Ilaria Guidantoni, 26 Aprile 2015
Una riscrittura prima che una rilettura, asciugata, depurata, spogliata di ogni ornamento che rischi il decorativismo. Filippo Gili si concentra sulla parola e gioca tutte le componenti dello spettacolo, assottigliandole ma affilandole allo stesso tempo, per tagliare la ridondanza. Il suo Amleto non è attualizzato; è attuale perché coglie l’universale e lo spettacolo scuote perché ha una forza interiore che non ha bisogno di vestirsi di potenza. La mano della regia, senza schiacciare l’interpretazione, guida e disegna la trama, plasma gli interpreti e si vede. Si riconosce senza tentennamenti. Ne esce un lavoro armonico con una parola molto lavorata, ruminata dagli attori, che alla fine convincono perché sono convinti. Hanno interiorizzato il messaggio e lo vivono nell’azione non frontale. Il pubblico è immerso nello spettacolo che si muove con continuità tra platea e palcoscenico, senza semplici incursioni, né ammiccamenti, e neppure strattonando lo spettatore.
Compagnia Stabile del Molise presenta
AMLETO
di William Shakespeare
con Daniele Pecci
regia e adattamento di Filippo Gili
con Pier Giorgio Bellocchio, Massimiliano Benvenuto, Silvia Benvenuto, Ermanno De Biagi, Pierpaolo De Mejo, Vincenzo De Michele, Pietro Faiella, Filippo Gili, Arcangelo Iannace, Liliana Massari, Daniele Pecci, Omar Sandrini, Antonio Serrano
scene Francesco Ghisu
costumi Daria Calvelli
disegno luci Giuseppe Filipponio
assistenti regia Ludovica Apollonj Ghetti, Francesca Bellucci
La regia di Gili non regala effetti speciali a nessun livello ma lascia una persistenza lunga nel gusto, armonica ed emotivamente forte. Elegante, composta perché non ha bisogno di trucchi da prestigiatore. Non vuole incantare nessuno e non dà risposte ma pone domande attraverso la credibilità dei personaggi. Nella scrittura che sfronda e taglia senza alterare la storia, c’è un’operazione di pulizia che rispetta il linguaggio classico e asseconda gli ‘alti’ e i ‘bassi’ della tragedia quale rappresentazione della vita che, rispetto alla commedia, più che distinguersi dal lato del genere, tragico rispetto al comico, nell’interpretazione “giliana” sale al di sopra della commedia per l’universalità della sua portata.
Per sottolineare questo compito, il dialogo dell’uomo con se stesso, il cuore della sua relazionalità nella famiglia, l’attaccamento terrestre e la tentazione del cielo - temi che sembrano favoriti per il regista, insieme alla meditazione sulla morte che pare interessarlo più della riflessione intellettualistica sull’esistenza - Filippo toglie l’enfasi propria dei potenti per regalarci la forza di parole spesso appena sussurrate. Il marcio della Danimarca diventa il male dell’epoca e l’arroganza dei potenti che credono di potersi permettere tutto, di poter calpestare i sentimenti ed annullare i valori morali, un tema di attualità. Solo che il messaggio non è banalizzato nell’attualizzazione; è piuttosto universalizzato, distillato oltre la temporalità, il contesto e il caso.
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martedì 28 aprile 2015
Amleto - Teatro Comunale Ridotto (L'Aquila)
Angkor 2015. Fotografie di Patrizia Molinari a cura di Manuela De Leonardis
Ilaria Guidantoni, 24 Aprile 2015
Acta International, Roma
dal 22 aprile al 22 maggio 2015
Inaugurazione mercoledì 22 aprile 2015 - ore 18.30
Un tempio fotografato su carta di riso dove il particolare iper-realistico abbandona la sua veste di riproduzione per diventare suggestione onirica, animarsi tra decorazione e spuma fiabesca. Senza perdere definizione i particolari ritratti da Patrizia Molinari, volano oltre il contesto e diventano opera. Alla galleria Acta International la serie Angkor 2015, realizzata durante un viaggio in Cambogia nel gennaio 2015. L’autrice isola frammenti del bassorilievo del corridoio del tempio di Angkor Wat, riformulando con un suo ritmo narrativo la sospensione temporale, l’incertezza che attraversa il mito e la storia.
