Venerdì, 27 Dicembre 2013 Ilaria Guidantoni
Una versione modernizzata di una delle favole più amate, più classiche e in fondo più semplici mai scritte. E’ amabile questa realizzazione con interpreti capaci, soprattutto nel gestire le marionette, dando loro movimento, ironia, carattere. Un allestimento semplice ma curato, garbato, con un tocco di ilarità. E’ un modo per rileggere insieme e attraverso gli occhi dei bambini come può essere universale il sogno, anche se i tempi mutano e i costumi assumono una nuova forma.
CENERENTOLA
di Charles Perrault
adattamento del testo e regia Stefania Mannacio Colla
marionette realizzate da Cosetta Colla e Margie Barbetta
scene realizzate da Luca Passeri e Alessandro Testa
stagista scenografa Chiara Amaltea Ciarelli
con Sara Drago nel ruolo di Cenerentola e Carlo Decio nel ruolo del Principe
immagini di Antonella Pandini
Natale è il tempo dei bambini ed anche un’occasione, condividendo del tempo con loro più che in altri momenti, di riscoprire il mondo dell’infanzia, di leggerlo attraverso i loro occhi e di rileggerlo. Il teatro per bambini è tutt’altro che banale ed è molto più che un gioco da ragazzi.
Nel centro di Milano dietro la minuscola facciata di una chiesa che non c’è più sorge il teatro Arsenale detto ormai teatro Colla, perché teatro per attori e burattini realizzati dalla compagnia di Gianni e Cosetta Colla. L’interno scarno, completamente nero, avvolge come in una sorpresa.
La recensione integrale su Saltinaria.it
lunedì 30 dicembre 2013
lunedì 23 dicembre 2013
Annarita Chierici: dal laboratorio alla scena con le sue "Beatrici"
Domenica, 22 Dicembre 2013 Ilaria Guidantoni
Per chi non vuole essere attore professionista la parola d’ordine è ‘divertirsi’, che per Annarita Chierici, regista e attrice, guida di laboratori teatrali, significa lasciarsi andare e ‘utilizzare’ il teatro come dimensione giocosa, con tutta la serietà che comporta: ritrovare la parte dell’infanzia in se stessi che, com’è noto, prende molto sul serio il gioco. Il teatro è creatività e disciplina, tecnica e affettività, una sfida con se stessi e condivisione. Il teatro è voce e gesto, è prima di tutto respiro, è tutto il corpo che respira e una compagnia quando funziona, respira insieme, all’unisono. E’ con questo spirito che sono nate “Le Beatrici” secondo Annarita.
Al teatro Antigone una serata unica, una sorta di saggio che però si realizza come un vero e proprio spettacolo tratto da “Le Beatrici”, l’omonimo romanzo di Stefano Benni. Abbiamo incontrato Annarita Chierici, regista teatrale e attrice, che ha guidato questo laboratorio: i partecipanti erano tutti non professionisti, la maggior parte dei quali non si era mai misurata con il teatro, tutte donne tranne un allievo, con età comprese tra i quarantacinque e i cinquantacinque anni. Un lavoro tutto da inventare che Annarita immagina “come un’esperienza che ognuno fa prima di tutto con se stesso, a cominciare dalla scoperta della respirazione, un gesto automatico e ignorato per lo più. Imparare a respirare significa ripensare al nostro corpo come un tutto e non più sezionato in parti separate e funzionali ma non integrate. Il teatro per i miei allievi è nato da una curiosità, dalla voglia di fare qualcosa di diverso, forse di originale. Ne è nato un percorso complesso che ha coinvolto per molti tutta la persona”.
Seguendo questa sorta di cammino quasi iniziatico, ci avviciniamo dopo una preparazione ‘fisica’ e di rilassamento che molto attinge dal mondo dello yoga, ci introduciamo alla vera e propria recitazione che, se guardiamo a molte altre lingue, dal francese, all’inglese e perfino all’arabo, scopriamo che si dice ‘giocare’.
