commedia capace di coniugare con equilibrio ed originalità una graffiante ironia ed il calore delle atmosfere familiari più tradizionali e genuine ma senza sentimentalismi. Lo spettacolo porta la firma - garanzia di umorismo brillante, assolutamente non volgare e adatto a spettatori di ogni età - di Gianni Clementi, autore di innumerevoli commedie teatrali che hanno conquistato senza riserve sia il pubblico italiano che quello straniero (per citare alcune delle più amate “Grisu’, Giuseppe e Maria”, “Ben Hur”, “Sugo Finto” e “L’ebreo”) e la regia è curata con appassionata dedizione ed entusiasmo da Vanessa Gasbarri.
La scena si apre su un interno popolare, la casa di una famiglia della periferia di Roma. Un salto indietro alla fine degli Anni Cinquanta per poi scavalcarli e arrivare al debutto degli Anni Sessanta ma il riferimento è ancora al passato. All’inizio in questa famiglia matriarcale non si avverte il vento nuovo se non nel sogno dei ragazzi e nella musica che giunge attraverso la radio. Vivono insieme due cognate rimaste vedove d’un sol colpo, che reagiscono in modo antitetico, quasi a simboleggiare due epoche, due mondi che stanno confliggendo. Alla fine le loro parti si invertiranno. E’ la donna più giovane, la voce narrante, la coscienza dello spettacolo e di un mondo al tramonto, consapevole della vita che per una paralisi resta senza la parola, ma come lei stessa confessa, acuisce la sua capacità di ascoltare. Una sorta di Cassandra muta, impossibilitata a cambiare il destino perché l’amore a volte non basta. I figli, tre ragazzi e una ragazza, coltivano sogni ingenui, troppo grandi per loro, rivelandosi incapaci di rimboccarsi le maniche per davvero, chi il cinema, chi la politica e la rivoluzione, chi gli affari o la tecnologia. Si uniscono piccoli sogni e grandi speranze. C’è qualcosa di comico, commovente nella sua ingenuità e perfino grottesco nell’impresa di pompe funebri dei tre fratelli come nell’attesa della fatidica telefonata che apra alla ragazza le porte di Hollywood. E’ la spallata che si attende, ma che invece di una svolta rischia di essere un gesto maldestro. In un ritmo serrato che cavalca un testo davvero ben scritto, la storia precipita tra illusioni e catastrofi e fa da specchio alla vita della famiglia: il sogno americano annegato in modo tragico, l’ideale dell’Urss che si sbriciola prima di realizzarsi, il grande cinema con i suoi compromessi banali, il progresso – dalla televisione, al telefono, agli affari facili – mentre l’Italia comincia a franare: è il dramma del Vajont. Sembra cronaca dei nostri giorni ma è già tutto successo. Corre l’anno 1963, l’epoca delle grandi rivoluzioni su scala mondiale, delle prime missioni spaziali, dei grandi contrasti, Mohamed Alì contro Joe Frazier, del grande mito americano, Marylin e John Kennedy, l’Italia del dopoguerra, Giovanni 23imo, Totò, Aldo Fabrizi ed Anna Magnani. Ci sono elementi inattuali, una certa religiosità popolare, quasi superstiziosa che si affida al parroco come un guaritore di quartiere e il decoro sociale ma questo non rende datato il testo né il valore dell’opera, anzi suona come un monito, un invito a reagire per non ripetere gli errori del passato.
Sullo sfondo una scenografia e una scelta dei costumi molto puntuale, ricca e precisa che ci fa tuffare in quegli anni e perfino rimpiangerli per una certa genuinità che svapora in un attimo. E’ in quel pomeriggio drammatico, il giorno dell’uccisione di Kennedy, che muoiono i sogni. Non è più possibile tutto. Succede qui come là. E’ una notizia trasmessa via radio che cambia per sempre le espressioni e non solo sui volti di una famiglia, forse l’accettazione del compromesso. La rassegnazione è solo una calma apparente che fa rimpiangere le liti, i bisticci, i conflitti che ci dicono che stiamo lottando per qualcosa che vale la pena.