Angkor 2015. Il viaggio, il racconto.
Gli episodi dei racconti epici del Ramayana e del Mahābhārata, testi sacri della religione induista, si snodano lungo le pareti del corridoio esterno del tempio di Angkor Wat, il più vasto monumento religioso al mondo. Un complesso architettonico intrappolato nella natura della giungla e miracolosamente preservato dalla distruzione dei Khmer rossi, la cui costruzione per mano del re khmer Suryavarman II, che lo dedicò a Vishnu, risale al 1113-1150 d.C.
Oggi Angkor Wat è il sito archeologico più visitato e fotografato della Cambogia (note, ma non per questo meno suggestive, le immagini dei fotografi Kenro Izu e Steve McCurry), dichiarato nel 1992 dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità: purtroppo non mancano le ferite della guerra civile nei campi minati che, tuttora, lo circondano.
Il passato emerge dalla semioscurità del corridoio del tempio come in un rotolo antico, attraverso il linguaggio scultoreo del bassorilievo, raccontando storie di uomini, tra angeli e demoni, divinità femminili e maschili, guerrieri, animali, schiavi e sovrani. Forti e deboli camminano insieme, fianco a fianco, tra nascite e morti, nel ciclico rinnovarsi delle stagioni, come scrive nel testo di presentazione all’esposizione Manuela De Leonardis.
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Acta International, Roma
dal 22 aprile al 22 maggio 2015
Inaugurazione mercoledì 22 aprile 2015 - ore 18.30
Un tempio fotografato su carta di riso dove il particolare iper-realistico abbandona la sua veste di riproduzione per diventare suggestione onirica, animarsi tra decorazione e spuma fiabesca. Senza perdere definizione i particolari ritratti da Patrizia Molinari, volano oltre il contesto e diventano opera. Alla galleria Acta International la serie Angkor 2015, realizzata durante un viaggio in Cambogia nel gennaio 2015. L’autrice isola frammenti del bassorilievo del corridoio del tempio di Angkor Wat, riformulando con un suo ritmo narrativo la sospensione temporale, l’incertezza che attraversa il mito e la storia.
Angkor 2015. Il viaggio, il racconto.
Gli episodi dei racconti epici del Ramayana e del Mahābhārata, testi sacri della religione induista, si snodano lungo le pareti del corridoio esterno del tempio di Angkor Wat, il più vasto monumento religioso al mondo. Un complesso architettonico intrappolato nella natura della giungla e miracolosamente preservato dalla distruzione dei Khmer rossi, la cui costruzione per mano del re khmer Suryavarman II, che lo dedicò a Vishnu, risale al 1113-1150 d.C.
Oggi Angkor Wat è il sito archeologico più visitato e fotografato della Cambogia (note, ma non per questo meno suggestive, le immagini dei fotografi Kenro Izu e Steve McCurry), dichiarato nel 1992 dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità: purtroppo non mancano le ferite della guerra civile nei campi minati che, tuttora, lo circondano.
Il passato emerge dalla semioscurità del corridoio del tempio come in un rotolo antico, attraverso il linguaggio scultoreo del bassorilievo, raccontando storie di uomini, tra angeli e demoni, divinità femminili e maschili, guerrieri, animali, schiavi e sovrani. Forti e deboli camminano insieme, fianco a fianco, tra nascite e morti, nel ciclico rinnovarsi delle stagioni, come scrive nel testo di presentazione all’esposizione Manuela De Leonardis.
