lunedì 22 luglio 2013

Colore, architettura e città: una riflessione sulla cultura del progetto sostenibile


Sabato, 20 Luglio 2013 Ilaria Guidantoni

Un grande simposio sul colore e l’ambiente urbano tra arte e architettura si è tenuto alla Casa dell’Architettura di Roma, promosso dall’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Roma e Provincia e dalla Consulta per il Progetto sostenibile e l’efficienza energetica, con il sostegno di Eurosolar Italia (Main sponsor OIKOS e sponsor MV Resilienti).

Patrizia Colletta, una delle anime del dibattito, Consigliere dell’Ordine e Presidente della Consulta Progetto sostenibile ed efficienza energetica, introducendo i lavori ha sottolineato come l’appuntamento rappresenti una sfida per gli architetti a livello internazionale, in particolare in un momento di crisi. Il colore infatti è sinonimo di riuso, riqualificazione, restauro a costi contenuti e in tempi rapidi; inoltre riveste un ruolo importante per l’aspetto della sostenibilità, considerato che l’uso sapiente favorisce il risparmio energetico. Dovrebbe pertanto essere inserito nelle agende dei politici e degli amministratori della città perché rappresenta uno dei parametri della vivibilità. Un esempio per tutti è la Tirana riveduta dove il colore, sebbene in un’opera di spontaneismo, ha cambiato il volto e il corpo di un’urbanizzazione dopo anni di architettura sovietica.
Ripensare la città come un’opera d’arte, “far funzionare il cervello in termini di creatività”, ha detto il nuovo Assessore all’Ambiente del Comune di Roma, Estella Marino, “è uno dei modi migliori per combattere la scarsità di risorse con la quale fa i conti il patrimonio pubblico storico-artistico. 
Oggi, direi purtroppo, il colore è percepito soprattutto come gusto e a livello emozionale per induzione della logica del mercato, ma originariamente era dotato di valore altamente simbolico, anche se soggetto a cambiamenti nel tempo e secondo il contesto.
Basti pensare al colore nero che, come ha raccontato Teresa Sapey, Architetto e Designer torinese, da molti anni residente in Spagna, è stato importato con la scoperta dell’America nel 1492 perché originato da un batterio che cresce sulle piante tropicali. La prima a indossarlo fu Isabella di Castiglia e dopo di lei i reali di Francia; finché successivamente passò come divisa di servizio perché non si sporca. Fu così fino all’inizio del Novecento quando Coco Chanel lo rimise in uso come colore della moda elegante e per il guardaroba femminile, con la famosa Petite robe noire. 
Attualmente è la moda a guidare il gusto e le tendenze in generale, ad esempio anche nella percezione del corpo e nella rivisitazione del femminile e maschile che con il colore gioca un'attribuzione importante.

L'articolo integrale su Saltinaria.it

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