Si ride, molto e di gusto, nel primo atto; ci si commuove nel secondo, si esce sconsolati. Certamente efficace l’analisi del profilo psicologico femminile della protagonista che diventa la chiave di lettura per lo spettatore. Adeguata e calzante l’interpretazione con alcune prove di grande registro.
TEATRO MANZONI - via Monte Zebio 14/c (piazza Mazzini), 00195 Roma
Per informazioni e prenotazioni: telefono 06/3223634 - 06/3223538 - 06/3223604, fax 06/3203648, mail botteghino@teatromanzoni.info
Costo biglietti: Biglietto intero € 24, ridotto € 16 (bambini fino a 14 anni; over 65)
Orario spettacoli: dal martedì al venerdì ore 21.00 (terzo giovedì di rappresentazione ore 17.00; quarto martedì di programmazione ore 19.00), sabato ore 17.00 ed ore 21.00, domenica ore 17.30, lunedì riposo
Come raggiungere il teatro:
Auto Privata - Orario parcometri: 8,00-19,00 (escluso festivi)
Autobus - Linee ATAC vicino Piazza Mazzini: 18, 88, 224, 280, 495, 628, ecc.
Per calcolare i percorsi e gli orari dei mezzi pubblici consultare il sito: www.atac.roma.it
Metropolitana - Metro linea A: Stazione di Lepanto
Sito internet Teatro Manzoni: www.teatromanzoni.info
Ufficio Stampa Compagnia: Andrea Cova
Cellulare: 320/7040971
Mail: covapressoffice@gmail.com
30 Settembre| 26 Ottobre
Vanessa Gasbarri presenta
Antonio Conte, Giorgia Trasselli e Gabriella Silvestri ne
l'esilarante commedia di Gianni Clementi
LA SPALLATA
Premio Fondi La Pastora anno 2003
con Claudia Ferri, Alessandro Loi, Matteo Milani, Alessandro Salvatori
regia Vanessa Gasbarri
scene Katia Titolo
costumi Michela Marino
musiche Simone Martino
luci Giuseppe Filipponio
Dopo la calorosissima accoglienza riservata dal pubblico lo scorso anno, in occasione del debutto al Teatro Roma ed il consenso entusiastico della critica, torna in scena al Teatro Manzoni "La Spallata", l'esilarante commedia di Gianni Clementi, diretta da Vanessa Gasbarri, con protagonisti Antonio Conte, Giorgia Trasselli e Gabriella Silvestri.
Ritmo incalzante per un testo ben scritto, un'immersione folgorante in un angolo della Roma popolare Anni Sessanta, in pieno boom economico e tante contraddizioni che si affacciano all'orizzonte. Un quadro di famiglia, che non scade nel bozzetto di genere, un umorismo graffiante, ben oltre il caratteristico. I colpi di scena non sono boutade da commedia degli equivoci ma un'analisi psicologica attenta ai caratteri umani. Ottima l’interpretazione degli attori, un buon assortimento e un’orchestra che si muove armonica. Senza ombra di volgarità, la saggezza di una famiglia di periferia, i guai, i profili opposti di due sorelle vedove e i figli dai sogni facili e un po’ naïf. Il finale amaro: la fine dei sogni nello stesso giorno nel quale il Presidente degli Stati Uniti viene ucciso a Dallas. E’ la fine di un’epoca, del sogno americano, del boom economico. I giovani cominciano il lungo cammino della rassegnazione.