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Controluce - Alberto Burri. Una vita d’artista di Alessandra Oddi Baglioni
Ilaria Guidantoni, 24 Aprile 2015
Roma, martedì 21 aprile 2015, ore 18,00 - Banco Popolare - Palazzo Altieri, Piazza del Gesù
Una scelta dialettica tra il romanzo e il saggio, sul filo di due generi letterari diversi che l’autrice volutamente costeggia e intreccia lasciando al lettore – attraverso un escamotage – la possibilità di percorrere insieme o alternativamente il viaggio su binari diversi. Dal libro emerge l’uomo Burri, prima dell’artista, raccontato con le sue inclinazioni prima che attraverso le sue opere. Dallo sfondo emerge il ritratto di un’epoca, la mentalità e i luoghi, in primis Roma e Città di Castello che gli ha dato i natali.
Nella cornice di Palazzo Altieri, si è tenuta la presentazione del libro le cui pagine scorrono sul confine sottile e difficile da gestire che divide il romando dal saggio: attraverso la vita e la storia di Burri, ma anche l’uomo Burri, i relatori che hanno introdotto il testo leggono una cornice più ampia, quella di un’epoca. Alessandra Oddi Baglioni descrive un affresco che racconta alcuni luoghi dell’arte, centrali per l’artista, quali Roma e Città di Castello e una mentalità che emerge attraverso luoghi e personaggi compresi il cosiddetto “scandalo Burri” che, a distanza di anni, forse può far sorridere ma che bene illustra un mondo. Burri tra l’altro non è stato un uomo allineato – si dice che non votasse alle elezioni – ed è innegabile che abbia subito un certo ostracismo da parte del pensiero dominante.
Francesco Scoppola, direttore generale Mibact, ha evidenziato come il libro presenti almeno tre itinerari di lettura che ciascuno può scegliere, rispettivamente, la linea del romanzo; quello del documento storico; e, infine, quello suggerito dall’autrice di un intreccio tra le due dimensioni. Si tratta in ogni caso di una possibilità agevole che si può seguire con la scelta di seguire uno dei due caratteri grafici con il quale è scritto il libro, grazie ad un sistema senza forzature o cesure. Il testo non ha la pretesa di un saggio critico anche perché molto è stato scritto su questo autore, ma la voglia di restituirci a tutto tondo un uomo e un profilo.
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Roma, martedì 21 aprile 2015, ore 18,00 - Banco Popolare - Palazzo Altieri, Piazza del Gesù
Una scelta dialettica tra il romanzo e il saggio, sul filo di due generi letterari diversi che l’autrice volutamente costeggia e intreccia lasciando al lettore – attraverso un escamotage – la possibilità di percorrere insieme o alternativamente il viaggio su binari diversi. Dal libro emerge l’uomo Burri, prima dell’artista, raccontato con le sue inclinazioni prima che attraverso le sue opere. Dallo sfondo emerge il ritratto di un’epoca, la mentalità e i luoghi, in primis Roma e Città di Castello che gli ha dato i natali.
Nella cornice di Palazzo Altieri, si è tenuta la presentazione del libro le cui pagine scorrono sul confine sottile e difficile da gestire che divide il romando dal saggio: attraverso la vita e la storia di Burri, ma anche l’uomo Burri, i relatori che hanno introdotto il testo leggono una cornice più ampia, quella di un’epoca. Alessandra Oddi Baglioni descrive un affresco che racconta alcuni luoghi dell’arte, centrali per l’artista, quali Roma e Città di Castello e una mentalità che emerge attraverso luoghi e personaggi compresi il cosiddetto “scandalo Burri” che, a distanza di anni, forse può far sorridere ma che bene illustra un mondo. Burri tra l’altro non è stato un uomo allineato – si dice che non votasse alle elezioni – ed è innegabile che abbia subito un certo ostracismo da parte del pensiero dominante.
