E’ stata presentata oggi presso la Sala Arazzi della Rai di viale Mazzini, la terza edizione del Cinedeaf, il Festival Internazionale del Cinema Sordo di Roma, che si terrà dal 5 al 7 Giugno 2015 presso lo storico Teatro Palladium. Dalla sua nascita, nel 2012, Cinedeaf rappresenta una vetrina di respiro internazionale e un importante spazio di incontro culturale, per tutti. Patrocinata da Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Rai – Radio Televisione Italiana, Ministero degli Affari Esteri, Prix Italia, Ente Nazionale Sordi, Comune di Roma – Assessorato alla Cultura e Municipio VIII, con la mediapartnership di Comunità Radiotelevisiva Italofona, Agenzia ANSA e Vlog Sordi, gode sin dalla sua prima edizione di numerose collaborazioni con realtà associative e istituti di cultura che ne hanno compreso il valore culturale.
Invitati a intervenire, Loredana Cornero - Segretaria generale della Comunità Radiotelevisiva Italofona - ha sottolineato l’impegno di RAI nei confronti delle tematiche legate alla sordità e ha evidenziato l’interesse della Comunità Radiotelevisiva Italofona a sostenere il festival poiché crede fortemente nella possibilità di veicolare, attraverso le molteplici espressioni di ogni lingua, non soltanto la bellezza ma anche l'importanza della cultura come fattore di inclusione sociale e sviluppo personale. A seguire il Professor Ivano Spano - Commissario Straordinario dell’Istituto Statale per Sordi di Roma (ISSR) - ha presentato l'impegno dell'ente per la diffusione e la promozione della lingua e della cultura sorda, attraverso le attività e i servizi che esso offre sul territorio. Ha poi raccontato la nascita del Festival, di cui l’ISSR è promotore, e la mutata considerazione delle persone sorde nella società odierna attraverso la loro stessa rappresentazione nella storia del cinema.
Linda Lanzillotta - Vice Presidente del Senato – ha raccontato il suo incontro con la LIS attraverso la scuola bilingue (Italiano-Lingua dei Segni Italiana) frequentata dalle nipoti e di come questa esperienza l’abbia arricchita personalmente. La LIS, ha affermato, è una vera e propria lingua con una sua struttura grammaticale e sintassi e, come tale, fa parte del nostro patrimonio culturale di italiani e di europei e le va resa dignità.
Pierluigi Regoli - Assessorato alla Cultura e alle politiche Giovanili della Regione Lazio – che ha seguito il Festival sin dalla sua prima edizione afferma di averlo visto crescere significativamente e di apprezzarne, non soltanto la funzione sociale ma anche la qualità artistica. Ha poi sottolineato come il carattere itinerante attraverso lo spostamento in diversi quartieri della città di Roma abbia contribuito a sensibilizzare la Città su questioni culturali e sociali.
Rosanna Grimaldi - Direzione Generale per il Cinema del MiBACT - ha dato risalto al respiro internazionale del CINEDEAF che si sta facendo spazio nel panorama culturale della città di Roma.
Alle 13, puntuale per il pranzo, il saluto di Chef Rubio, testimonial d'eccezione del Cinedeaf, che con la sua video ricetta della Cacio e Pepe in LIS lancia l'appuntamento con la cerimonia di premiazione in sua compagnia del Cinedeaf domenica 7 giugno alle ore 21.00.
A chiudere Valeria Golino, madrina d’onore della manifestazione, e Deborah Donadio, una delle organizzatrici del Festival, hanno raccontato la loro collaborazione sul set del film Per amor vostro, in cui la Golino interpreta la mamma di un ragazzo sordo, e hanno lanciato insieme l’hashtag per la campagna #LazioLoveLIS a supporto del recente riconoscimento della Lingua dei Segni Italiana da parte del Consiglio Regionale del Lazio perché questo, dice Deborah “è un segnale presente che dà speranze per un futuro possibile: quello di un riconoscimento della LIS a livello nazionale”.
mercoledì 27 maggio 2015
Presentata l'edizione 2015 di Cinedeaf alla Rai
Le anime delle metropoli di Carmine Ciccarini. Roma, Biblioteca Angelica
Ilaria Guidantoni, 24 Maggio 2015
Dall’iperealismo fotografico ad uno sguardo emozionale sulle grandi metropoli che si animano dalla parte del vissuto umano, anche quando finiscono per inghiottirlo. C’è una nuova tecnica e uno stile differente che segna il biennio 2013-2014 nella pittura di Carmine Cerrarini. La mostra segna una volta anche nel titolo: le città viste nel segno dell’anima che è vita.