Apre la stagione del Teatro Manzoni questa saporita commedia capace di coniugare con equilibrio ed originalità una graffiante ironia ed il calore delle atmosfere familiari più tradizionali e genuine ma senza sentimentalismi. Lo spettacolo porta la firma - garanzia di umorismo brillante, assolutamente non volgare e adatto a spettatori di ogni età - di Gianni Clementi, autore di innumerevoli commedie teatrali che hanno conquistato senza riserve sia il pubblico italiano che quello straniero (per citare alcune delle più amate “Grisu’, Giuseppe e Maria”, “Ben Hur”, “Sugo Finto” e “L’ebreo”) e la regia è curata con appassionata dedizione ed entusiasmo da Vanessa Gasbarri.
La scena si apre su un interno popolare, la casa di una famiglia della periferia di Roma. Un salto indietro alla fine degli Anni Cinquanta per poi scavalcarli e arrivare al debutto degli Anni Sessanta ma il riferimento è ancora al passato. All’inizio in questa famiglia matriarcale non si avverte il vento nuovo se non nel sogno dei ragazzi e nella musica che giunge attraverso la radio. Vivono insieme due cognate rimaste vedove d’un sol colpo, che reagiscono in modo antitetico, quasi a simboleggiare due epoche, due mondi che stanno confliggendo. Alla fine le loro parti si invertiranno. E’ la donna più giovane, la voce narrante, la coscienza dello spettacolo e di un mondo al tramonto, consapevole della vita che per una paralisi resta senza la parola, ma come lei stessa confessa, acuisce la sua capacità di ascoltare. Una sorta di Cassandra muta, impossibilitata a cambiare il destino perché l’amore a volte non basta. I figli, tre ragazzi e una ragazza, coltivano sogni ingenui, troppo grandi per loro, rivelandosi incapaci di rimboccarsi le maniche per davvero, chi il cinema, chi la politica e la rivoluzione, chi gli affari o la tecnologia. Si uniscono piccoli sogni e grandi speranze. C’è qualcosa di comico, commovente nella sua ingenuità e perfino grottesco nell’impresa di pompe funebri dei tre fratelli come nell’attesa della fatidica telefonata che apra alla ragazza le porte di Hollywood. E’ la spallata che si attende, ma che invece di una svolta rischia di essere un gesto maldestro. In un ritmo serrato che cavalca un testo davvero ben scritto, la storia precipita tra illusioni e catastrofi e fa da specchio alla vita della famiglia: il sogno americano annegato in modo tragico, l’ideale dell’Urss che si sbriciola prima di realizzarsi, il grande cinema con i suoi compromessi banali, il progresso – dalla televisione, al telefono, agli affari facili – mentre l’Italia comincia a franare: è il dramma del Vajont. Sembra cronaca dei nostri giorni ma è già tutto successo. Corre l’anno 1963, l’epoca delle grandi rivoluzioni su scala mondiale, delle prime missioni spaziali, dei grandi contrasti, Mohamed Alì contro Joe Frazier, del grande mito americano, Marylin e John Kennedy, l’Italia del dopoguerra, Giovanni 23imo, Totò, Aldo Fabrizi ed Anna Magnani. Ci sono elementi inattuali, una certa religiosità popolare, quasi superstiziosa che si affida al parroco come un guaritore di quartiere e il decoro sociale ma questo non rende datato il testo né il valore dell’opera, anzi suona come un monito, un invito a reagire per non ripetere gli errori del passato.
Sullo sfondo una scenografia e una scelta dei costumi molto puntuale, ricca e precisa che ci fa tuffare in quegli anni e perfino rimpiangerli per una certa genuinità che svapora in un attimo. E’ in quel pomeriggio drammatico, il giorno dell’uccisione di Kennedy, che muoiono i sogni. Non è più possibile tutto. Succede qui come là. E’ una notizia trasmessa via radio che cambia per sempre le espressioni e non solo sui volti di una famiglia, forse l’accettazione del compromesso. La rassegnazione è solo una calma apparente che fa rimpiangere le liti, i bisticci, i conflitti che ci dicono che stiamo lottando per qualcosa che vale la pena.