Francesco Scoppola, direttore generale Mibact, ha evidenziato come il libro presenti almeno tre itinerari di lettura che ciascuno può scegliere, rispettivamente, la linea del romanzo; quello del documento storico; e, infine, quello suggerito dall’autrice di un intreccio tra le due dimensioni. Si tratta in ogni caso di una possibilità agevole che si può seguire con la scelta di seguire uno dei due caratteri grafici con il quale è scritto il libro, grazie ad un sistema senza forzature o cesure. Il testo non ha la pretesa di un saggio critico anche perché molto è stato scritto su questo autore, ma la voglia di restituirci a tutto tondo un uomo e un profilo.
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I Corti Teatrali 2015 - Teatro dell'Angelo (Roma)
Ilaria Guidantoni, 22 Aprile 2015
Il Teatro dell’Angelo torna a dar vita al Festival dei Corti Teatrali che vide la luce nel 1997, partorito dalla mente di Massimiliano Caprara. Organizzato e prodotto per due anni consecutivi presso il Teatro Vittoria torna, a 18 anni di distanza, in un’edizione che vuole riprendere l’assetto originario e adattarlo a successive repliche, considerato che ormai si tratta di un genere teatrale consolidato, come lo stesso Caprara ha evidenziato presentando la serata, apprezzato anche all’estero. Il Festival, in programma da lunedì 20 aprile a domenica 26 con la premiazione del corto vincitore al Teatro dell’Angelo in Prati, cerca di stabilire un dialogo immediato con il pubblico chiamato a votare il miglior spettacolo di ogni serata, scegliendo di dare la preferenza al testo, alla regia o agli attori.
Item fulltext
Il Teatro dell’Angelo presenta
I CORTI TEATRALI
La versione originale del festival che divenne genere teatrale diffuso in tutta Europa
Teatro dell’Angelo (Roma)
20 – 26 aprile 2015
Come nel suo intento originale, il Festival, di nuovo sotto la direzione artistica di Caprara, che da quest’anno si avvale del supporto di Veronica Milaneschi, torna ad avere la peculiare caratteristica di porsi quale strumento focale per l’individuazione di nuovi talenti teatrali, emergenti e su scala nazionale; il suo fine ultimo è quello di mappare lo stato del teatro contemporaneo in Italia, così da stimolare da un lato gli addetti ai lavori, che potranno attingere dalle produzioni dei colleghi nuovi impulsi creativi, e dall’altro il pubblico degli appassionati romani, che avrà la possibilità di fruire di spettacoli provenienti da altre regioni d’Italia. Al centro della ricerca del Festival non solo l’attore e il regista quanto il coinvolgimento del pubblico come prima linea della critica.
Alla fine della sesta giornata di rappresentazioni verranno proclamati i tre corti vincitori delle singole categorie (regia, testo e interpretazioni), che torneranno in scena il giorno successivo (quello finale) per contendersi la palma del corto vincitore e un premio di 2000 euro; la votazione finale sarà costituita ancora una volta per un 50% dalla scelta del pubblico, e per il restante 50 % dal verdetto di una giuria di settore selezionata e costituita da influenti personalità del mondo teatrale quali attori, registi e critici. Il Festival si svolgerà in sette serate e vedrà l’avvicendarsi di quattro spettacoli a sera, di una lunghezza varia ma che non sarà superiore ai 30 minuti.
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Il Teatro dell’Angelo torna a dar vita al Festival dei Corti Teatrali che vide la luce nel 1997, partorito dalla mente di Massimiliano Caprara. Organizzato e prodotto per due anni consecutivi presso il Teatro Vittoria torna, a 18 anni di distanza, in un’edizione che vuole riprendere l’assetto originario e adattarlo a successive repliche, considerato che ormai si tratta di un genere teatrale consolidato, come lo stesso Caprara ha evidenziato presentando la serata, apprezzato anche all’estero. Il Festival, in programma da lunedì 20 aprile a domenica 26 con la premiazione del corto vincitore al Teatro dell’Angelo in Prati, cerca di stabilire un dialogo immediato con il pubblico chiamato a votare il miglior spettacolo di ogni serata, scegliendo di dare la preferenza al testo, alla regia o agli attori.
