giovedì 31 gennaio 2013

Il gioco dell'amore e del caso - Teatro Manzoni (Milano)


Mercoledì, 30 Gennaio 2013 Ilaria Guidantoni

Dal 29 gennaio al 17 febbraio. Un’ottima occasione per riconciliarsi con il teatro classico: la regia toglie orpelli e crinoline del teatro settecentesco per restituirne un testo di grande attualità, senza stravolgerlo. Le concessioni al dialetto e qualche asciugatura mutuata dalla contaminazione con Barthes ne distilla l’anima e l’universalità tanto che la storia, con il classico intreccio, la complicità maliziosa dei servi, le pene d’amore, gli scambi dei ruoli e gli equivoci, passa in secondo piano; perdendo importanza rispetto alle sfumature del discorso amoroso che tesse la trama e soprattutto l’ordito dello spettacolo. Lo stesso criterio è nelle scene, pulite senza perdere in suggestione; nei costumi scultura, sontuosi senza addobbi inutili; nelle musiche che vibrano l’emozione. Bravi gli interpreti, tutti, dove perfino qualche eccesso d’enfasi si fa perdonare. Buono il ritmo che trattiene lo spettatore che pur conosce la storia in una soluzione senza intervallo (qualche volta imitare la lezione – che il cinema ci ha insegnato – è buona prassi).


Fondazione Teatro della Pergola presenta

IL GIOCO DELL’AMORE E DEL CASO

di Pierre Carlet de Chamblain de Marivaux

versione e adattamento Giuseppe Manfridi

con (in ordine alfabetico) Paolo Briguglia, Antonia Liskova, Francesco Montanari, Fabrizia Sacchi
e con Emanuele Salce e Sandro Mabellini

scene Giacomo Costa
costumi Gabriella Pescucci
musiche Antonio Di Pofi

light designer Umile Vainieri

regia Piero Maccarinelli


La prima produzione teatrale della nuova Fondazione Teatro della Pergola di Firenze, Il gioco dell’amore e del caso di Pierre Carlet de Chamblain de Marivaux – detto Marivaux - diretto da Piero Maccarinelli, può vantare un cast di protagonisti impegnati in teatro, cinema e tv: Paolo Briguglia, Antonia Liskova (protagonista in tutti i sensi), Francesco Montanari, Fabrizia Sacchi, Emanuele Salce e Sandro Mabellini. Quel testo andato in scena per la prima volta a Parigi il 23 gennaio del 1730 con 15 repliche di successo di fila, capostipite della recitazione ‘all’italiana’ e ‘top’ si direbbe con linguaggio corrente della Comédie française si incontra con la nuova fondazione del più antico teatro all’italiana costruito. Un simbolo di un matrimonio felice, che tra l’altro è l’argomento del contendere della storia, tra due tradizioni teatrali. 