Si ride, molto e di gusto, nel primo atto; ci si commuove nel secondo, si esce sconsolati. Certamente efficace l’analisi del profilo psicologico femminile della protagonista che diventa la chiave di lettura per lo spettatore. Adeguata e calzante l’interpretazione con alcune prove di grande registro.
TEATRO MANZONI - via Monte Zebio 14/c (piazza Mazzini), 00195 Roma
Per informazioni e prenotazioni: telefono 06/3223634 - 06/3223538 - 06/3223604, fax 06/3203648, mail botteghino@teatromanzoni.info
Costo biglietti: Biglietto intero € 24, ridotto € 16 (bambini fino a 14 anni; over 65)
Orario spettacoli: dal martedì al venerdì ore 21.00 (terzo giovedì di rappresentazione ore 17.00; quarto martedì di programmazione ore 19.00), sabato ore 17.00 ed ore 21.00, domenica ore 17.30, lunedì riposo
Come raggiungere il teatro:
Auto Privata - Orario parcometri: 8,00-19,00 (escluso festivi)
Autobus - Linee ATAC vicino Piazza Mazzini: 18, 88, 224, 280, 495, 628, ecc.
Per calcolare i percorsi e gli orari dei mezzi pubblici consultare il sito: www.atac.roma.it
Metropolitana - Metro linea A: Stazione di Lepanto
Sito internet Teatro Manzoni: www.teatromanzoni.info
Ufficio Stampa Compagnia: Andrea Cova
Cellulare: 320/7040971
Mail: covapressoffice@gmail.com
Doppelgänger. Chi cammina al tuo fianco - Teatro Tordinona (Roma) dal 28/10 al 2/1
Doppelgänger
Chi cammina al tuo fianco
Sinossi
Milano anni cinquanta.
Due gemelle. Un delitto irrisolto. Una delle due è un’assassina.
Come stabilire la vera colpevole se le donne dapprima si coprono e poi si accusano a vicenda?
Parallelamente all’indagine della polizia, uno psicologo cerca di fare luce sul caso, provando a dimostrare la matrice psicotica che ha spinto una delle due a compiere il gesto.
Note di regia
Deve essere una gran fortuna vivere con qualcuno che cammina sempre al tuo fianco, così identico a te da confondere chiunque, forse anche il principale al lavoro, che mai si accorgerebbe se un giorno sei proprio tu a sederti di fronte a lui e, il giorno dopo… quell’altro.
Il tuo compagno di strada serve a ottimizzare il tempo, a limitare la routine, soprattutto in una storia d’amore, dove la persona amata impiegherebbe molto a distinguere l’uno dall’altro.
Però tutto questo potrebbe anche essere una gran bella scocciatura, se, lentamente, uno dei due sentisse nascere dentro una diversità, un impulso a primeggiare, a volere tutto il tesoro per sé.
Cosa vincerebbe in questo caso? Il naturale spirito di fratellanza o la naturale ambizione personale?
Lo spettacolo Doppelganger, letteralmente chi cammina al tuo fianco, offre una delle risposte possibili, un po’ sorridente, un po’ dolente.
Un lavoro ispirato ai classici del cinema noir.
Crediti
con
Chiara Condrò
Katiuscia Magliarisi
Francesco Polizzi
idea scenica
Christian Angeli
luci
Salvatore Insana
regia
Gruppo Number9
produzione
Metateatro
In scena al Td IX - Teatro Tordinona (Roma) dal 28/10 al 2/11
Chi cammina al tuo fianco
Sinossi
Milano anni cinquanta.
Due gemelle. Un delitto irrisolto. Una delle due è un’assassina.
Come stabilire la vera colpevole se le donne dapprima si coprono e poi si accusano a vicenda?
Parallelamente all’indagine della polizia, uno psicologo cerca di fare luce sul caso, provando a dimostrare la matrice psicotica che ha spinto una delle due a compiere il gesto.
Note di regia
Deve essere una gran fortuna vivere con qualcuno che cammina sempre al tuo fianco, così identico a te da confondere chiunque, forse anche il principale al lavoro, che mai si accorgerebbe se un giorno sei proprio tu a sederti di fronte a lui e, il giorno dopo… quell’altro.