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Il Teatro dell’Angelo presenta
I CORTI TEATRALI
La versione originale del festival che divenne genere teatrale diffuso in tutta Europa
Teatro dell’Angelo (Roma)
20 – 26 aprile 2015
Come nel suo intento originale, il Festival, di nuovo sotto la direzione artistica di Caprara, che da quest’anno si avvale del supporto di Veronica Milaneschi, torna ad avere la peculiare caratteristica di porsi quale strumento focale per l’individuazione di nuovi talenti teatrali, emergenti e su scala nazionale; il suo fine ultimo è quello di mappare lo stato del teatro contemporaneo in Italia, così da stimolare da un lato gli addetti ai lavori, che potranno attingere dalle produzioni dei colleghi nuovi impulsi creativi, e dall’altro il pubblico degli appassionati romani, che avrà la possibilità di fruire di spettacoli provenienti da altre regioni d’Italia. Al centro della ricerca del Festival non solo l’attore e il regista quanto il coinvolgimento del pubblico come prima linea della critica.
Alla fine della sesta giornata di rappresentazioni verranno proclamati i tre corti vincitori delle singole categorie (regia, testo e interpretazioni), che torneranno in scena il giorno successivo (quello finale) per contendersi la palma del corto vincitore e un premio di 2000 euro; la votazione finale sarà costituita ancora una volta per un 50% dalla scelta del pubblico, e per il restante 50 % dal verdetto di una giuria di settore selezionata e costituita da influenti personalità del mondo teatrale quali attori, registi e critici. Il Festival si svolgerà in sette serate e vedrà l’avvicendarsi di quattro spettacoli a sera, di una lunghezza varia ma che non sarà superiore ai 30 minuti.
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A cento anni dal Genocidio degli Armeni "L'Eclisse": un melologo di Sonya Orfalian a Radiotre-RAI
Ho scritto L’Eclisse avendo in mente e nel cuore la ricorrenza del centenario del genocidio del mio popolo.
E' un testo pensato per una voce sola - quella dell'attrice Maria Paiato - ma che al tempo stesso evoca e sovrappone una moltitudine di voci: sono le voci dimenticate, quelle di chi è dovuto soccombere, e le voci della testimonianza, i sussurri di chi è riuscito a sopravvivere all'orrore senza fine e ha cercato di opporsi al silenzio crudele della Storia.
L'Eclisse ripercorre, assieme alla storia degli Armeni e del loro olocausto, le intermittenze espressive di una tradizione antica e i miti di creazione del cosmo culturale armeno, componendo in un affresco comune la storia e la mitologia, la memoria e il sogno, il linguaggio della fiaba e quello della realtà più cruda.
Le musiche che attraversano il testo - eseguite dall’Anahit Ensemble - sono opera del compositore e musicologo armeno più venerato in patria e nella diaspora, Soghomon Soghomonian, più conosciuto come Komitas. E la storia stessa di Komitas si identifica con il genocidio degli Armeni: era il 24 aprile del 1915 quando il governo dei Giovani Turchi diede ordine di arrestare e in seguito eliminare tutti i circa duecentocinquanta intellettuali e notabili armeni di Istanbul, cancellando in tal modo i referenti civili e religiosi degli armeni della città e dando così il segnale d'avvio dello sterminio di massa. Komitas fu tra questi martiri.
Sonya Orfalian
Ascolta l'audio
E' un testo pensato per una voce sola - quella dell'attrice Maria Paiato - ma che al tempo stesso evoca e sovrappone una moltitudine di voci: sono le voci dimenticate, quelle di chi è dovuto soccombere, e le voci della testimonianza, i sussurri di chi è riuscito a sopravvivere all'orrore senza fine e ha cercato di opporsi al silenzio crudele della Storia.