L'intervista integrale su Saltinaria.it
Per chi non vuole essere attore professionista la parola d’ordine è ‘divertirsi’, che per Annarita Chierici, regista e attrice, guida di laboratori teatrali, significa lasciarsi andare e ‘utilizzare’ il teatro come dimensione giocosa, con tutta la serietà che comporta: ritrovare la parte dell’infanzia in se stessi che, com’è noto, prende molto sul serio il gioco. Il teatro è creatività e disciplina, tecnica e affettività, una sfida con se stessi e condivisione. Il teatro è voce e gesto, è prima di tutto respiro, è tutto il corpo che respira e una compagnia quando funziona, respira insieme, all’unisono. E’ con questo spirito che sono nate “Le Beatrici” secondo Annarita.
Al teatro Antigone una serata unica, una sorta di saggio che però si realizza come un vero e proprio spettacolo tratto da “Le Beatrici”, l’omonimo romanzo di Stefano Benni. Abbiamo incontrato Annarita Chierici, regista teatrale e attrice, che ha guidato questo laboratorio: i partecipanti erano tutti non professionisti, la maggior parte dei quali non si era mai misurata con il teatro, tutte donne tranne un allievo, con età comprese tra i quarantacinque e i cinquantacinque anni. Un lavoro tutto da inventare che Annarita immagina “come un’esperienza che ognuno fa prima di tutto con se stesso, a cominciare dalla scoperta della respirazione, un gesto automatico e ignorato per lo più. Imparare a respirare significa ripensare al nostro corpo come un tutto e non più sezionato in parti separate e funzionali ma non integrate. Il teatro per i miei allievi è nato da una curiosità, dalla voglia di fare qualcosa di diverso, forse di originale. Ne è nato un percorso complesso che ha coinvolto per molti tutta la persona”.
Seguendo questa sorta di cammino quasi iniziatico, ci avviciniamo dopo una preparazione ‘fisica’ e di rilassamento che molto attinge dal mondo dello yoga, ci introduciamo alla vera e propria recitazione che, se guardiamo a molte altre lingue, dal francese, all’inglese e perfino all’arabo, scopriamo che si dice ‘giocare’.
L'intervista integrale su Saltinaria.it
Il nuovo allestimento del Museo della Magna Grecia di Reggio Calabria diventa una festa della città
Domenica, 22 Dicembre 2013 Ilaria Guidantoni
I Bronzi di Riace tornano in esposizione a Reggio Calabria e intorno alla loro presenza si costruisce un itinerario: è il nuovo allestimento del museo della Magna Grecia messo a punto da Paolo Desideri e inaugurato sabato 21 dicembre dal Ministro dei Beni Culturali, Massimo Bray. L’idea è di realizzare con questo appuntamento una festa della città che a partire dalle due statue, famigerate, riscopra la propria vocazione mediterranea. Il museo non vuol essere solo un grande contenitore espositivo, ma un percorso divulgativo ed emozionale che accompagni il visitatore e possa servire come un faro per essere un punto di partenza di una rete sul territorio di musei e parchi archeologici. E’ questo il lavoro al quale ha teso il Soprintendente dei Beni Archeologici di Reggio Calabria, Simonetta Bonomi.
Entrando nel nuovo museo della Magna Grecia a Reggio Calabria, dopo l’ingresso, si accede nell’area di accoglienza e book shop, una sorta di corte chiusa con elementi architettonici rigorosi che ben si sposano con la struttura esterna: tutto bianco – a terra una materiale lapideo di fabbrica, e nelle cornici delle finestre un si intravede tocco di rosso. Poi l’effetto meraviglia: dalle due grandi teche si vedono i due Bronzi di Riace, le star del museo e quindi il Kouros, nella teca di sinistra accanto al bronzo A e la testa del filosofo, dall’altra parte accanto al Bronzo B. Un effetto meraviglia che però è come sospeso perché nell’idea dell’allestimento museale si dovrebbe giungere al ‘cuore’ solo dopo la visita del primo piano il cui assetto non è ancora completo. Abbiamo incontrato Simonetta Bonomi, Soprintendente per i Beni Archeologici a Reggio Calabria, che conosce ormai bene la città dove lavora da quattro anni e che ci ha raccontato la filosofia dell’iniziativa. Per ora è visitabile solo il piano terra, aperto con sei mesi d’anticipo rispetto alle previsioni di giugno 2014, quando sarà inaugurato invece il primo piano. Il progetto trova il proprio cuore e richiamo nelle due statue di grande fama, ma l’idea è di non mettere in ombra gli altri reperti. Ad essi infatti si giunge alla fine del percorso che dovrebbe rendere il visitatore più consapevole sui temi storici della Calabria più antica e greca, fino all’avvento dei popoli italici che distrussero la Magna Grecia, mentre una parte residuale è dedicata alla civiltà romana. Questo museo è concepito come la stella di una costellazione di musei, da quello di Sibari, a quello di Locri, o Crotone e dei parchi archeologici.