Il tuo compagno di strada serve a ottimizzare il tempo, a limitare la routine, soprattutto in una storia d’amore, dove la persona amata impiegherebbe molto a distinguere l’uno dall’altro.
Però tutto questo potrebbe anche essere una gran bella scocciatura, se, lentamente, uno dei due sentisse nascere dentro una diversità, un impulso a primeggiare, a volere tutto il tesoro per sé.
Cosa vincerebbe in questo caso? Il naturale spirito di fratellanza o la naturale ambizione personale?
Lo spettacolo Doppelganger, letteralmente chi cammina al tuo fianco, offre una delle risposte possibili, un po’ sorridente, un po’ dolente.
Un lavoro ispirato ai classici del cinema noir.
Crediti
con
Chiara Condrò
Katiuscia Magliarisi
Francesco Polizzi
idea scenica
Christian Angeli
luci
Salvatore Insana
regia
Gruppo Number9
produzione
Metateatro
In scena al Td IX - Teatro Tordinona (Roma) dal 28/10 al 2/11
Il flauto magico - Teatro Quirino (Roma)
Ilaria Guidantoni Lunedì, 13 Ottobre 2014
Sincretismo musicale, contaminazione di sensibilità, il senso del contagio che dialoga in una versione che sa di fiaba per bambini e insieme di un percorso iniziatico accompagnato da un griot. E’ l’elemento fantasioso, esoterico popolare, non l’elemento virtuoso settecentesco e raffinato che prevale, con qualche azzardo. La scena è ispirata ai graffiti, a qualche elemento pop, a illustrazioni per l’infanzia con inserzioni pubblicitarie, tra il cartoon e l’ammiccamento al cinema muto. Lo spettacolo non contiene, sfora, si infiltra in ambiti impropri e diverte perché gli interpreti si divertono. Belle le voci di Pamina e della Regina della Notte, interpreti ospiti: elegante e solare, l’una; potente e ironica, l’altra.
Vagabundos s.r.l presenta da una produzione originaria
Fondazione Romaeuropa e Les Nuits de Fourvière
IL FLAUTO MAGICO
ispirato all'opera in due atti di Wolfgang Amadeus Mozart
direzione artistica e musicale Mario Tronco
elaborazione musicale Mario Tronco e Leandro Piccioni
acquarelli, animazione e scene Lino Fiorito
disegno luci Pasquale Mari
costumi Ortensia De Francesco
direttore tecnico e datore luci Daniele Davino
fonico di sala Gianni Istroni
fonico di palco Massimo Cugini backliner Juan Ortiz
proiezionista Daniele Spanò
costumista Katia Marcanio
tour manager Federica Soranzio
produzione esecutiva Pino Pecorelli per Vagabundos s.r.l
Personaggi e Interpreti
Houcine Ataa (Tunisia) voce - Monostatos
Peppe D’Argenzio (Italia) sax baritono e soprano, clarinetti
Omar Lopez Valle (Cuba) tromba, flicorno - Narratore Awalys
Ernesto Lopez Maturell (Cuba) batteria, congas - Tamino
Zsuzsanna Krasznai (Ungheria) violoncello - Dama
Luca Bagagli (Italia) violino - Dama
Gaia Orsoni (Italia) viola - Dama
Carlos Paz Duque (Ecuador) voce, flauti andini – Sarastro
Sanjay Kansa Banik (India) tablas - voce
Pino Pecorelli (Italia) contrabbasso, basso elettrico – Ragazzo
Leandro Piccioni (Italia) pianoforte
Raul Scebba (Argentina) marimba, percussioni, timpani - Sacerdote
El Hadji Yeri Samb (Senegal) voce, djembe, dumdum, sabar - Papageno
Dialy Mady Sissoko (Senegal) voce, kora - Ragazzo
Ziad Trabelsi (Tunisia) oud, voce – Messaggero della Regina della Notte
Emanuele Bultrini (Italia) chitarre – Ragazzo
Fabrizio Savone (Italia) trombone, euphonium – canto
Luca Ginesti (Italia) corno
e i musicisti ospiti
Maria Laura Martorana (Italia) voce - Regina della Notte
Sylvie Lewis (Inghilterra) voce, chitarra - Pamina
L'orchestra di Piazza Vittorio è nata in seno all'Associazione Apollo 11 ed è stata ideata e creata da Mario Tronco ed Agostino Ferrente.