L'Eclisse ripercorre, assieme alla storia degli Armeni e del loro olocausto, le intermittenze espressive di una tradizione antica e i miti di creazione del cosmo culturale armeno, componendo in un affresco comune la storia e la mitologia, la memoria e il sogno, il linguaggio della fiaba e quello della realtà più cruda.
Le musiche che attraversano il testo - eseguite dall’Anahit Ensemble - sono opera del compositore e musicologo armeno più venerato in patria e nella diaspora, Soghomon Soghomonian, più conosciuto come Komitas. E la storia stessa di Komitas si identifica con il genocidio degli Armeni: era il 24 aprile del 1915 quando il governo dei Giovani Turchi diede ordine di arrestare e in seguito eliminare tutti i circa duecentocinquanta intellettuali e notabili armeni di Istanbul, cancellando in tal modo i referenti civili e religiosi degli armeni della città e dando così il segnale d'avvio dello sterminio di massa. Komitas fu tra questi martiri.
Sonya Orfalian
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giovedì 23 aprile 2015
Incontri sui Tatra - manifesti di turismo e sport 1900-1950 dalla collezione del Museo dei Tatra a Zakopane
Ilaria Guidantoni, 20 Aprile 2015
a cura di Danuta Janusz e Anna Wende-Surmiak
La Polonia delle vacanze primi Novecento a Roma
In occasione di un incontro dedicato agli operatori del turismo e alla stampa di settore per promuovere la Polonia a Roma, all’interno di un incontro Adutei (associazione dei Delegati Ufficiali del Turismo Estero in Italia), la mostra in corso sui Manifesti turistici e legati alle attività sportive della prima metà del Novecento, dalla collezione del Museo dei Tatra a Zakopane. Un’occasione per rileggere attraverso opere originali una comunicazione nella quale la promozione non era ancora diventata pubblicità commerciale e il turismo si raccontava con delle storie e con l’arte.
E’ ancora in corso nella bella cornice di Palazzo Blumenstihl, all’inizio di via Vittoria Colonna, quasi sul Tevere, appena passato il ponte Cavour – nella sede dell’Istituto di Cultura Polacca a Roma – la mostra “Incontri sui Tatra”, manifesti di turismo e sport sulle montagne in Polonia dal museo dei Tatra a Zakopane, città rinomata e molto visitata ai piedi dei Monti Tatra che la circondano, le vette più alte della Polonia. Il museo è intitolato a Tytu Chatubinski, primo divulgatore del patrimonio naturale di quella regione ed è il più antico e grande museo regionale nel sud del paese, nato nel 1889, dotato di sei filiali (Museo dello Stile Zakopane di Villa Koliba intitolato a Stanisław Witkiewicz; Museo dello Stile Zakopane – Ispirazioni; Galleria d'Arte del Novecento di Villa Oksza; Galleria di Władysław Hasior; Galleria d'Arte di Włodzimierz e Jerzy Kulczycki; e Museo di Kornel Makuszyński, nonché da altre quattro filiali sparse sul territorio della regione: il Museo dell'Insurrezione di Chochołów, Podere, dwór di Łopuszna, Cascina, zagroda dei Korkosz a Czarna Góra e Cascina dei Sołtys a Jurgów).
L’edificio in legno e muratura, conserva l’antico impianto e ospita esposizioni permanenti e temporanee che presentano la cultura montanara, cifra importante del paese. Il museo in particolare è strettamente legato al patrimonio culturale e paesaggistico della regione di Podtatrze, letteralmente “al di sotto delle montagne Tatra” ed ha un ruolo centrale per l’attività culturale e formativa che svolge con numerose attività, dal 2009 anche in collaborazione con il Museo Nazionale della Montagna “Duca degli Abruzzi” di Torino.