La recensione integrale su Saltinaria.it

martedì 29 gennaio 2013

A Roma l'Artista Roberto Molinelli

DAL 6 AL 23 FEBBRAIO 2013
INTERAZIONI ART GALLERY (piazza Mattei 14 - Roma)
Presenta
DI DEMONI E DEI…
a cura di Stefania Valente
PRIMA PERSONALE NELLA CAPITALE
di
Roberto Molinelli
Inaugurazione MERCOLEDI’ 6 FEBBRAIO, ORE 18.30
Ironico, maniacale, attratto dal mistero, Roberto Molinelli - artista genovese che, da oltre 20 anni, assembla opere con oggetti d’uso quotidiano - si configura come uno degli artisti più originali e dissacranti dell’attuale panorama artistico italiano.
Dal 6 al 23 febbraio 2013, Interazioni Art Gallery di Roma (piazza Mattei 14) ospita la prima personale romana di Roberto Molinelli Di demoni e dei - titolo ispirato all’omonimo film di Bill Condon, del 1998 - che propone una selezione di oggetti-scultura dell’artista genovese, ma romano di adozione, concepite tra il 2009 e il 2012, nell’ambito di una sua più vasta ricerca denominata “Icone”.
La serie, cominciata oltre dieci anni fa, rivisita con spirito dissacrante e ironico l’arte bizantina e sacra attraverso la nobilitazione di oggetti d’uso quotidiano come giocattoli, monete, chiavi, bottoni; qualsiasi oggetto, di scarto e non, se opportunamente organizzato e trattato dall’artista, contribuisce a reinventare, immagini tridimensionali cariche di dettagli e di riferimenti simbolici.
La mostra, curata da Stefania Valente – giornalista storica dell’arte orientata verso ricerche artistiche non convenzionali che esplorano la sfera inconscia – si pone l’obiettivo di far conoscere a un pubblico più vasto questo artista, ancora poco noto - vuoi per il suo carattere schivo e riservato - che furtivamente, eludendo sovente gli “intermediari” del mercato dell’arte, da oltre 20 anni, assembla objet trouvé – a volte anche acquistati di proposito quindi non necessariamente materiali di rifiuto – con uno linguaggio irriverente che fonde l’attitudine ludica dei dadaisti e il nichilismo tipico della cultura Punk.
Un percorso artistico inedito, inaugurato nei primi anni Novanta che prende il via dal “grande schermo”. «L’inizio – dice l’artista - è stato fortemente influenzato dalle mie passioni cinematografiche, il lavoro di registi quali David Cronenberg, Tim Burton e David Lynch è stato spesso fonte di spunti e idee».
Ispirato in tal senso – il suo “mentore” inizialmente fu l’ideatore di Alien, H.R.Giger, pittore e scultore di stampo surrealista - la prima serie di pezzi “Tecnomorfi” appariva come un connubio tra l’archeologia industriale e l’arte primitiva, a questi seguirono i “Paleomorfi” (sorta di bestiario fantastico in cui gli esemplari si presentavano come reperti fossili). Nel 2000 inizia il ciclo “Icone” a cui sta ancora lavorando, al quale si aggiunge una quarta serie, gli “Archeomorfi”, che include sculture che si differenziano per stile e significato dalle altre catalogazioni (maschere, monili, bronzetti equestri). Simili a dei “ready made” – ma non riconducibili in todo a questa categoria - questi ultimi lavori trovano vasto respiro nella loro – classica e scarna - essenzialità, pregni tuttavia del loro compiuto senso estetico in questo esclusivo contesto espositivo, accanto alle icone.
Roberto Molinelli nasce a Genova nel 1961; dopo il Liceo Artistico inizia la sua attività professionale come decoratore-scenografo nel settore del turismo.
Nel 1986 si trasferisce a Roma, dove comincia da subito a collaborare con la ZED S.F.X., società di effetti speciali con la quale realizza installazioni e oggetti per il cinema, la pubblicità e il teatro.
Dal 1989 affianca a questa anche l’attività di attrezzista occupandosi dell’allestimento di numerose fiction, film e programmi TV.
Abbandonati gli effetti speciali, da qualche anno lavora come attrezzista parallelamente all’attività di scultore che svolge nel suo laboratorio romano.
Ha partecipato nel tempo a diverse mostre personali e collettive; l’ultima sua apparizione in un contesto espositivo è avvenuta nel padiglione torinese della Biennale d’arte di Venezia, curata da Sgarbi.

venerdì 25 gennaio 2013

La costruzione dell’hôtel de ville di Noisy-le-Grand vista da Cristiana Thoux


Vernissage Venerdì 25 gennaio ore 19

Mostra  
La costruzione dell’hôtel de ville di Noisy-le-Grand vista da Cristiana Thoux. 
Venerdì 25 gennaio dalle 18 alle 21
Sabato 26 dalle 8.30 alle 18.00 
Domenica 27 dalle 9.30 alle 13.00


Originaire de l’Italie du nord-ouest, dans la petite ville d’Aosta, Cristiana Thoux s’affiche à l’avant-garde de la photographie contemporaine. Elle capture en images les villes qu’elle visite avec son seul iPhone, un outil peu académique pour cette scénographe, diplômée des Beaux-Arts de Florence.
Comme beaucoup de belles histoires, tout commence par accident. Un voyage impromptu à New York, la frustration de ne pas avoir d’appareil photo… ou presque. Cristiana Thoux découvre alors la fonction de prise de vue de son iPhone. Elle développe alors un style très personnel, loin de l’hyperréalisme perfectionniste induit par les appareils à très haute définition et les logiciels de retouche. Saisir le mouvement, en assumer les imperfections, rechercher les effets de lumières : les clichés de Cristiana Thoux sont emplis de couleurs chatoyantes et de moments suspendus, uniques et insolites. Smartphone en poche, la photographe, qui vit en France depuis une quinzaine d’année, a déjà capturé New York et Paris , Marseille, Rome et Londres. Cette fois, c’est à Noisy-le-Grand qu’elle s’est posée, avec un défi particulier : photographier le chantier de l’hôtel de ville.