Carmine Ciccarini torna a Roma, nello stesso luogo – la Biblioteca Angelica della centrale Piazza Sant’Agostino – ad un anno di distanza e segna una svolta senza buttarsi alle spalle al passato. Per scelta, ci ha raccontato dall’inaugurazione della sua personale “Le anime delle metropoli”, ha deciso di mostrare i lavori di un decennio più o meno, dal 2005 al 2015, per dare continuità ad un lavoro che non è rinnegato né superato ma si è ampliato e ha trovato una nuova angolatura. Dopo anni di dedizione all’architettura, che resta la passione di questo medico abruzzese di Chieti, sempre più dedito all’arte, che ha fotografato città senza persone, la presenza umana diventa un elemento essenziale anche se non centrale tecnicamente parlando.
La fotografia resta il punto di partenza dell’ispirazione di Carmine dal quale però oggi prende la giusta distanza per distaccarsi dalla riproduzione creando una sorta di “capriccio” barocco, unendo elementi provenienti da tableaux vivants diversi. Una sorta di contaminazione che diventa emozionale, sfumata Cambia lo stile e cambia, si affina la tecnica, con una maggiore sperimentazione, talora spericolata: il disegno con la penna acrilica, i cartoni ruvidi per sottolineare il tema di un’opera o ancora l’incausto sull’olio che mangia il colore. Il soggetto centrale della sua arte resta la metropoli, New York in prima linea che conobbe negli anni Ottanta restandone profondamente impressionato - ma anche Chicago, Londra, Sidney, Parigi. Se si possono rintracciare ascendenze futuristiche o legate a Sironi per la fascinazione della città contemporanea, l’attenzione per l’architettura, la monumentalità della modernità o ancora a Hopper per il senso di desolazione e solitudine, c’è una nota mediterranea che stempera la modernità tecnica e fotografica nell’emozione, nella vibrazione della partecipazione. Lo sguardo prima sempre dall’alto di città solitarie dove la presenza umana era intuita attraverso elementi funzionali alla vita come un lampione e un taxi che ne denunciavano comunque l’esistenza, diventa ora una presa diretta dal basso, lo sguardo appoggiato su un particolare e l’attenzione all’umano anche quando emarginato dall’invasività dell’urbanizzazione.
L'articolo integrale su Saltinaria.it
Dall’iperealismo fotografico ad uno sguardo emozionale sulle grandi metropoli che si animano dalla parte del vissuto umano, anche quando finiscono per inghiottirlo. C’è una nuova tecnica e uno stile differente che segna il biennio 2013-2014 nella pittura di Carmine Cerrarini. La mostra segna una volta anche nel titolo: le città viste nel segno dell’anima che è vita.
Carmine Ciccarini torna a Roma, nello stesso luogo – la Biblioteca Angelica della centrale Piazza Sant’Agostino – ad un anno di distanza e segna una svolta senza buttarsi alle spalle al passato. Per scelta, ci ha raccontato dall’inaugurazione della sua personale “Le anime delle metropoli”, ha deciso di mostrare i lavori di un decennio più o meno, dal 2005 al 2015, per dare continuità ad un lavoro che non è rinnegato né superato ma si è ampliato e ha trovato una nuova angolatura. Dopo anni di dedizione all’architettura, che resta la passione di questo medico abruzzese di Chieti, sempre più dedito all’arte, che ha fotografato città senza persone, la presenza umana diventa un elemento essenziale anche se non centrale tecnicamente parlando.
La fotografia resta il punto di partenza dell’ispirazione di Carmine dal quale però oggi prende la giusta distanza per distaccarsi dalla riproduzione creando una sorta di “capriccio” barocco, unendo elementi provenienti da tableaux vivants diversi. Una sorta di contaminazione che diventa emozionale, sfumata Cambia lo stile e cambia, si affina la tecnica, con una maggiore sperimentazione, talora spericolata: il disegno con la penna acrilica, i cartoni ruvidi per sottolineare il tema di un’opera o ancora l’incausto sull’olio che mangia il colore. Il soggetto centrale della sua arte resta la metropoli, New York in prima linea che conobbe negli anni Ottanta restandone profondamente impressionato - ma anche Chicago, Londra, Sidney, Parigi. Se si possono rintracciare ascendenze futuristiche o legate a Sironi per la fascinazione della città contemporanea, l’attenzione per l’architettura, la monumentalità della modernità o ancora a Hopper per il senso di desolazione e solitudine, c’è una nota mediterranea che stempera la modernità tecnica e fotografica nell’emozione, nella vibrazione della partecipazione. Lo sguardo prima sempre dall’alto di città solitarie dove la presenza umana era intuita attraverso elementi funzionali alla vita come un lampione e un taxi che ne denunciavano comunque l’esistenza, diventa ora una presa diretta dal basso, lo sguardo appoggiato su un particolare e l’attenzione all’umano anche quando emarginato dall’invasività dell’urbanizzazione.