La stessa mostra fa parte infatti di un accordo tra i due musei che si sono incontrati ai piedi delle rispettive montagne quali elementi identitari del proprio mondo.
Ingenui, artistici, colorati, talora vere e proprie opere d’arte di artisti importanti, i manifesti sono l’incontro del boom turistico in Europa tra il XIX e il XX secolo quando, parimenti, si sviluppò la pubblicità che trovò nel manifesto appunto una delle prime e più importanti forme di espressione. Il primato del turismo montano spettava alla Francia, la Svizzera, la Germania e l’Italia quando le funicolari e gli avvenimenti sportivi cominciarono a destare un forte interesse. Dopo una fase iniziale di mera pubblicità, intorno agli anni Venti del Novecento si dette spazio alle informazioni e fu arricchita la veste grafica. Fu allora che gli autori cominciarono a firmarli e il manifesto divenne una vera opera d’arte e, viceversa, nello stesso tempo l’arte cominciò ad essere contaminata con il marketing. Dalle grandi litografie con la tecnica offset i manifesti divennero più contenuti negli anni Trenta e dopo la Seconda Guerra Mondiale iniziò il collezionismo anche se il mercato polacco non fu così vivace come quello svizzero e italiano ad esempio. Purtroppo tra l’altro la collezione dei primi manifesti nazionali si è ridotta molto e non supera il centinaio di opere. In ogni caso ben conservati e di bella qualità ci permettono di fare un viaggio a ritroso tornando un po’ alle immagini di quando eravamo bambini.
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a cura di Danuta Janusz e Anna Wende-Surmiak
La Polonia delle vacanze primi Novecento a Roma
In occasione di un incontro dedicato agli operatori del turismo e alla stampa di settore per promuovere la Polonia a Roma, all’interno di un incontro Adutei (associazione dei Delegati Ufficiali del Turismo Estero in Italia), la mostra in corso sui Manifesti turistici e legati alle attività sportive della prima metà del Novecento, dalla collezione del Museo dei Tatra a Zakopane. Un’occasione per rileggere attraverso opere originali una comunicazione nella quale la promozione non era ancora diventata pubblicità commerciale e il turismo si raccontava con delle storie e con l’arte.

L’edificio in legno e muratura, conserva l’antico impianto e ospita esposizioni permanenti e temporanee che presentano la cultura montanara, cifra importante del paese. Il museo in particolare è strettamente legato al patrimonio culturale e paesaggistico della regione di Podtatrze, letteralmente “al di sotto delle montagne Tatra” ed ha un ruolo centrale per l’attività culturale e formativa che svolge con numerose attività, dal 2009 anche in collaborazione con il Museo Nazionale della Montagna “Duca degli Abruzzi” di Torino.


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San Vittore 1 Maggio 1 Raggio - Pensando Expositivo
E’ uno “Speciale Padiglione Italia” quello che sarà allestito presso la Casa Circondariale di San Vittore a Milano in occasione dell’apertura di EXPO 2015 il prossimo primo maggio. Si tratta di un’esposizione delle attività produttive legate al cibo e all’ambiente che si realizzano nelle strutture penitenziarie italiane.
Un’occasione importante per dare visibilità all’economia penitenziaria che non solo produce e genera posti di lavoro per i detenuti ma, in raccordo con le Istituzioni, consente di realizzare quell’intervento di inclusione sociale che mira complessivamente all’abbassamento della recidiva in piena coerenza col mandato costituzionale.
In virtù di un protocollo siglato tra EXPO 2015 spa, Magistratura di Sorveglianza Milanese e Amministrazione Penitenziaria e’ già realtà l’impegno lavorativo per cento persone, uomini e donne (detenute o in misura alternativa alla detenzione), che per sei mesi svolgeranno attività di informazione, accompagnamento dei visitatori agli ingressi, biglietterie, snodi di controllo e altro. E la scommessa di Milano e’ dare continuità al lavoro intrapreso grazie ad Expo.