Lieu
Hotel de Ville
Place de la liberation
Noisy le grand

sabato 19 gennaio 2013

Aquiloni - Teatro Eliseo (Roma)

Venerdì, 18 Gennaio 2013 Ilaria Guidantoni  

Dal 15 gennaio al 3 febbraio. Il gusto della narrazione che diventa teatro naturalmente, con quella leggerezza tale da far apparire lo spettacolo nato spontaneamente da una recita casalinga, come il saggio di fine anno di una volta; eppure sofisticato e arguto, con l’ironia graffiante, che punge sottile, senza mai scadere nel volgare, tipica di Paolo Poli. Ha il gusto dell’antico sberleffo, del fraseggiare popolare, dell’ambiente inconfondibilmente toscano, colto nella sua semplicità, della cultura della quale la sua terra natale è intrisa senza escludere nessuno. Si porta dietro anche il gusto del varietà, per il travestimento e i costumi, la ricchezza delle scene ma in questo spettacolo è di contorno. Vera protagonista è la parola ‘ruminata’ nella sua sacralità anche quando è irriverente.

Produzioni Teatrali Paolo Poli – Associazione Culturale presenta
Paolo Poli in
AQUILONIdue tempi di Paolo Poli
liberamente tratti da Giovanni Pascoli
con Fabrizio Casagrande, Daniele Corsetti, Alberto Gamberini, Giovanni Siniscalco
scene Emanuele Luzzati
costumi Santuzza Calì
musiche Jacqueline Perrotin
coreografie Claudia Lawrence
regia Paolo Poli


"Aquiloni" è un’allegoria del comporre poetico, giocattolo antico preindustriale che affettuosamente ci ricorda Giovanni Pascoli, alla cui poesia si ispira liberamente lo spettacolo rievocando un ambiente, una società e un gusto con il sapore delle ‘buone cose di pessimo gusto’, diremmo parafrasando un altro poeta.
Fino alla metà del Novecento la scuola italiana si nutrì della sua produzione. La critica letteraria a cominciare da Croce privilegiò le rime giovanili, fino a Contini che ne elogiò il plurilinguismo, a Pasolini che ne rilevò la dicotomia psicologica, per arrivare a Baldacci che ne curò la ricca antologia. Da Myricae e dai Poemetti lo spettacolo intende evocare la magia memoriale e la saldezza linguistica nelle figure contadine di un' Italia ancora gergale.

La recensione integrale su Saltinaria.it

giovedì 17 gennaio 2013

Hybrid Spaces - Palazzo Giacomelli, Treviso


All’interno dell’edizione 2012 di F4/un’idea di fotografia, il Festival promosso da Fondazione Fabbri, si è svolto un workshop condotto dal noto fotografo Marco Zanta.

L’autore ha coordinato il lavoro di undici partecipanti provenienti da tutta Italia che hanno svolto una residenza creativa a Casa Fabbri a Pieve di Soligo. Nel corso di quella settimana è stato realizzato un attento lavoro di indagine fotografica sul paesaggio dell’Alta Marca alternando la ricognizione dei luoghi naturali a quella degli insediamenti urbani, sottolineando la commistione tra questi due elementi.

Una selezione dei migliori lavori prodotti in quei giorni verrà esposta nella prestigiosa sede di Palazzo Giacomelli a Treviso nella mostra Hybrid Spaces, curata da Carlo Sala e promossa da Fondazione Francesco Fabbri in collaborazione con Unindustria Treviso.