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Antigone 1945 - Teatro Due (Roma)
Ilaria Guidantoni Sabato, 23 Maggio 2015
Antigone in versione italiana, 1945: epurata dal tragico, dalla presenza del coro e dall’universalità del dramma di Sofocle, questa riscrittura sembra attingere sia all’opera di Bertolt Brecht sia a quella di Jean Anouhil. La modernizzazione offre lo spunto più interessante di questo lavoro, critica feroce al potere di qualsiasi colore sia, quando pretende di essere legittimato a comandare e non solo a governare e soprattutto riflessione profonda e articolata sulle ragioni del cuore, quelle di Antigone. In questa versione infatti si è lontani dal manicheismo che oppone Creonte ad Antigone, come il male al bene, perché questa volta l’eroina tragica non è politicamente corretta e chiede un salto mortale allo spettatore. E’ meno facile schierarsi ed è necessario considerare le ragioni della vita che a volte non hanno una sola verità. Infine riflessione al femminile e femminista, sul potere sempre al maschile anche quando è o sembra “dalla parte giusta”, per cui tra gli stessi partigiani si evince il maschilismo. Considerazione decisamente attuale. Un lavoro semplice ma ben fatto che non dimentica nessun aspetto dello spettacolo. Curato e attento.
Teatro dell’Osso - Lioni (AV) presenta
nell'ambito di DO IT . Festival Drammaturgie Oltre Il Teatro
ANTIGONE 1945
scritto e diretto da Mirko Di Martino
con Titti Nuzzolese e Luca Di Tommaso
Menzione speciale alla drammaturgia, Festival della Resistenza - Parma, 2014
Aprile 1945, una città dell’Italia del Nord: i fascisti e i tedeschi sono in fuga. Ora che c’è stata la Liberazione e i partigiani sono riusciti a scacciare i fascisti, la Repubblica va costruita a tutti i costi...costi appunto quel che costi. La giovane Antigone si oppone alla legge dello Stato in nome della legge del sentimento, che la obbliga a prendersi cura del fratello morto Polinice perché, come lei sostiene, tutti i morti sono uguali e meritano rispetto. Consapevole del divieto di sepoltura ai traditori va incontro al suo destino e accetta il verdetto dello zio Creonte, comandante in carica. La colpa di Polinice è quella di aver tradito la causa partigiana ed essere stato dalla parte del “male”, probabilmente anche colpevole di aver guidato spedizioni punitive e aver diretto torture insensate. Eteocle invece è l’eroe buono, legato al fratello da un amore antico e viscerale che poi lo ha visto opposto al suo stesso sangue per divergenza di idee. Su tutto e per tutti, c’è la guerra: dura, crudele, spietata che condiziona il passato, il presente e il futuro.
La recensione integrale su Saltinaria.it
Antigone in versione italiana, 1945: epurata dal tragico, dalla presenza del coro e dall’universalità del dramma di Sofocle, questa riscrittura sembra attingere sia all’opera di Bertolt Brecht sia a quella di Jean Anouhil. La modernizzazione offre lo spunto più interessante di questo lavoro, critica feroce al potere di qualsiasi colore sia, quando pretende di essere legittimato a comandare e non solo a governare e soprattutto riflessione profonda e articolata sulle ragioni del cuore, quelle di Antigone. In questa versione infatti si è lontani dal manicheismo che oppone Creonte ad Antigone, come il male al bene, perché questa volta l’eroina tragica non è politicamente corretta e chiede un salto mortale allo spettatore. E’ meno facile schierarsi ed è necessario considerare le ragioni della vita che a volte non hanno una sola verità. Infine riflessione al femminile e femminista, sul potere sempre al maschile anche quando è o sembra “dalla parte giusta”, per cui tra gli stessi partigiani si evince il maschilismo. Considerazione decisamente attuale. Un lavoro semplice ma ben fatto che non dimentica nessun aspetto dello spettacolo. Curato e attento.
Teatro dell’Osso - Lioni (AV) presenta
nell'ambito di DO IT . Festival Drammaturgie Oltre Il Teatro
ANTIGONE 1945
scritto e diretto da Mirko Di Martino
con Titti Nuzzolese e Luca Di Tommaso
Menzione speciale alla drammaturgia, Festival della Resistenza - Parma, 2014
Aprile 1945, una città dell’Italia del Nord: i fascisti e i tedeschi sono in fuga. Ora che c’è stata la Liberazione e i partigiani sono riusciti a scacciare i fascisti, la Repubblica va costruita a tutti i costi...costi appunto quel che costi. La giovane Antigone si oppone alla legge dello Stato in nome della legge del sentimento, che la obbliga a prendersi cura del fratello morto Polinice perché, come lei sostiene, tutti i morti sono uguali e meritano rispetto. Consapevole del divieto di sepoltura ai traditori va incontro al suo destino e accetta il verdetto dello zio Creonte, comandante in carica. La colpa di Polinice è quella di aver tradito la causa partigiana ed essere stato dalla parte del “male”, probabilmente anche colpevole di aver guidato spedizioni punitive e aver diretto torture insensate. Eteocle invece è l’eroe buono, legato al fratello da un amore antico e viscerale che poi lo ha visto opposto al suo stesso sangue per divergenza di idee. Su tutto e per tutti, c’è la guerra: dura, crudele, spietata che condiziona il passato, il presente e il futuro.