Lo speciale padiglione potrà essere visitato dalle 15,30 alle 18,00, da imprenditori, ristoratori, commercianti, amministratori pubblici e cittadini nell’obiettivo di assaggiare, toccare, concordare strategie commerciali e stabilire contatti utili per proseguire una collaborazione fattiva creare opportunità lavorative.
Sarà la prima occasione per incontrare imprenditori, datori di lavoro, che, sensibili ai temi della responsabilità sociale d’impresa, possano partecipare attivamente a quell’azione rieducativa e inclusiva che dal carcere comincia. Azione che solo in forte raccordo tra le strutture penitenziarie, le imprese sociali e le organizzazioni di settore può trovare un positivo esito: per “dare commesse” alle produzioni del penitenziario, per “dare lavoro” a chi torna in libertà con un bagaglio di formazione e competenze lavorative maturato nel tempo della detenzione.
La richiesta di partecipazione e’ da inviare entro e non oltre il 23 aprile p.v. via mail al seguente indirizzo:
liberascuoladicucina@aei.coop
Nell’oggetto della mail si chiede di indicare:
richiesta di partecipazione EXPOSITIVO San Vittore 1 maggio
Nel testo della mail si chiede di indicare:
Cognome, Nome, Luogo e data di nascita, indirizzo di residenza, estremi documento di identità
Trattandosi di un ingresso a numero limitato, si precisa che la partecipazione sarà confermata via mail e corredata da tutte le informazioni necessarie per accedere all’Istituto.
Tale mail è da considerarsi biglietto di ingresso.
Un’occasione importante per dare visibilità all’economia penitenziaria che non solo produce e genera posti di lavoro per i detenuti ma, in raccordo con le Istituzioni, consente di realizzare quell’intervento di inclusione sociale che mira complessivamente all’abbassamento della recidiva in piena coerenza col mandato costituzionale.
In virtù di un protocollo siglato tra EXPO 2015 spa, Magistratura di Sorveglianza Milanese e Amministrazione Penitenziaria e’ già realtà l’impegno lavorativo per cento persone, uomini e donne (detenute o in misura alternativa alla detenzione), che per sei mesi svolgeranno attività di informazione, accompagnamento dei visitatori agli ingressi, biglietterie, snodi di controllo e altro. E la scommessa di Milano e’ dare continuità al lavoro intrapreso grazie ad Expo.
Lo speciale padiglione potrà essere visitato dalle 15,30 alle 18,00, da imprenditori, ristoratori, commercianti, amministratori pubblici e cittadini nell’obiettivo di assaggiare, toccare, concordare strategie commerciali e stabilire contatti utili per proseguire una collaborazione fattiva creare opportunità lavorative.
Sarà la prima occasione per incontrare imprenditori, datori di lavoro, che, sensibili ai temi della responsabilità sociale d’impresa, possano partecipare attivamente a quell’azione rieducativa e inclusiva che dal carcere comincia. Azione che solo in forte raccordo tra le strutture penitenziarie, le imprese sociali e le organizzazioni di settore può trovare un positivo esito: per “dare commesse” alle produzioni del penitenziario, per “dare lavoro” a chi torna in libertà con un bagaglio di formazione e competenze lavorative maturato nel tempo della detenzione.
La richiesta di partecipazione e’ da inviare entro e non oltre il 23 aprile p.v. via mail al seguente indirizzo:
liberascuoladicucina@aei.coop
Nell’oggetto della mail si chiede di indicare:
richiesta di partecipazione EXPOSITIVO San Vittore 1 maggio
Nel testo della mail si chiede di indicare:
Cognome, Nome, Luogo e data di nascita, indirizzo di residenza, estremi documento di identità
Trattandosi di un ingresso a numero limitato, si precisa che la partecipazione sarà confermata via mail e corredata da tutte le informazioni necessarie per accedere all’Istituto.
Tale mail è da considerarsi biglietto di ingresso.
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