L’idea è nata nel 2007 da una proposta di Daniele Abbado per la Notte Bianca di Reggio Emilia. “Il progetto - racconta - ci sembrava folle, poi abbiamo deciso di svilupparlo come se l’opera di Mozart fosse una favola musicale tramandata in forma orale e giunta in modi diversi a ciascuno dei nostri musicisti”. Non è né una riduzione (un’ora e mezza senza intervallo), né una versione semplificata, ma una vera e propria traduzione. La musica è soprattutto voce e ritmo, paradossalmente prosa.
E’ l’elemento autenticamente esoterico di Amadeus Mozart, quello dell’oralità e dei misteri, che viene posto in evidenza e della favola che incontra l’infanzia come un miracolo. Come accade ogni volta che una storia viene trasmessa di bocca in bocca, le vicende e i personaggi si sono trasformati, e anche la musica si è allontanata dall’originale. I ruoli sono stati affidati ai musicisti in base ad una somiglianza di carattere o per affinità con certe esperienze vissute: ad esempio Tamino è Ernesto Lopez Maturell, un ragazzo che ha tutta l’esuberanza della sua giovane età. Più che dall’amore per Pamina, interpretata dalla folk singer anglo-americana Sylvie Lewis (voce elegante, solare, un physique du rôle forse un po’ moderno più da racconto di Natale) che è una persona dolce ma determinata, il nostro principe è mosso dal desiderio di avventura e dalla paura dell’ignoto, che a quell’età si trasforma in eccitazione. Il mago Sarastro è Carlos Paz, un artista con un rapporto molto forte con la politica e la religione, che ci racconta spesso dei riti sciamanici del suo paese; lui stesso ha qualcosa dello sciamano.
La recensione integrale su Saltinaria.it
Sincretismo musicale, contaminazione di sensibilità, il senso del contagio che dialoga in una versione che sa di fiaba per bambini e insieme di un percorso iniziatico accompagnato da un griot. E’ l’elemento fantasioso, esoterico popolare, non l’elemento virtuoso settecentesco e raffinato che prevale, con qualche azzardo. La scena è ispirata ai graffiti, a qualche elemento pop, a illustrazioni per l’infanzia con inserzioni pubblicitarie, tra il cartoon e l’ammiccamento al cinema muto. Lo spettacolo non contiene, sfora, si infiltra in ambiti impropri e diverte perché gli interpreti si divertono. Belle le voci di Pamina e della Regina della Notte, interpreti ospiti: elegante e solare, l’una; potente e ironica, l’altra.