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lunedì 25 maggio 2015
“David LaChapelle, dopo il Diluvio” al Palazzo delle Esposizioni di Roma
Ilaria Guidantoni Venerdì, 22 Maggio 2015
ROMA, PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI
30 aprile – 13 settembre 2015
Il ritorno a Roma, città della svolta del grande fotografo, con alcuni inediti e un'esposizione monumentale legata al Diluvio, ispirato alla Cappella Sistina. La monumentalità della raccolta è un impatto frontale tra iper-realismo e motivazione sociale, provocazione più che critica. Indietreggia la figura umana, talora, scompare e forse ne guadagna in profondità e in ironia l'opera. È alle spalle, o quasi, il retaggio pubblicitario e l'ammiccamento al mondo della moda, derivazione degli anni Ottanta. Più interessanti le opere dove lo choc è un effetto e non l'obiettivo o un risultato collaterale come ne' "Il mio Gesù privato".
Il Palazzo delle Esposizioni di Roma presenta dal 30 aprile al 13 settembre la mostra “David LaChapelle, dopo il Diluvio” a cura di Gianni Mercurio. La rassegna, promossa da Roma Capitale ‐ Assessorato alla Cultura e Turismo e prodotta da Azienda Speciale Palaexpo in collaborazione con Madeinart e David LaChapelle Studio, è una delle più importanti e vaste retrospettive dedicate al grande artista e fotografo americano. In mostra esposte oltre 100 opere tra le quali alcune inedite; altre presentate per la prima volta in un museo e molte di grande formato, che arrivano a oltre sette metri per due.
La mostra si è concentrata sui lavori realizzati dall’artista a partire dal 2006, anno di produzione della monumentale serie intitolata “The Deluge”, che segna un punto di svolta profonda nel lavoro di David LaChapelle. Ispirato al grande affresco michelangiolesco della Cappella Sistina, questo ciclo descrive la distruzione di una società basata sul consumismo, con una speranza però di redenzione e spinge il fotografo a ritornare sui suoi passi, quelli propriamente artistici.
La recensione integrale su Saltinaria.it
ROMA, PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI
30 aprile – 13 settembre 2015
Il ritorno a Roma, città della svolta del grande fotografo, con alcuni inediti e un'esposizione monumentale legata al Diluvio, ispirato alla Cappella Sistina. La monumentalità della raccolta è un impatto frontale tra iper-realismo e motivazione sociale, provocazione più che critica. Indietreggia la figura umana, talora, scompare e forse ne guadagna in profondità e in ironia l'opera. È alle spalle, o quasi, il retaggio pubblicitario e l'ammiccamento al mondo della moda, derivazione degli anni Ottanta. Più interessanti le opere dove lo choc è un effetto e non l'obiettivo o un risultato collaterale come ne' "Il mio Gesù privato".
Il Palazzo delle Esposizioni di Roma presenta dal 30 aprile al 13 settembre la mostra “David LaChapelle, dopo il Diluvio” a cura di Gianni Mercurio. La rassegna, promossa da Roma Capitale ‐ Assessorato alla Cultura e Turismo e prodotta da Azienda Speciale Palaexpo in collaborazione con Madeinart e David LaChapelle Studio, è una delle più importanti e vaste retrospettive dedicate al grande artista e fotografo americano. In mostra esposte oltre 100 opere tra le quali alcune inedite; altre presentate per la prima volta in un museo e molte di grande formato, che arrivano a oltre sette metri per due.
La mostra si è concentrata sui lavori realizzati dall’artista a partire dal 2006, anno di produzione della monumentale serie intitolata “The Deluge”, che segna un punto di svolta profonda nel lavoro di David LaChapelle. Ispirato al grande affresco michelangiolesco della Cappella Sistina, questo ciclo descrive la distruzione di una società basata sul consumismo, con una speranza però di redenzione e spinge il fotografo a ritornare sui suoi passi, quelli propriamente artistici.