L'articolo integrale su Saltinaria.it
I Bronzi di Riace tornano in esposizione a Reggio Calabria e intorno alla loro presenza si costruisce un itinerario: è il nuovo allestimento del museo della Magna Grecia messo a punto da Paolo Desideri e inaugurato sabato 21 dicembre dal Ministro dei Beni Culturali, Massimo Bray. L’idea è di realizzare con questo appuntamento una festa della città che a partire dalle due statue, famigerate, riscopra la propria vocazione mediterranea. Il museo non vuol essere solo un grande contenitore espositivo, ma un percorso divulgativo ed emozionale che accompagni il visitatore e possa servire come un faro per essere un punto di partenza di una rete sul territorio di musei e parchi archeologici. E’ questo il lavoro al quale ha teso il Soprintendente dei Beni Archeologici di Reggio Calabria, Simonetta Bonomi.
Entrando nel nuovo museo della Magna Grecia a Reggio Calabria, dopo l’ingresso, si accede nell’area di accoglienza e book shop, una sorta di corte chiusa con elementi architettonici rigorosi che ben si sposano con la struttura esterna: tutto bianco – a terra una materiale lapideo di fabbrica, e nelle cornici delle finestre un si intravede tocco di rosso. Poi l’effetto meraviglia: dalle due grandi teche si vedono i due Bronzi di Riace, le star del museo e quindi il Kouros, nella teca di sinistra accanto al bronzo A e la testa del filosofo, dall’altra parte accanto al Bronzo B. Un effetto meraviglia che però è come sospeso perché nell’idea dell’allestimento museale si dovrebbe giungere al ‘cuore’ solo dopo la visita del primo piano il cui assetto non è ancora completo. Abbiamo incontrato Simonetta Bonomi, Soprintendente per i Beni Archeologici a Reggio Calabria, che conosce ormai bene la città dove lavora da quattro anni e che ci ha raccontato la filosofia dell’iniziativa. Per ora è visitabile solo il piano terra, aperto con sei mesi d’anticipo rispetto alle previsioni di giugno 2014, quando sarà inaugurato invece il primo piano. Il progetto trova il proprio cuore e richiamo nelle due statue di grande fama, ma l’idea è di non mettere in ombra gli altri reperti. Ad essi infatti si giunge alla fine del percorso che dovrebbe rendere il visitatore più consapevole sui temi storici della Calabria più antica e greca, fino all’avvento dei popoli italici che distrussero la Magna Grecia, mentre una parte residuale è dedicata alla civiltà romana. Questo museo è concepito come la stella di una costellazione di musei, da quello di Sibari, a quello di Locri, o Crotone e dei parchi archeologici.
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L'Uomo-Carbone 10/12 gennaio 2014 Teatro Kopò, Roma (metro A/ Numidio Quadrato)
venerdì 20 dicembre 2013
Omaggio a Morricone - Teatro Sistina (Roma)
Giovedì, 19 Dicembre 2013 Ilaria Guidantoni
Uno spettacolo al quale si va ad occhi chiusi in quanto costituito da buona musica ben suonata, accompagnata dalla voce calda di un attore di singolare bravura verso il quale non si può che provare affetto, da bei corpi che muovono la scena in armonia e con voluttà virtuosa, mentre le note e il rimando ai film che sono ormai nel nostro immaginario collettivo non possono deludere. Così è, anche se restano frammenti di un intreccio dove le parti si nutrono una dell’altra; mentre forse si fatica un po’ a trovarne la regia, l’unità. Ci si chiede se e cosa volesse dire. Ma forse vuole solo comunicare emozioni. E allora non resta che lasciarsi cullare.