L’esposizione sarà inaugurata sabato 19 gennaio e rimarrà aperta al pubblico fino al 31 gennaio, con ingresso libero

vernissage: 19 gennaio ore 17.30
Intervengono :
ENNIO BIANCO, vice-presidente Unindustria Treviso
ROBERTO MASIERO, docente ordinario IUAV Venezia
MARCO ZANTA, fotografo

L’evento è promosso da Fondazione Francesco Fabbri con la collaborazione di Unindustria Treviso.

Hybrid Spaces fa parte del festival F4 / un’idea di fotografia evento inserito nel palinsesto regionale RetEventi Cultura Veneto 2012 per la Provincia di Treviso, con il sostegno di Emozioni srl.

Evento segnalato da Saltinaria.it

mercoledì 16 gennaio 2013

The Milky Way: incursioni e sabotaggi nella fantaletteratura al Teatro Tor di Nona di Roma


Martedì, 15 Gennaio 2013 Andrea Cova  

Un’invasione aliena che inizia a cavallo di un ciuco tirato da un vecchio cercatore del deserto. un viaggio nel tempo scandito dai toni affettati della soap. Esperimenti saffici e caroselli spaziali; "The Milky Way" atterra così: il 22 gennaio con un concerto recitato al Teatro Tor di Nona.

THE milky WAY
decollo viaggio e atterraggio
incursioni e sabotaggi nella fanta_letteratura tra passato e presente:
Fredric Brown_Robert Sheckley
Philip K. Dick_Francesco Verso

il 22 gennaio 2013 al teatro tor di nona
ore 21.00 flash conference
a cura di Francesco Verso | sci-fi writer
ore 21.15 concerto recitato
Chiara Condrò | e-reader
di e con Simone De Filippis | toys theremin guitar
Katiuscia Magliarisi | e-reader

Un biglietto di 1a classe per marte, un occhio che osserva le nostre vite e la dittatura tecnologica. Fantascienza? no, è oggi. E i viaggi nel tempo? La formattazione di un amore e gli universi paralleli? Sì, questa è fantascienza. Ma che differenza fa? In entrambi i casi la mente si proietta nel futuro. Dimenticando che si tratta di un futuro che ha già avuto inizio. Tutto dipende dall’universo in cui credi di vivere.

Segnalazione da Saltinaria.it

martedì 15 gennaio 2013

"La vita davanti", da Emile Ajar - Teatro dei conciatori (Roma)


Lunedì, 14 Gennaio 2013 Ilaria Guidantoni



Un monologo che riempie la scena con una vera e propria performance e un’energia tutta interiore come il messaggio che lascia, una domanda: "Si può vivere senza amore?". E’ quello che ci chiede – in un colloquio che diventa un’interrogazione intima con il pubblico, fin troppo coinvolgente - in maniera disarmante Mohamed, detto Momo, musulmano e abbandonato dalla madre prostituta nell'appartamento-orfanatrofio di Madame Rosa, anche lei ex ragazza di vita, ebrea polacca ormai dedita ai figli delle madri che vivono di notte. Lo spettacolo è un’apologia della narrazione perché l’importante nella vita è avere una storia da raccontare – e qualcuno da amare che sappia ascoltare – pur nella storia strampalata di una casa famiglia improvvisata a Belleville. E’ anche il racconto di un insolito gruppo multietnico, involontario, storia di amicizia e solidarietà. Bravo l’interprete, assolutamente credibile. Fin dalle prime battute ho pensato: “assomiglia ai miei amici tunisini, quando parlano italiano”.


LA VITA DAVANTI

da Emile Ajar

di e con Tony Allotta

Un'indagine sull'amore ai tempi della crisi attraverso la strana storia di un'anziana prostituta ebrea scampata ai campi di concentramento di Auschwitz, Madame Rosa, che nella Belleville multietnica degli Anni ‘80 si occupa dei figli delle prostitute in un piccolo appartamento al sesto piano, pieno di cacca, di giocattoli inventati, di mocciosi che rubano per ottenere attenzioni. Una storia tenera pur se un po’ strampalata che il pubblico vive in modo ravvicinato dal racconto di Mohamed, un arabo cresciuto in quelle due stanze che ricorda la sua mamma adottiva, che è molto più di una semplice mamma adottiva. 

La recensione integrale su Saltinaria.it