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venerdì 22 maggio 2015
Atletico Minaccia Football Club - Teatro de' Servi (Roma)
Ilaria Guidantoni, 19 Maggio 2015
Dal 12 al 31 maggio. Il calcio di periferia disegna un affresco grottesco, cinico e amaro, con qualche punta di tenerezza, purtroppo credibile nella sua volgarità e pochezza. Affari da quattro soldi, allenatori falliti e sognatori, proprietari mezze tacche e personaggi improvvisati. Il mondo extra napoletano, quello che guarda a Napoli come un mito, è un mondo di crudele quotidianità, di precariato, di buoni sentimenti inariditi dalla penuria di mezzi e da sogni mai realizzati. Eppure in questa commedia che racconta una certa volgarità dove tutto diventa kitsch c’è lo spazio per un messaggio: la famiglia come nucleo di sentimenti e valori resta per alimentare i sogni e raccoglierne la disillusione e fa muro contro la violenza della società.
Ventottodieci Produzioni e Laprimamericana Musicant presentano
ATLETICO MINACCIA FOOTBALL CLUB
tratto dall’omonimo romanzo di Marco Marsullo (Ed. Einaudi)
con Stefano Sarcinelli, Gigi Savoia, Barbara Begala e Valentina Di Leva
adattamento e regia Fabrizio Bancale
La stagione del Teatro de’ Servi si chiude con una commedia che ruota intorno al mondo del calcio, “Atletico Minaccia Football Club” che, a tratti in modo ridanciano, fa goal nel dolore quotidiano di vite ai margini: calciatori di fortuna, giocatori non per vocazione ma per trovare una strada o una via di fuga, personaggi profittatori più o meno squallidi, e piccoli uomini da grandi sogni. Lo spettacolo, tratto dall’omonimo romanzo di Marco Marsullo (Ed. Einaudi), resterà in scena sino a domenica 31 maggio, grazie all’adattamento e la regia di Fabrizio Bancale, e vede come protagonisti Stefano Sarcinelli e Gigi Savoia, affiancati da Barbara Begala e Valentina Di Leva.
Il testo è un’alternanza di dialoghi e brevi - brevissime - riflessioni del protagonista, Vanni Cascione (Stefano Sarcinelli), ormai attempato allenatore, affetto da patologica venerazione per Josè Mourinho, ma più tristemente conosciuto per i suoi ripetuti esoneri che per i suoi trionfi sportivi; accanto a lui Lucio Magia (Gigi Savoia), un nome un programma, sedicente direttore sportivo, sempre al verde e assiduo frequentatore di prostitute extracomunitarie.
La recensione integrale su Saltinaria.it
Dal 12 al 31 maggio. Il calcio di periferia disegna un affresco grottesco, cinico e amaro, con qualche punta di tenerezza, purtroppo credibile nella sua volgarità e pochezza. Affari da quattro soldi, allenatori falliti e sognatori, proprietari mezze tacche e personaggi improvvisati. Il mondo extra napoletano, quello che guarda a Napoli come un mito, è un mondo di crudele quotidianità, di precariato, di buoni sentimenti inariditi dalla penuria di mezzi e da sogni mai realizzati. Eppure in questa commedia che racconta una certa volgarità dove tutto diventa kitsch c’è lo spazio per un messaggio: la famiglia come nucleo di sentimenti e valori resta per alimentare i sogni e raccoglierne la disillusione e fa muro contro la violenza della società.
Ventottodieci Produzioni e Laprimamericana Musicant presentano
ATLETICO MINACCIA FOOTBALL CLUB
tratto dall’omonimo romanzo di Marco Marsullo (Ed. Einaudi)
con Stefano Sarcinelli, Gigi Savoia, Barbara Begala e Valentina Di Leva
adattamento e regia Fabrizio Bancale
La stagione del Teatro de’ Servi si chiude con una commedia che ruota intorno al mondo del calcio, “Atletico Minaccia Football Club” che, a tratti in modo ridanciano, fa goal nel dolore quotidiano di vite ai margini: calciatori di fortuna, giocatori non per vocazione ma per trovare una strada o una via di fuga, personaggi profittatori più o meno squallidi, e piccoli uomini da grandi sogni. Lo spettacolo, tratto dall’omonimo romanzo di Marco Marsullo (Ed. Einaudi), resterà in scena sino a domenica 31 maggio, grazie all’adattamento e la regia di Fabrizio Bancale, e vede come protagonisti Stefano Sarcinelli e Gigi Savoia, affiancati da Barbara Begala e Valentina Di Leva.
Il testo è un’alternanza di dialoghi e brevi - brevissime - riflessioni del protagonista, Vanni Cascione (Stefano Sarcinelli), ormai attempato allenatore, affetto da patologica venerazione per Josè Mourinho, ma più tristemente conosciuto per i suoi ripetuti esoneri che per i suoi trionfi sportivi; accanto a lui Lucio Magia (Gigi Savoia), un nome un programma, sedicente direttore sportivo, sempre al verde e assiduo frequentatore di prostitute extracomunitarie.