GIANCARLO GIANNINI VOCE RECITANTE PROTAGONISTA A TEATRO DI UN GRANDE OMAGGIO A ENNIO MORRICONE
da un’idea di Mauro Di Domenico, chitarrista, compositore ed arrangiatore
che dirige l’ Orchestra di Cinecittà
Lunedì 16 dicembre al Teatro Sistina di Roma, Giancarlo Giannini e Mauro Di Domenico sono stati i protagonisti di una serata omaggio al grande compositore Ennio Morricone, il musicista Premio Oscar che ha realizzato colonne sonore memorabili per film che hanno segnato la storia del cinema italiano e mondiale, indissolubilmente legato a Sergio Leone e, come forse non a tutti è così evidente, a Pier Paolo Pasolini.
Con lo spettacolo “Omaggio a Morricone” non ci si chiede più se nel cinema siano le immagini a valorizzare la musica o viceversa: è l’intreccio il cuore pulsante della scena, tra le musiche di Morricone, la lettura lirica di Giancarlo Giannini, distinto signore con la voce calda e profonda, senza quella spocchia di chi ha veleggiato da decenni sulla scena ma con ancora il gusto e il rispetto di incontrare il pubblico; e ancora l’ispirazione di Mauro Di Domenico - chitarra solista e arrangiatore - accompagnato dai solisti dell’Orchestra di Cinecittà e dai danzatori di Oniin Dance Company, compagnia stabile di danza contemporanea del Teatro delle Celebrazioni di Bologna - con le coreografie di Daniela Rapisarda ed Alessandro Vacca - molto preparati tecnicamente che ricordano le coreografie e il lavoro di Moses Pendleton per l’abilità e l’armonia tecnica, la disciplina, la plasticità, ancora più asciutta della scuola Californiana.
La recensione integrale su Saltinaria.it
Uno spettacolo al quale si va ad occhi chiusi in quanto costituito da buona musica ben suonata, accompagnata dalla voce calda di un attore di singolare bravura verso il quale non si può che provare affetto, da bei corpi che muovono la scena in armonia e con voluttà virtuosa, mentre le note e il rimando ai film che sono ormai nel nostro immaginario collettivo non possono deludere. Così è, anche se restano frammenti di un intreccio dove le parti si nutrono una dell’altra; mentre forse si fatica un po’ a trovarne la regia, l’unità. Ci si chiede se e cosa volesse dire. Ma forse vuole solo comunicare emozioni. E allora non resta che lasciarsi cullare.
GIANCARLO GIANNINI VOCE RECITANTE PROTAGONISTA A TEATRO DI UN GRANDE OMAGGIO A ENNIO MORRICONE
da un’idea di Mauro Di Domenico, chitarrista, compositore ed arrangiatore
che dirige l’ Orchestra di Cinecittà
Lunedì 16 dicembre al Teatro Sistina di Roma, Giancarlo Giannini e Mauro Di Domenico sono stati i protagonisti di una serata omaggio al grande compositore Ennio Morricone, il musicista Premio Oscar che ha realizzato colonne sonore memorabili per film che hanno segnato la storia del cinema italiano e mondiale, indissolubilmente legato a Sergio Leone e, come forse non a tutti è così evidente, a Pier Paolo Pasolini.