Vagabundos s.r.l presenta da una produzione originaria
Fondazione Romaeuropa e Les Nuits de Fourvière
IL FLAUTO MAGICO
ispirato all'opera in due atti di Wolfgang Amadeus Mozart
direzione artistica e musicale Mario Tronco
elaborazione musicale Mario Tronco e Leandro Piccioni
acquarelli, animazione e scene Lino Fiorito
disegno luci Pasquale Mari
costumi Ortensia De Francesco
direttore tecnico e datore luci Daniele Davino
fonico di sala Gianni Istroni
fonico di palco Massimo Cugini backliner Juan Ortiz
proiezionista Daniele Spanò
costumista Katia Marcanio
tour manager Federica Soranzio
produzione esecutiva Pino Pecorelli per Vagabundos s.r.l
Personaggi e Interpreti
Houcine Ataa (Tunisia) voce - Monostatos
Peppe D’Argenzio (Italia) sax baritono e soprano, clarinetti
Omar Lopez Valle (Cuba) tromba, flicorno - Narratore Awalys
Ernesto Lopez Maturell (Cuba) batteria, congas - Tamino
Zsuzsanna Krasznai (Ungheria) violoncello - Dama
Luca Bagagli (Italia) violino - Dama
Gaia Orsoni (Italia) viola - Dama
Carlos Paz Duque (Ecuador) voce, flauti andini – Sarastro
Sanjay Kansa Banik (India) tablas - voce
Pino Pecorelli (Italia) contrabbasso, basso elettrico – Ragazzo
Leandro Piccioni (Italia) pianoforte
Raul Scebba (Argentina) marimba, percussioni, timpani - Sacerdote
El Hadji Yeri Samb (Senegal) voce, djembe, dumdum, sabar - Papageno
Dialy Mady Sissoko (Senegal) voce, kora - Ragazzo
Ziad Trabelsi (Tunisia) oud, voce – Messaggero della Regina della Notte
Emanuele Bultrini (Italia) chitarre – Ragazzo
Fabrizio Savone (Italia) trombone, euphonium – canto
Luca Ginesti (Italia) corno
e i musicisti ospiti
Maria Laura Martorana (Italia) voce - Regina della Notte
Sylvie Lewis (Inghilterra) voce, chitarra - Pamina
L'orchestra di Piazza Vittorio è nata in seno all'Associazione Apollo 11 ed è stata ideata e creata da Mario Tronco ed Agostino Ferrente.
L’idea è nata nel 2007 da una proposta di Daniele Abbado per la Notte Bianca di Reggio Emilia. “Il progetto - racconta - ci sembrava folle, poi abbiamo deciso di svilupparlo come se l’opera di Mozart fosse una favola musicale tramandata in forma orale e giunta in modi diversi a ciascuno dei nostri musicisti”. Non è né una riduzione (un’ora e mezza senza intervallo), né una versione semplificata, ma una vera e propria traduzione. La musica è soprattutto voce e ritmo, paradossalmente prosa.
E’ l’elemento autenticamente esoterico di Amadeus Mozart, quello dell’oralità e dei misteri, che viene posto in evidenza e della favola che incontra l’infanzia come un miracolo. Come accade ogni volta che una storia viene trasmessa di bocca in bocca, le vicende e i personaggi si sono trasformati, e anche la musica si è allontanata dall’originale. I ruoli sono stati affidati ai musicisti in base ad una somiglianza di carattere o per affinità con certe esperienze vissute: ad esempio Tamino è Ernesto Lopez Maturell, un ragazzo che ha tutta l’esuberanza della sua giovane età. Più che dall’amore per Pamina, interpretata dalla folk singer anglo-americana Sylvie Lewis (voce elegante, solare, un physique du rôle forse un po’ moderno più da racconto di Natale) che è una persona dolce ma determinata, il nostro principe è mosso dal desiderio di avventura e dalla paura dell’ignoto, che a quell’età si trasforma in eccitazione. Il mago Sarastro è Carlos Paz, un artista con un rapporto molto forte con la politica e la religione, che ci racconta spesso dei riti sciamanici del suo paese; lui stesso ha qualcosa dello sciamano.