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Paranza. Il miracolo - Teatro Elfo Puccini (Milano)
Ilaria Guidantoni, 18 Maggio 2015
Il precariato come dramma lirico in una versione liturgica che mescola il teatro popolare da strada e le processioni, religiosità popolare e contemporaneità nella quale il senza lavoro resta un povero dalla vita misera. Un'opera collettiva che sembra nascere da un canovaccio prima che da un testo incardinato, dove gli attori reggono il lavoro da una prospettiva inconsueta. Molto preparati dal punto di vista tecnico, lo spettacolo si impone per originalità confermando una contemporaneità legata all’essenzialità della scena, a certa scarnificazione pur mantenendo la ripetitività tipica delle nenie e delle litanie. Qualche asciugatura possibile. Certamente un lavoro da vedere, coraggioso, che non rischia la genericità per il richiamo ai fatti di cronaca.
PARANZA. IL MIRACOLO
un progetto di Clara Gebbia, Katia Ippaso, Enrico Roccaforte, Antonella Talamonti
dramaturg e autore delle liriche Katia Ippaso
regia Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte
Paranza - il miracolo è una parabola in cui si narra di un pellegrinaggio laico, una sorta di processione di quattro disgraziati, straccioni, con un’ex vita più che dignitosa e, in alcuni casi, perfino di successo. Paranza è la barca notturna da pesca che esce di notte ma anche una sorta di baldacchino, di macchina scenica che portano in spalla come fosse un’attività professionale, l’unica ormai disponibile per quattro emarginati. Persone che il mondo ha espulso e che si ritrovano sole, con la vergogna di doversi scoprire come chi racconta di una casa rossa con ben cinque porte, cinque finestre di cui due grandi, specchi e specchietti e perfino un tappetino e delle piante. Peccato che sia la descrizione di una macchina, l’unica proprietà di un’esistenza sfilacciata e ridotta a brandelli.
E’ un viaggio che nasce raccogliendo le prime quattro persone disponibili, che va verso il nulla e la cui unica meta è imparare a pregare nel senso più umano del termine, a chiedere scusa (perdono) dei propri sbagli e a chiedere, a chiedere il pane quotidiano, a fermare qualcuno per chiedere l' elemosina. In poche parole, imparare l’umiltà. E’ così che colei che, non riuscendo a fare la cantante presta la propria voce, vende la propria voce, dai rumori di scena e fuori scena alle prestazioni liriche, sale in cime alla “macchina” e assume il ruolo della Vergine.
La recensione integrale su Saltinaria.it
Il precariato come dramma lirico in una versione liturgica che mescola il teatro popolare da strada e le processioni, religiosità popolare e contemporaneità nella quale il senza lavoro resta un povero dalla vita misera. Un'opera collettiva che sembra nascere da un canovaccio prima che da un testo incardinato, dove gli attori reggono il lavoro da una prospettiva inconsueta. Molto preparati dal punto di vista tecnico, lo spettacolo si impone per originalità confermando una contemporaneità legata all’essenzialità della scena, a certa scarnificazione pur mantenendo la ripetitività tipica delle nenie e delle litanie. Qualche asciugatura possibile. Certamente un lavoro da vedere, coraggioso, che non rischia la genericità per il richiamo ai fatti di cronaca.
PARANZA. IL MIRACOLO
un progetto di Clara Gebbia, Katia Ippaso, Enrico Roccaforte, Antonella Talamonti
dramaturg e autore delle liriche Katia Ippaso
regia Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte
Paranza - il miracolo è una parabola in cui si narra di un pellegrinaggio laico, una sorta di processione di quattro disgraziati, straccioni, con un’ex vita più che dignitosa e, in alcuni casi, perfino di successo. Paranza è la barca notturna da pesca che esce di notte ma anche una sorta di baldacchino, di macchina scenica che portano in spalla come fosse un’attività professionale, l’unica ormai disponibile per quattro emarginati. Persone che il mondo ha espulso e che si ritrovano sole, con la vergogna di doversi scoprire come chi racconta di una casa rossa con ben cinque porte, cinque finestre di cui due grandi, specchi e specchietti e perfino un tappetino e delle piante. Peccato che sia la descrizione di una macchina, l’unica proprietà di un’esistenza sfilacciata e ridotta a brandelli.
E’ un viaggio che nasce raccogliendo le prime quattro persone disponibili, che va verso il nulla e la cui unica meta è imparare a pregare nel senso più umano del termine, a chiedere scusa (perdono) dei propri sbagli e a chiedere, a chiedere il pane quotidiano, a fermare qualcuno per chiedere l' elemosina. In poche parole, imparare l’umiltà. E’ così che colei che, non riuscendo a fare la cantante presta la propria voce, vende la propria voce, dai rumori di scena e fuori scena alle prestazioni liriche, sale in cime alla “macchina” e assume il ruolo della Vergine.