Con lo spettacolo “Omaggio a Morricone” non ci si chiede più se nel cinema siano le immagini a valorizzare la musica o viceversa: è l’intreccio il cuore pulsante della scena, tra le musiche di Morricone, la lettura lirica di Giancarlo Giannini, distinto signore con la voce calda e profonda, senza quella spocchia di chi ha veleggiato da decenni sulla scena ma con ancora il gusto e il rispetto di incontrare il pubblico; e ancora l’ispirazione di Mauro Di Domenico - chitarra solista e arrangiatore - accompagnato dai solisti dell’Orchestra di Cinecittà e dai danzatori di Oniin Dance Company, compagnia stabile di danza contemporanea del Teatro delle Celebrazioni di Bologna - con le coreografie di Daniela Rapisarda ed Alessandro Vacca - molto preparati tecnicamente che ricordano le coreografie e il lavoro di Moses Pendleton per l’abilità e l’armonia tecnica, la disciplina, la plasticità, ancora più asciutta della scuola Californiana.
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martedì 17 dicembre 2013
"Belle e possibili. L'immagine femminile intorno agli anni Sessanta"
Sabato, 14 Dicembre 2013 Ilaria Guidantoni
Una mostra fotografica per ‘affrescare’ la società degli Anni ’60 del Novecento al femminile, con un tocco glamour, un’eredità neorealista, un ammiccamento alla libertà che non è ancora liberazione, una sensualità delicata e un’eleganza composta: 30 scatti in bianco e nero tutti originali che ci riportano mezzo secolo insieme per raccontare un po’ com’eravamo, un po’ come l’obiettivo – e soprattutto l’occhio maschile – guardava le donne.
Il 2013 per la Fondazione 3M si chiude all’insegna di uno sguardo rivolto al passato e alle donne, forse quest’ultimo rivolto al futuro sul quale anche il Censis scommette per il 2014. L’archivio della rivista “Ferrania” – che dal 1947 al 1967 è stata un importante punto di riferimento per gli appassionati di fotografia – è un tesoretto da cui si possono costantemente ricavare immagini di sorprendente bellezza che sono anche documenti storici ricchi di spunti e di suggestioni. Per questa ragione moltissimi fotografi non professionisti ma dotati di grandi capacità inviavano le loro opere, le migliori delle quali venivano pubblicate e conseguentemente conservate negli archivi della rivista oggi passati a quelli della Fondazione 3M che, acquisendoli, li ha anche ampliamente valorizzati. E’ il caso di “Belle e possibili.
La recensione integrale su Saltinaria.it
Una mostra fotografica per ‘affrescare’ la società degli Anni ’60 del Novecento al femminile, con un tocco glamour, un’eredità neorealista, un ammiccamento alla libertà che non è ancora liberazione, una sensualità delicata e un’eleganza composta: 30 scatti in bianco e nero tutti originali che ci riportano mezzo secolo insieme per raccontare un po’ com’eravamo, un po’ come l’obiettivo – e soprattutto l’occhio maschile – guardava le donne.
Il 2013 per la Fondazione 3M si chiude all’insegna di uno sguardo rivolto al passato e alle donne, forse quest’ultimo rivolto al futuro sul quale anche il Censis scommette per il 2014. L’archivio della rivista “Ferrania” – che dal 1947 al 1967 è stata un importante punto di riferimento per gli appassionati di fotografia – è un tesoretto da cui si possono costantemente ricavare immagini di sorprendente bellezza che sono anche documenti storici ricchi di spunti e di suggestioni. Per questa ragione moltissimi fotografi non professionisti ma dotati di grandi capacità inviavano le loro opere, le migliori delle quali venivano pubblicate e conseguentemente conservate negli archivi della rivista oggi passati a quelli della Fondazione 3M che, acquisendoli, li ha anche ampliamente valorizzati. E’ il caso di “Belle e possibili.
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"Cleopatra" - Chiostro del Bramante, Roma
Domenica, 15 Dicembre 2013 Ilaria Guidantoni
La regina d’Egitto, la strega, la seduttrice di Roma, è stata declinata nei secoli e rappresentata in mille modi: questa volta il suo mondo è stato ricostruito esclusivamente attraverso reperti archeologici. Una mostra sobria, con un taglio storico che ricostruisce il mondo internazionale di allora, spaziando nel tempo, dalla Grecia, all’Egitto, a Roma, alla civiltà alessandrina. Interessante l’idea che la dedica ad un personaggio così famoso non declini l’esposizione ad un percorso celebrativo ma con un taglio scientifico. Allestimento raffinato, fruibile grazie ad una buona illuminazione, collezione ricca senza eccessi.