La recensione integrale su Saltinaria.it
lunedì 13 ottobre 2014
lunedì 6 ottobre 2014
Dal 16 al 19 ottobre Calabbria Teatro Festival
La IV edizione
del Calàbbria Teatro Festival, organizzata
dall’Associazione Culturale Khoreia 2000,
si terrà a Castrovillari dal 16 al
19 ottobre nella splendida cornice del Protoconvento Francescano. Una
manifestazione che continua, di anno in anno, a stupire per l’abilità di
rinnovarsi e di non ripetersi nelle tematiche sociali che decide di affrontare
e nelle varie attività collaterali agli spettacoli in cartellone (mostre
d’arte, installazioni, performance di danza, laboratori, incontri e proiezioni
video). Infatti, l’evento, quest’anno, assume una maggiore rilevanza aprendo il
“sipario” al I Festival di corti teatrali. La rassegna che da sempre propone un teatro professionale, partecipato e low cost
consolida il suo obiettivo di avvicinare e aggregare nuovo pubblico, facendolo
incuriosire e innamorare del teatro, attraverso spettacoli accessibili sia
nella fruizione, sia nel costo del biglietto. “Crediamo che il teatro e la
cultura tutta – dichiara Rosy Parrotta – siano beni primari, necessari per lo sviluppo e il miglioramento
individuale e sociale. Ecco perché si è deciso di dare a ogni edizione un filo
conduttore che spinga lo spettatore a riflettere e a confrontarsi. Tema di
quest’anno è “diversamente amore”.
Il
programma propone una quattro giorni ricca di appuntamenti invitanti e
stimolanti:
Spettacoli
Venerdì 17 ottobre – Ore 21.00 – Teatro Sybaris
Khoreia 2000 – Viole’
Sabato 18 ottobre – Ore 21.00 – Teatro Sybaris
Il Carro dell’ Orsa – Sissy Boy
Domenica 19 ottobre – dalle ore 18.00 – Teatro Sybaris
I Festival
Corti Teatrali
Performance (Ingresso
libero)
Giovedì 16 ottobre – Ore 20.00 – Sala 14 – Protoconvento
francescano
Khoreia 2000
Studio Danza – L’amore va oltre
Giovedì 16 ottobre – Ore 22.00 – Centro storico
Gruppo Folkloristico Città di Castrovillari – Sirinata alla zita
Incontri (Ingresso
libero)
Venerdì 17 ottobre – Ore 18.00 – Sala 14
Presentazione
del libro Viole’ di Angela Micieli
a cura di Ilaria Guidantoni
Sabato 18 ottobre - Ore 18.00 – Sala 14
Presentazione
del libro Sensi e doppio senso di Franca Marino
Laboratorio (Iscrizione
gratuita – prenotazione obbligatoria)
Domenica 19 ottobre – Ore 10.00 > 13.00 / 17.00
> 20.00 – Chiostro – Protoconvento Francescano
cARTamore
Mostre (Ingresso
libero)
16 > 19 ottobre – Ore 18.30 > 21.00 – Sala
delle Arti – Protoconvento francescano
Inaugurazione: giovedì 16 ottobre – Ore 19.00
Asta di beneficenza: domenica 19 ottobre – Ore
10.30
Falsi d’autore
I capolavori della modernità in un unico percorso
espositivo: Futurismo e non solo
16 > 19 ottobre – Arte in Vetrina – Attività Commerciali della città.
Installazioni (Ingresso libero)
16 > 19
ottobre – Ore 18.00 > 21.00 –– Corridoi del piano superiore – Protoconvento francescano
Proiezioni
video (Ingresso
libero)
16 > 19
ottobre – Ore 18.00 > 21.00 –– Corridoi del piano superiore – Protoconvento francescano
Dopo Festival
16 > 19
ottobre – dalle ore 23.00 –– La Sartoria – Centro Storico
Espositori (Ingresso
libero)
Domenica 19 ottobre – Ore 10.00 > 13.00 / 17.00
> 20.00 – Chiostro – Protoconvento Francescano
Gastronomia, artigianato, sensibilizzazione
Apericena (Per i
signori spettatori compreso nel biglietto di ingresso)
16 > 19
ottobre – dalle ore 20.00 – Ingresso
galleria – Teatro Sybaris - Protoconvento francescano
Spazio ludico-ricreativo per bambini (Servizio
gratuito)
16 > 19 ottobre – Dalle ore 20:00 – Sala 8 –
Protoconvento francescano
La Calabria di ieri nelle
mani della Calabria di domani!
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