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venerdì 8 maggio 2015
DACRYL, MATIÈRE À CRÉATION - Un designer algerino a Parigi
Un amico, Abdi, tra le vocii del mio libro "Marsiglia-Algeri, viaggio al chiaro di luna", ad una collettiva
28 mai - 07 juin 2015 • 39 avenue George V - Paris
Valérie et Gilbert Meyer, fondateurs de Dacryl®
sont heureux de vous inviter à découvrir l’exposition
DACRYL, MATIÈRE À CRÉATION
Exposition ouverte au public tous les jours de 11h à 19h
du jeudi 28 mai au dimanche 07 juin 2015.
Dacryl® explore un lieu éphémère, le temps de mettre en scène la matière avec également la complicité des designers Abdi, Christian Ghion, [o,o] et Thomas Bastide.
SPECIAL GUEST
Richard Orlinski
Valérie and Gilbert Meyer, founders of Dacryl®
are pleased to invite you to the exhibition
DACRYL, MATIÈRE À CRÉATION
Open to the public every day from 11 a.m till 7 p.m
between Thursday, May 28th and Sunday, June 7th inclusive.
The exhibition takes place in an ephemeral space where Dacryl® will highlight its products in collusion with the following designers :
Abdi, Christian Ghion, [o,o] and Thomas Bastide.
ABDI, Ancien diplômé de l’École des Beaux-Arts d’Alger en 1977, de l’École d’architecture et de celle des Arts décoratifs de Paris en 1981, Abdi est parvenu à se tailler une place de choix dans cet univers très fermé et hermétique auquel appartiennent les designers.
Sex-appeal des Figures - Librairie Millefeuilles
A la Marsa Corniche – Tunis
Librairie Millefeuilles
Vendredi 8 Mai, à partir de 18.oo heures, il y aura le vernissage de l’exposition personnelle de l’artiste Jneina Messaoudi, «Sex-appeal des Figures».
«Il y a, en art, des joies d'un érotisme exceptionnel. Légère comme une petite brise, la peinture bien mâtée de l'artiste Jneïna Messaoudi est de celles-là. Elle se donne à voir comme une jupette printanière se mouvant sur les cuisses d'une jeune cycliste. Nul doute que les éperdus du plaisir savent tout le bien qu'il faut en penser. Il est temps que nous autres, les fidèles rares du désir, l'apprenions aussi - car la peinture, aujourd'hui, est avant tout affaire de Sex-appeal.
Cela faisait déjà quelques années que l'on se languissait de pouvoir goûter la peinture exquise de Jneina Messaoudi - cela remontait à son méticuleux « Gorbej », une fabuleuse fabrique d'art artisanal montée en 2013. Mais la retrouver aujourd'hui sous un nouveau jour chez Mille Feuilles, avec une flambante exposition figurale, réjouit d'autant plus que le manque a été grand. Son sujet ? Une alternative esthétique : ou bien faire du désir la pulsion colorante d'un visage, ou bien en recevoir les griffes du trait en pleine figure. Le résultat ? Une quadruple série de Figures, fraîchement stylées et cruellement naïves, qui n'omettent rien des intensités joyeuses de l'affect - jusqu'aux rires qui leur échappent, jusqu'aux baisers volés qu'elles nous crachent. Toujours en pleine figure.
Car, s'il fallait bien que désir et plaisir s'y rencontrent, il fallait aussi donner le nom juste, et donc réversible, au principe de cette rencontre: “Sex-appeal des Figure”»
Librairie Millefeuilles
Vendredi 8 Mai, à partir de 18.oo heures, il y aura le vernissage de l’exposition personnelle de l’artiste Jneina Messaoudi, «Sex-appeal des Figures».
«Il y a, en art, des joies d'un érotisme exceptionnel. Légère comme une petite brise, la peinture bien mâtée de l'artiste Jneïna Messaoudi est de celles-là. Elle se donne à voir comme une jupette printanière se mouvant sur les cuisses d'une jeune cycliste. Nul doute que les éperdus du plaisir savent tout le bien qu'il faut en penser. Il est temps que nous autres, les fidèles rares du désir, l'apprenions aussi - car la peinture, aujourd'hui, est avant tout affaire de Sex-appeal.
Cela faisait déjà quelques années que l'on se languissait de pouvoir goûter la peinture exquise de Jneina Messaoudi - cela remontait à son méticuleux « Gorbej », une fabuleuse fabrique d'art artisanal montée en 2013. Mais la retrouver aujourd'hui sous un nouveau jour chez Mille Feuilles, avec une flambante exposition figurale, réjouit d'autant plus que le manque a été grand. Son sujet ? Une alternative esthétique : ou bien faire du désir la pulsion colorante d'un visage, ou bien en recevoir les griffes du trait en pleine figure. Le résultat ? Une quadruple série de Figures, fraîchement stylées et cruellement naïves, qui n'omettent rien des intensités joyeuses de l'affect - jusqu'aux rires qui leur échappent, jusqu'aux baisers volés qu'elles nous crachent. Toujours en pleine figure.