L’ultima regina d’Egitto – sono state sette solo le Cleopatre – offre l’occasione, come ci racconta il curatore, Giovanni Gentili, per ricostruire la storia dell’Egitto nella declinazione alessandrina e nel suo contatto e scambio con l’Impero romano fino alla sua annessione. I reperti partono da Alessandro Magno, figlio di Filippo II, fino più o meno alla battaglia di Farsalo, in Grecia, del 9 agosto 48 a.C., scontro decisivo tra l’esercito del console Gaio Giulio Cesare – rappresentante della fazione dei populares- e quello di Gneo Pompeo, espressione degli optimates. Fu una netta vittoria di Cesare e il prevalere delle istituzioni repubblicane, almeno allora. Il curatore racconta con evidente soddisfazione il valore della mostra, dato dalla presentazione esclusiva di reperti archeologici, con un percorso di ricostruzione scientifica, piuttosto che di rappresentazione drammaturgica, come è spesso accaduto con il soggetto femminile famoso in arte.
Cominciamo proprio dal busto di Cleopatra, un raro ritratto, con lo sguardo davanti a sé, leggermente e impercettibilmente orientato verso destra. La foggia della capigliatura è al modo arcaicizzante, con i boccoli ben sistemati in modo geometrico, con un buco sulla fronte dove si posava un avvoltoio, simbolo di Iside e delle regine tolemaiche, della fertilità. La testa è stata ritrovata a Roma nell’unico santuario isiaco nella città, sulla via Labicana. Probabilmente siamo intorno al 46-44 a.C. quando Cleopatra era ospite di Giulio Cesare nella sua casa di Trastevere.
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La regina d’Egitto, la strega, la seduttrice di Roma, è stata declinata nei secoli e rappresentata in mille modi: questa volta il suo mondo è stato ricostruito esclusivamente attraverso reperti archeologici. Una mostra sobria, con un taglio storico che ricostruisce il mondo internazionale di allora, spaziando nel tempo, dalla Grecia, all’Egitto, a Roma, alla civiltà alessandrina. Interessante l’idea che la dedica ad un personaggio così famoso non declini l’esposizione ad un percorso celebrativo ma con un taglio scientifico. Allestimento raffinato, fruibile grazie ad una buona illuminazione, collezione ricca senza eccessi.
L’ultima regina d’Egitto – sono state sette solo le Cleopatre – offre l’occasione, come ci racconta il curatore, Giovanni Gentili, per ricostruire la storia dell’Egitto nella declinazione alessandrina e nel suo contatto e scambio con l’Impero romano fino alla sua annessione. I reperti partono da Alessandro Magno, figlio di Filippo II, fino più o meno alla battaglia di Farsalo, in Grecia, del 9 agosto 48 a.C., scontro decisivo tra l’esercito del console Gaio Giulio Cesare – rappresentante della fazione dei populares- e quello di Gneo Pompeo, espressione degli optimates. Fu una netta vittoria di Cesare e il prevalere delle istituzioni repubblicane, almeno allora. Il curatore racconta con evidente soddisfazione il valore della mostra, dato dalla presentazione esclusiva di reperti archeologici, con un percorso di ricostruzione scientifica, piuttosto che di rappresentazione drammaturgica, come è spesso accaduto con il soggetto femminile famoso in arte.
Cominciamo proprio dal busto di Cleopatra, un raro ritratto, con lo sguardo davanti a sé, leggermente e impercettibilmente orientato verso destra. La foggia della capigliatura è al modo arcaicizzante, con i boccoli ben sistemati in modo geometrico, con un buco sulla fronte dove si posava un avvoltoio, simbolo di Iside e delle regine tolemaiche, della fertilità. La testa è stata ritrovata a Roma nell’unico santuario isiaco nella città, sulla via Labicana. Probabilmente siamo intorno al 46-44 a.C. quando Cleopatra era ospite di Giulio Cesare nella sua casa di Trastevere.
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