Verdi
legge Verdi – Casa di riposo Giuseppe Verdi (Milano)
Non
poteva che partire da quella che il compositore considerava la sua opera più
bella, la casa di riposo per musicisti, lo spettacolo diretto da Massimiliano
Finazzer Flory, Verdi Legge Verdi,
promosso e sostenuto dalla Regione Lombardia, raffinato autoritratto in musica con il gusto dell’ironia. L’attore e
regista milanese conferma la sua originalità nel leggere testi storici e
restituirli vivi.
Una serata unica – ad ingresso
libero - il 27 gennaio per ricordare
Verdi con lo spettacolo verdi legge Verdi,
diretto da Massimiliano Finazzer Flory, regista di monologhi spesso
dedicati a grandi personaggi come nel caso di Leonardo, qualche anno fa al
Museo della scienza e della tecnica di Milano. Lo spettacolo – che sarà a Roma al Teatro della Cometa il 26
febbraio, tappa finale del giro – non poteva che partire da quella che il
compositore considerava la sua opera più
bella, una casa di riposo per musicisti. Recentemente tra l’altro è stata
rievocata in occasione della scomparsa dello chef, che voleva essere
considerato un cuoco, Gualtiero Marchesi che ha progettato la stessa idea per
chi crea in cucina. Finazzer Flory ha rimaneggiato la pièce del 2016 per la nuova tournée,
dedicata ai conservatori, luoghi dell’identità italiana, perché a suo parere
stiamo diventando analfabeti culturali, proprio noi italiani che siamo stati la
culla della musica, in particolare del melodramma. Lo spettacolo ricostruisce in forma di autoritratto la vita del
compositore di Roncole di Busseto, in provincia di Parma, a partire dal suo immenso epistolario, a
lungo trascurato. La casa di riposo intitolata al suo fondatore tutti gli
anni nell’anniversario della sua
scomparsa, avvenuta nel 1901 all’hotel De Milan, dov’era solito alloggiare quando
era nel capoluogo lombardo dedica un concerto. Quest’anno la proposta di
Finazzer si è incontrata con il sostegno non solo economico ma di partnership con la Regione Lombardia
che ha apprezzato lo spirito dello spettacolo, di valorizzazione del patrimonio del territorio attraverso i luoghi
dello stesso. La tournée lombarda
sarà ad esempio a Cremona nel Museo del violino e a Bergamo presso il
Conservatorio Donizzetti. “I tre temi
dello spettacolo sono l’Italia, la
natura e la figura del padre, ha spiegato Finazzer. Verdi, come mi ha
insegnato il maestro Muti, è l’italiano per eccellenza, trova il padre
spirituale in Shakespeare ed evoca la natura nei paesaggi della sua opera.” Accompagnato dalla pianista giapponese Yuna
Saito dell’Accademia del Teatro alla Scala, Finazzer veste, e si traveste
come d’abitudine, i panni dell’anziano
Verdi, proponendo una biografia romantica del compositore tra musica e parole.
Rispetto alla prima versione il racconto è più narrativo con il compositore che
racconta episodi salienti della sua vita che hanno segnato anche quella
artistica italiana. Il musicista
confessandosi idealmente davanti al pubblico racconta di essere nato nel
1813, in zona di occupazione francese, come ha appurato dopo anni, mente sua
mamma gli aveva sempre detto che era nato nel 1814. Figlio di due persone
semplici ma alfabetizzate fu affidato per l’educazione ad un prete e ne fu
contento, lui che voleva diventare organista. Il regalo più bello del padre fu una spinetta che divenne la sua
vocazione. Racconta infatti di non essere che un uomo di teatro che ha passato la vita a scrivere note, nella
convinzione che la musica sia universale e non esistano la musica italiana,
tedesca, francese, anche se sono gli individui che fanno la musica e che come
tali sono diversi l’uno dall’altro. Per
questo non ha voluto fondare una sua scuola. Alla musica e al suo rigore dedica
una vita, con un fervore costante che lo tiene spesso sveglio e soffrendo di
insonnia prende in odia l’indole pigra. Nel corso del suo racconto l’incontro con Wagner che non giudica né un profeta come i
suoi ammiratori né una brutta bestia come i suoi detrattori. Si intuisce
che la grande rivalità con il compositore d’Oltralpe è forse più qualcosa che è
stato creato dal pubblico e dalla critica. Certo il compositore nazionale
criticava di Wagner la complicazione di scegliere la via complicata e difficile
che spesso non rende un buon servizio alla musica. Come a dire: è la musica che
guida, non il cantante con i suoi capricci “che in passato hanno creato
manifestazioni brutte come il barocco”. Il
viaggio dello spettacolo accompagna il musicista nella sua vita artistica e
pubblica, mentre Finazzer non menziona l’aspetto privato, familiare, e
comincia con un’esperienza negativa: fu respinto per ragioni di età al
conservatorio di Milano ma lo studio con il maestro napoletano Lavinia lo
renderà soddisfatto per il rigore: due anni solo di fighe e canoni. E poi c’è
la storia delle opere tra successi e insuccessi, come la difficoltà di far
entrare nella stagione de la Scala di Milano il Nabucco, opera dell’allora giovane compositore: il successo però
poi arriva nel 1892. Così è per molte opere. Anche la Traviata al debutto veneziano non ebbe successo, mentre a Roma
venne censurata. Il grande maestro di Verdi rimane Shakespeare del quale musica
diverse opere come il Falstaff,
burlone per eccellenza e in qualche modo metafora della vita che è una burla.
Solo Re Lear non riuscì a
realizzarlo, forse spaventato, per sua ammissione, dalla visione della foresta.
Nel suo percorso anche un episodio di
vita politica legata ad un incarico nel quale si trovò quasi coinvolto come
deputato per volere del Conte Cavour. E ancora ci sono i viaggi perché Verdi,
pur amando soprattutto la campagna, la libertà di passeggiare e muoversi senza
meta, conobbe la Russia, amava Londra a parte il suo clima terribile e adorava
Parigi. Infine sentì approssimarsi la fine e la visse come una fuga, alla maniera del Falstaff, dando disposizioni per
funerali modestissimi, due preti, una croce, due candele, niente fiori e una
somma da devolvere in beneficienza. In qualche modo si congedò dal suo pubblico
che però continuò ad incontrare. Ecco Finazzer con una confessione e una
chiacchierata dai toni quasi sommessi ci restituisce un uomo rigoroso eppure
pieno di ardore e di passione, anche di livore per alcuni aspetti, battagliero
ma più in nome della musica che della propria gloria, del quale non ci sono
ritratti. Bisognerebbe chiedere, come dice all’inizio dello spettacolo, al suo
amico Giovanni Boldini, autore del celebre ritratto di Verdi.
Verdi legge Verdi
Casa
di riposo Giuseppe Verdi
Piazza
Buonarroti, 29 – Milano (MM Buonarroti, linea 1 per Rho-Fiera)
Tel.
024996009
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