Car, s'il fallait bien que désir et plaisir s'y rencontrent, il fallait aussi donner le nom juste, et donc réversible, au principe de cette rencontre: “Sex-appeal des Figure”»
martedì 5 maggio 2015
Uno sguardo mediterraneo
La scultrice siracusana Roberta Conigliaro a Milano
Torna dopo la personale dedicata alla poetessa suicida Antonia Pozzi alla collettiva “Mezzo minuto di raccoglimento”
Oratorio della Passione di Sant’Ambrogio
Dal 1° al 10 maggio 2015
Il vernissage sarà il 5 maggio alle ore 18.30
Mezzo minuto di raccoglimento
VI edizione
Laetitia Autrand
Manù Brunello
Dafna Cohen
Roberta Conigliaro
Camille Lesourd
Clara Luminoso
Mami Kawai
Paola Pietrogrande
Vernissage: martedì 5 maggio 2015
ore 18.30
1-10 maggio 2014
all'interno delle manifestazioni del Wine Garden
Antico Oratorio della Passione
Basilica di Sant’Ambrogio, Milano
L’Antico Oratorio della Passione, presso la Basilica di Sant’Ambrogio, per il sesto anno di fila, ospita
“Mezzo minuto di raccoglimento” una mostra collettiva di otto artiste che si confrontano sulle tematiche attinenti a Milano EXPO: pane e vino, terra e acqua, popoli e necessità.
Le artiste, provenienti da differenti paesi del mondo, e che lavorano con diversi materiali e tecniche, ci offriranno un "cucchiaino" del loro antidoto contro le grandi abbuffate, soprattutto retoriche, del nutrire il pianeta. Concetto di per sé arduo e sibillino che ambiguamente pone in essere l'inizio e la fine della cosiddetta catena alimentare: quella serie di elementi e di organismi ciascuno dei quali si serve di ciò che lo precede per essere preda di quanto lo segue. Le artiste di "Mezzo minuto di raccoglimento", Laetitia Autrand, Manù Brunello, Dafna Cohen, Roberta Conigliaro, Camille Lesourd, Clara Luminoso, Mami Kawai, Paola Pietrogrande, inoltre, dialogheranno con un'altra grande iniziativa che animerà lo spazio dell'Antico Oratorio della Passione per i mesi da maggio a settembre: il Milan Wine Garden.
Antico Oratorio della Passione di S. Ambrogio - info: 3356405004 (a cura di C. Mero)
Torna dopo la personale dedicata alla poetessa suicida Antonia Pozzi alla collettiva “Mezzo minuto di raccoglimento”
Oratorio della Passione di Sant’Ambrogio
Dal 1° al 10 maggio 2015
Il vernissage sarà il 5 maggio alle ore 18.30
Mezzo minuto di raccoglimento
VI edizione
Laetitia Autrand
Manù Brunello
Dafna Cohen
Roberta Conigliaro
Camille Lesourd
Clara Luminoso
Mami Kawai
Paola Pietrogrande
Vernissage: martedì 5 maggio 2015
ore 18.30
1-10 maggio 2014
all'interno delle manifestazioni del Wine Garden
Antico Oratorio della Passione
Basilica di Sant’Ambrogio, Milano
L’Antico Oratorio della Passione, presso la Basilica di Sant’Ambrogio, per il sesto anno di fila, ospita
"Anima" (particolare) di Roberta Conigiliaro |
Le artiste, provenienti da differenti paesi del mondo, e che lavorano con diversi materiali e tecniche, ci offriranno un "cucchiaino" del loro antidoto contro le grandi abbuffate, soprattutto retoriche, del nutrire il pianeta. Concetto di per sé arduo e sibillino che ambiguamente pone in essere l'inizio e la fine della cosiddetta catena alimentare: quella serie di elementi e di organismi ciascuno dei quali si serve di ciò che lo precede per essere preda di quanto lo segue. Le artiste di "Mezzo minuto di raccoglimento", Laetitia Autrand, Manù Brunello, Dafna Cohen, Roberta Conigliaro, Camille Lesourd, Clara Luminoso, Mami Kawai, Paola Pietrogrande, inoltre, dialogheranno con un'altra grande iniziativa che animerà lo spazio dell'Antico Oratorio della Passione per i mesi da maggio a settembre: il Milan Wine Garden.
Antico Oratorio della Passione di S. Ambrogio - info: 3356405004 (a cura di C. Mero)
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